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“J. Edgar”: Clint Eastwood mette in scena le ombre di Hoover

di Alessandro Avico |2 Gennaio 2012 13:22

Clint Eastwood (Foto LaPresse)

LOS ANGELES – Quarantotto anni di azioni legali e non, otto presidenti: la rivoluzione investigativa, la consolidazione del Bureau, la deportazione dei comunisti, la cattura di John Dillinger e George Kelly, le indagini lecite sui rapitori di Baby Lindbergh e quelle illecite sulle Pantere Nere o sul Movimento per i Diritti Civili di Martin Luther King. Nominato capo dell’Fbi dal Presidente Calvin Coolidge, J. Edgar Hoover è un giovane uomo ambizioso nell’America proibizionista. Figlio di un padre debole e di una madre autoritaria, Edgar è ossessionato dalla sicurezza del Paese e dai criminali che la minacciano a suon di bombe e volantini. Avviata una lotta senza esclusione di colpi contro bolscevichi, radicali, gangster e delinquenti di ogni risma, il direttore federale attraversa la storia americana costruendosi una reputazione irreprensibile e inattaccabile. A farne le spese sono i suoi nemici, reali o supposti, tutti ugualmente ricattabili dai dossier confidenziali raccolti, archiviati e custoditi da Helen Gandy, fedele segretaria che rifiutò il suo corteggiamento e ne sposò la causa.

Nel suo “J.Edgar” Clint Eastwood ribadisce l’imperfezione del mondo ogni volta che può. Ad essere perfetto è invece il suo sguardo sul mondo. Con un cast all star, da Leonardo DiCaprio ad Armie Hammer, da Naomi Watts a Judi Dench, il film mette subito una grossa ipoteca sui futuri Academy Awards. Il film uscirà in Italia il prossimo 4 gennaio.

Sceneggiata dal premio Oscar Dustin Lance Black (Milk) la biopic di J. Edgar Hoover, primo e controverso direttore dell’Fbi, era stata inizialmente intitolata semplicemente “Hoover”. Ma chi era davvero Hoover? ”Una persona molto complessa e la cui omosessualità era solo una delle sue tante sfaccettature, il minore dei suoi problemi” ha detto lo stesso Eastwood (81 anni) in una recente intervista parlando di questo personaggio morto nel 1972 e direttore dell’Fbi per circa 40 anni. Un uomo comunque che ha fatto molto parlare di se anche dopo la sua morte. Fu allora fortemente criticato per aver costruito dossier segreti su uomini politici e personaggi divenuti poi un mito come lo stesso Martin Luther King.

Tra le voci su di lui anche la sua presunta omosessualità e il fatto che Tolson (nel film interpretato da Armie Hammer), direttore associato dell’Fbi, fosse il suo storico amante. Essendo cresciuto negli anni Trenta e Quaranta, ha spiegato ancora il regista americano due volte premio Oscar, ”sono un po’ vissuto nella mitologia di Hoover che si rifletteva anche nella cultura popolare, quando il capo dell’Fbi compariva sulle copertine dei fumetti armato di pistola”. Un impeccabile e puntuale Leonardo DiCaprio interpreterà questa figura che ha visto, non solo passare durante la sua lunga carriera otto diversi presidenti Usa, ma è stata anche artefice di innovativi addestramenti per gli agenti di polizia, dell’archivio delle impronte digitali e, infine, della nascita dell’indagine scientifica.

Un uomo, Hoover, che a metà anni Venti catturò John Dillinger, ovvero il ”nemico pubblico numero uno”, e che durante quel buio periodo che fu il maccartismo fondò il Counter Intelligence Program che metteva sotto stretto controllo tutte la attività considerate sovversive per la conservatrice America. Ovvero, le Pantere Nere, Partito Comunista, il Partito dei Lavoratori Socialisti, il Ku Klux Klan e il Movimento degli Indiani d’America. Nel trailer del film, il giovane Hoover alle prese con l’ingombrante madre (Judi Dench) che lo vuole fin da piccolo votato al potere; immagini di manifestazioni di protesta contro la guerra in Vietnam e anche un momento di intimita’ (si prendono la mano nel buio di un auto) tra Hoover e il suo collega Tolson.

 

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