La difesa del principale imputato del processo sul disastro del Giglio vuole davvero che siano prelevati campioni di acciaio dallo scafo del relitto proprio per esaminare se i cantieri navali usarono materiali adatti ad un transatlantico di quelle dimensioni. Nel mirino anche l’acciaio delle paratie stagne, che non tennero alla massa d’acqua entrata dallo squarcio su un fianco.
Nella giornata di mercoledì il gup Pietro Molino dovrà esprimersi anche su questo punto tra le varie richieste della difesa. Dirà sì o no alla nuova perizia, dopodichè l’udienza preliminare potrà continuare. Intanto fino a quel momento Schettino può sperare di “deviare” su Costa e le sue navi parte delle responsabilità. Davvero l’acciaio della Concordia potrebbe non aver contribuito a limitare i danni dopo l’urto, non avrebbe resistito come previsto? Schettino tiene vivo il dubbio.
Peraltro la difesa del comandante, guidata dall’avvocato Domenico Pepe, ha spiegato di aver formulato questa richiesta, tra le altre, perchè l’incidente probatorio di ottobre scorso – fatto svolgere dal gip – si limitò a valutare la corretta realizzazione della nave esaminando solo le certificazioni rilasciate dalle autorità di controllo, ma senza, invece, svolgere prove empiriche sul relitto. E poi risulta peraltro che a convincere i legali di Schettino ad approfondire la questione sulle modalità e i materiali di costruzione della Costa Concordia, ci sono state anche alcune intercettazioni telefoniche tra dirigenti della Costa in cui si sente parlare proprio dei controlli di Rina e Fincantieri.