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Cinema

Checco Zalone: “Io razzista? C’è la psicosi del politicamente corretto”

Checco Zalone (foto ANSA)

ROMA – Checco Zalone nei giorni scorsi è finito nell’occhio del ciclone per colpa della sua canzone sugli immigrati. “Purtroppo non si può dire più nulla – dice l’attore e regista al Corriere della Sera – se riproponessi certe imitazioni di dieci anni fa, tipo quella di Giuliano dei Negramaro, mi arresterebbero. Oggi non potrei scherzare come facevo, che so, su Tiziano Ferro, o sugli uominisessuali. L’unica cosa atroce qui è la psicosi del politicamente corretto. C’è sempre qualche comunità, o qualche gruppo di interesse, che si offende”.

C’è chi ha definito Zalone razzista: “Escludo che qualcuno possa essere così stupido da pensarlo davvero. Non sono razzista neanche verso i salentini, che per noi baresi sono i veri terroni. E neppure con i foggiani, anche se molti di loro si sono risentiti per una canzone che ho cantato da Fiorello. E chiedo scusa pure ai calabresi: nel nuovo film c’è una battuta terribile su Vibo Valentia”.

Aldo Cazzullo incalza l’attore, il 1 gennaio al cinema col suo film “Tolo-tolo“, sulla politica: “Sono del 1977. Ho votato per la prima volta nel 1996: Berlusconi secco. Perse. Per un po’ mi sono astenuto. L’ultima volta ho votato Renzi. E ha perso pure lui”. “Le Sardine? Non le ho ancora capite. Non mi esprimo – dice Zalone -. Certo, questo leader con il cerchietto tra i capelli…”. E su Salvini afferma: “Non ho capito neppure lui. So solo che è un grande comunicatore. E un grande paraculo. Ora vedo che sta tentando di diventare un po’ democristiano…”.

Sul nuovo film:: «Cosa significa Tolo-tolo? Solo solo. È la storia di un italiano scappato in Africa, inseguito dai debiti. Nel Paese scoppia una guerra civile. E lui tenta di rientrare in patria, unico bianco tra i profughi. Incontra una donna. E un bambino: Dudù. “Ti chiami come il cane di Berlusconi!” gli urla. Cambierà qualcosa dopo il mio film? Non cambierà nulla, né ho questa ambizione. Però è stato un’esperienza straordinaria. Abbiamo girato in Kenya, in Marocco, a Malta, dove abbiamo ricreato i campi di detenzione libici. Venti settimane di lavoro durissimo. Ieri era il Data-Day”.

FIlippo Limoncelli

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FIlippo Limoncelli
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