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Camorra. Giuseppe Setola non collabora più: “Dissi bugie per uscire di galera”

di Warsamé Dini Casali |17 Novembre 2014 14:10

Camorra. Giuseppe Setola non collabora più: “Dissi bugie per uscire di galera”

ROMA – Camorra. Giuseppe Setola non collabora più: “Dissi bugie per uscire di galera”. Ennesimo show di Giuseppe Setola nel tribunale di Santa Maria Capua Vetere dove il killer dei Casalesi, capo dell’ala stragista dei Casalesi, reo confesso di 46 omicidi e condannato a molti ergastoli di recente disponibile a fornire il proprio apporto alla giustizia, ha ritirato l’offerta, per poi candidamente confermare quello che molti inquirenti sospettavano da tempo: aveva deciso di collaborare, anche dicendo bugie, con l’obiettivo di uscire dal carcere (“mi pento, me l’ha ordinato Giovanni Paolo I”).

Al termine dell’udienza del processo, rinviato al 19 novembre, il pm della DDA, Antonio D’Alessio, riferendosi alle sue dichiarazioni, ha detto che, quanto accaduto “richiede una seria riflessione dei nostri uffici”. La prima battuta ad effetto è stata pronunciata dal killer durante l’udienza del processo sul duplice Pecchia-Orabona.

“Non collaboro più con la giustizia”, ha detto in video conferenza da una località che doveva rimanere segreta ma che poi lui stesso ha provveduto a rendere nota: il carcere di Rebibbia. Poche ore dopo, durante un’altra udienza, quella del processo per l’uccisione di Noviello, del quale si è accusato, una nuova affermazione al fulmicotone: “Non voglio essere esaminato, voglio solo dire che ho detto un sacco di bugie per uscire prima dal carcere”.

Una conferma per molti dei magistrati che con lui hanno avuto rapporti. E’ un tira e molla che va avanti da parecchio tempo quello tra Setola e la Procura di Napoli: lui,, ha confermato di avere avuto sempre un unico obiettivo: uscire dal carcere. E per questo, se ne deduce, ha tentato, in più riprese, di avviare una collaborazione che gli avrebbe consentito di godere di alcuni benefici.

Ma gli inquirenti non ci sono cascati. Già da tempo avevano valutato il suo comportamento processuale e anche quello tenuto al momento della prima richiesta di collaborazione. A un certo punto, nell’aula, si era diffusa pure la notizia, poi rivelatasi falsa, che il gesto di Setola fosse legato al diniego riguardo il programma di protezione per la famiglia.

La storia del killer dei Casalesi parla chiaro: è costellata da comportamenti che ne hanno definito la natura criminale nei minimi particolari. In più occasioni ha minacciato i sostituti procuratori della DDA nel corso delle udienze; sebbene dichiarasse di essere affetto da patologie visive ha rifiutato di sottoporsi a esami specifici in carcere per poi ammettere, sempre candidamente di vederci benissimo. Non bisogna dimenticare che la fuga da una clinica di Pavia nell’aprile del 2008 fu propiziata proprio dai suoi presunti problemi di vista e da un certificato medico falsificato.

In più occasioni ha minacciato il pm Cesare Sirignano: toni spavaldi lo scorso 5 febbraio durante un’udienza del processo per l’estorsione agli imprenditori Passarelli: “dottore Sirignano, ma voi volete farmi sterminare la famiglia”. Più gravi quelle proferite il 19 marzo, per la festa del papà: “Oggi è la festa del papà: auguri dottore Sirignano”. Lo stesso giorno, l’auto blindata con il magistrato e la scorta a bordo, fu inseguita da una misteriosa autovettura mentre era in viaggio verso la capitale.

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