X

Agrigento, fratellini morti sotto il fango. Padre disperato: Li tenevo per mano

di Alessandro Avico |28 Settembre 2014 14:18

Foto Ansa

AGRIGENTO – “Pperchè non sono riuscito a liberarli'”. E’ la condizione disperata di Rosario Mulone, il carabiniere di 46 anni che sabato ha perso i due figli nella esplosione dei vulcanelli nella riserva di Maccalube, ad Aragona (Agrigento).

Erano andati alle Maccalube per festeggiare il compleanno del piccolo Carmelo che aveva chiesto al padre il desiderio di vedere da vicino la riserva delle Maccalube. Poi il dramma, l’esplosione di un vulcanello, una colata di fango e argilla li ha travolti. Il padre si è salvato ma i due figli di 7 e 9 anni sono morti, sotto il fango.

A riferire la circostanza è il cappellano militare dei Carabinieri della Legione Sicilia, don Salvatore Falzone. “Stanotte non hanno dormito – aggiunge il religioso – abbiamo cercato di dare loro conforto e i carabinieri hanno istituito un presidio permanente davanti all’ingresso della loro stanza. Entrambi si chiedono ripetutamente il perchè di questa tragedia e Rosario continua a dire: li avevo per mano”.

La Procura di Agrigento intanto ha deciso di restituire le salme di Laura e di Carmelo, di 7 e 9 anni, alla famiglia rinunciando ad effettuare l’autopsia. Lo ha deciso il sostituto procuratore della Repubblica Carlo Cinque che sta coordinando l’inchiesta sull’incidente di sabato.

Quello delle esplosioni dei vulcanelli è un fenomeno naturale, dovuto all’accumulo sotterraneo di metano, che alle Maccalube avviene di frequente. Viene chiamato “ribaltamento” e di recente si è verificato nel 2008, nel 2010 e nell’aprile 2014. Ma è in genere preceduto da segnali che consentono ai gestori della riserva di chiudere al pubblico le zone in cui possono avvenire incidenti, come le crepe nel terreno che si formano molti giorni prima delle esplosioni.

Questa volta il fenomeno è accaduto all’improvviso, senza segnali premonitori – spiega Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia e direttore della riserva – perché in genere le zone in cui si formano crepe vengono chiuse al pubblico”. Ma spiega il gestore della riserva che ad agosto, alcuni segnali lo spinsero a interdire l’area per 15 giorni. “Ad agosto abbiamo registrato delle lesioni e abbiamo deciso di sospendere gli ingressi mettendo dei cartelli, anche se – spiega Mimmo Fontana – non possiamo impedire l’accesso perché parliamo di una riserva pubblica: noi facciamo da guida a chi lo richiede, ma non possiamo impedire gli accessi, una media di 10 mila persone l’anno.

 

 

Scelti per te