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Cocò Campolongo bruciato a 3 anni dalla mafia perché “nonno voleva pentirsi”

di Daniela Lauria |18 Febbraio 2015 17:20

Cocò Campolongo

COSENZA – Giuseppe Iannicelli, il nonno del piccolo Cocò Campolongo ucciso e bruciato a gennaio 2014 insieme a lui e alla compagna marocchina di lui Betty Taoussa, voleva pentirsi. A raccontarlo agli inquirenti sarebbe stato il fratello dell’uomo, Battista Iannicelli, interrogato nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta cosca degli zingari di Cassano Ionio (Cosenza), unico clan di etnia rom della ‘ndrangheta che gestisce lo spaccio di droga nella zona.

A riprova di ciò Battista avrebbe indicato agli investigatori una lettera del fratello alla moglie nella quale avrebbe manifestato l’intenzione di ravvedersi. Ma della lettera, secondo quanto riportato dalla Gazzetta del Sud, non è stata trovata traccia.

Giuseppe Iannicelli era stato condannato in quanto ritenuto a capo di un gruppo di spacciatori operanti nella Sibaritide. Il triplice delitto aveva fatto pensare a un esecuzione mafiosa, presumibilmente per soldi. I tre, nonno compagna e bimbo, sparirono il 16 gennaio 2014 e furono ritrovati cadaveri una decina di giorni dopo grazie alla segnalazione di un cacciatore. I corpi trucidati erano stati bruciati e sul cofano dell’auto in cui furono ritrovati era stata lanciata una moneta da 50 centesimi, per simboleggiare appunto il tradimento dell’uomo.

 

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