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Enti inutili: ancora più di mille gli istituti che non servono ma costano

di Maria Elena Perrero |16 Aprile 2010 11:13

Ci sono L’Istituto agronomico per l’oltremare e l’Ente italiano della montagna, l’Istituto opere laiche palatine (fondato con regio decreto nel 1936) e l’Istituto di beneficenza Vittorio Emanuele III (che risale al 1907), l’Opera nazionale dei figli degli aviatori e l’Unione italiana tiro a segno, l’Ente per le ville vesuviane e il Centro mondiale della poesia e della cultura – Giacomo Leopardi: sono solo alcuni dei 1.020 enti inutili ancora in vita, nonostante i proclami di tagli emanati dal ministero della Semplificazione.

Come evidenzia l’inchiesta fatta da Carmelo Lopapa per Repubblica, il dicastero guidato da Roberto Calderoli di poltrone inutili ne ha cancellate finora solo 480. Meno di un terzo.

L’operazione di pulizia era stata avviata nel 2001 e poi messa a punto con la Finanziaria del governo Prodi del 2007, in ultimo intensificata col decreto Calderoli. Ma a tutt’oggi, ancora un miliardo di euro l’anno viene impegnato per il mantenimento di strutture pletoriche, comunque collegiali, destinati alla gestione di enti e istituti che in molti casi potrebbero essere cancellati o ridotti al minimo degli organici.

Professori, generali, burocrati e sottobosco politico, professionisti al servizio degli assessorati, ex consiglieri comunali e provinciali, deputati e senatori che hanno perso da poco o lungo tempo il terno al lotto della rielezione e finiti presto sulla giostra degli incarichi pubblici. Tutti rigorosamente gestiti da un ministero.

Fanno capo proprio a parecchi dicasteri, infatti, le 35 tra agenzie, accademie, istituti consorzi, centri e opere e unioni e leghe e istituti che in ultimo il 31 ottobre 2009 il governo Berlusconi ha “salvato”, approvandone i regolamenti di riordino. Strutture, cioè, la cui sopravvivenza è stata ritenuta necessaria.

“L’operazione finora ha comportato l’eliminazione di 480 componenti, una razionalizzazione degli organi stessi e una contrazione della spesa strutturale delle amministrazioni vigilanti, ha spiegato il 3 febbraio scorso il ministro Calderoli rispondendo in aula a un’interrogazione dell’Italia dei valori, con un risparmio complessivo e certo che nel 2009 è stato di 415 milioni di euro”.

Tuttavia, è stato costretto ad ammettere il responsabile della Semplificazione, “il percorso iniziato con il nostro decreto nel 2008 non ha consentito di raggiungere i risultati sperati in termini di riduzione del numero a causa delle discutibili, ma, purtroppo, insindacabili resistenze delle amministrazioni vigilanti che hanno l’onere di dichiarare l’utilità di un ente”.

“La verità – scrivono i deputati Idv Porcino, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Favia e Cambursano in un’interrogazione di poche settimane fa – è che la scadenza del 31 marzo 2009 per i tagli è stata via via prorogata al 31 ottobre 2009 e gli obiettivi di risparmio non sono stati realmente conseguiti, molti enti inutili sono stati dichiarati utili dai medesimi componenti del governo. La riduzione della rappresentanza locale, con l’annunciato taglio di cinquantamila poltrone è stata rinviata al 2011”. La dieta per giunte e consigli comunali e provinciali in realtà è partita per il 2010, ma solo per quelle che sono andate al rinnovo col voto amministrativo di quest’anno. Annunciando il suo programma alle Camere il 10 luglio 2008, il ministro Calderoli era più che ottimista. “Colleghi, Tolstoj sosteneva che non può esservi grandezza senza semplicità, credo che la semplificazione sia un obbligo”. Un obbligo che però dev’essere ancora adempiuto.

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