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Le manovre e l’inchino “per farsi pubblicità”. La scatola nera è rotta?

di luiss_vcontursi |22 Gennaio 2012 10:16

ROMA – La Costa Crociere era stata informata dal comandante Francesco Schettino di tutte le sue decisioni la notte del tragico 13 gennaio e, anzi, pianificava l’avvicinamento alle coste (dal Giglio a Capri) per farsi “pubblicità”. Non solo: c’è il rischio che la verità sul disastro della Costa Concordia non venga mai a galla perché, secondo Schettino, la scatola nera della nave potrebbe essere rotta, e quindi inutilizzabile. Queste sono solo alcune delle novità sul naufragio della Concordia emerse dai verbali dell’interrogatorio di garanzia del comandante Schettino.

Schettino ammette: “Ho ritardato i soccorsi, non sapevo se affondavamo”. Schettino davanti ai giudici è stato costretto a riconoscere di aver ritardato l’allarme, un errore che ha avuto conseguenze tragiche provocando la morte di numerosi passeggeri e membri dell’equipaggio. E così ha provato a giustificarsi: “Prima di dare l’emergenza dobbiamo essere sicuri, perché non voglio rimanere con i passeggeri in acqua, né creare panico che la gente mi muore per nulla. Poi… Il sistema di registro dei dati era rotto”.

Schettino prova a spiegare perché ha dato l’allarme solo un’ora dopo dell’impatto con lo scoglio al Giglio: “Le operazioni sono avvenute dopo che io ho avuto le informazioni che la nave non avesse più ossequiato la caratteristica nautica che è la galleggiabilità. Perché non è che io posso avere un blackout e dico andiamocene tutti. Dove li mando questi qua? Un comandante deve stabilire i tempi. Perché se c’è un comandante che mette tutti i passeggeri in mare e la nave poi rimane a galla che facciamo?”. Gli contestano come in realtà i suoi sottufficiali lo avessero informato che “i sei generatori erano allagati”. Lui spiega di aver chiesto “di vedere sul piano di ordinate quanto è questo benedetto squarcio”, ma evidentemente neanche questo è stato sufficiente per ordinare l’evacuazione. “Ho dato l’allarme di emergenza quando ero convinto di non dovere più tornare indietro e che lo dovevo dare per forza. Perché questa è la verità”.

In quel momento alcuni passeggeri avevano già indossato i giubbotti salvagente, “l’ufficiale in seconda mi aveva detto che alcuni stavano già andando sulle lance”. Schettino continuava a minimizzare la portata di quanto stava accadendo con la Capitaneria di porto, che nel frattempo era stata allertata dai carabinieri contattati da alcuni clienti che erano a bordo. La difesa di Schettino prosegue: “Io ho detto abbiamo un blackout, ma ho anche avvisato che avevamo avuto un contatto col fondo”. Il pubblico ministero lo smentisce. Lui prova a insistere: “Nel momento in cui ho il blackout la nave non è più governabile, la cosa va da sé. Il fatto del discorso del contatto col fondo io l’ho detto! Non so, se non risulta per favore ditemelo!”. Non risulta e alla fine è costretto ad ammettere di non aver neanche avvisato la Capitaneria “perché nel momento in cui succede qualcosa e una persona sta lavorando…”.

Avvicinamenti “per pubblicità”. Durante l’interrogatorio Schettino ha smentito la Costa Crociere che va dicendo da giorni di aver autorizzato”una sola volta” un inchino sotto costa. Nel lontano 2010, a Procida. Bene. Schettino invece racconta: “Gli inchini li facciamo in tutto il mondo. Anche quando facciamo la penisola Sorrentina, Capri”. Tanto, che “gli annunci vengono stampati la mattina a bordo delle navi”. Il gip vuole essere certo di ciò che ha capito: “Quindi, lei non è la prima volta che accostava al Giglio?”. “Noo. L’ho fatto in passato anche con la “Costa Europa” e altre navi”. “In questo tratto di mare?”. “In questo tratto di mare, sì. Non ricordo quante volte, ma sì, lo avevo fatto”.

Non solo. Chiede il gip: “La manovra del Giglio era stata pianificata alla partenza?”. Schettino: “Sì, era stata pianificata, anche perché avremmo già dovuto farla la settimana prima, ma non fu possibile perché era cattivo tempo”. Dunque? “Ci fu insistenza… Dissero: ‘Perché facciamo navigazione turistica, ci facciamo vedere, facciamo pubblicità e salutiamo l’isola”. Io risposi: “Ok””.

Il magistrato vuole sapere la distanza, il comandante non si sottrae: “Allora le dico: io per esempio la navigazione turistica quando la svolgevo a Sorrento, dalle mie parti, ci andavo proprio vicino, sui 400-500 metri; rallentavo e andavo a fare la navigazione turistica. Adesso io volevo fare solamente un passaggio consapevole del fatto che il Giglio, come infatti poi ho avuto modo di vederlo anche praticamente che ci sta il fondale fino a sotto, ho detto: “Vado giù e mi porto su parallelo e me ne vado”. Era pianificata a 0,5 (mezzo miglio) poi l’abbiamo portata a 0,28″. Schettino afferma che il “saluto” era dedicato al maître e all’ex comandante Mario Palombo. Sostiene che fu proprio lui a “dirmi di passare fino a 10 metri dalla costa”.

Dice il pm: “Palombo ci ha detto che la sua, quella notte, non era una “navigazione turistica” (il nome “neutro” usato dalle compagnie per indicare l’inchino, ndr), perché priva di senso. A gennaio, con il Giglio semi-deserto, anche da un punto di vista delle luminarie… Palombo ha aggiunto che le altre accostate, quelle regolarmente pianificate dalla compagnia, erano state fatte ad agosto in occasione delle feste patronali”. Costa dunque, “inchinava” regolarmente in agosto e Procida 2010 non era stata un’eccezione. Schettino conferma: “Si, sì. Ma infatti, gli “inchini” al Giglio li faceva il comandante Garbarino”.

“La sfida via mail con Garbarino”. Schettino racconta che quella degli inchini era prima di tutto una sfida tra comandanti e che quella dell’inchino fatale era proprio arrivata da Gambarino. Dice il comandante della Concordia: “Garbarino faceva gli inchini lì e io gli promisi – gli ho mandato anche una email – che, alla successiva estate, l’avrei fatto”.

“Costa sa e concorda”. Schettino ricorda anche che in quell’ora e 15 minuti di ritardo nell’evacuazione della nave la Costa sapeva e concordava con lui ogni decisione. Chiede il pm Navarro: “Quante volte ha sentito quella notte Roberto Ferrarini (marine operator di Costa)?”. “Ci siamo sentiti più volte. Non ricordo quante”. Il comandante, però, ricorda che subito dopo l’impatto, lo avvertì della gravità di ciò che era successo (“Ho fatto un guaio“) e di ciò che aveva intenzione di fare (portare la nave ingovernabile alla deriva verso la scogliera). Ottenendo questa risposta: “Ferrarini mi disse: “Sì, fai così” (…) E quando la nave si fermò, mi richiamò, dicendomi: “A questo punto, penso che più di questo… Non affonderemo più””.

I rimorchiatori. A quanto spiega Schettino, il problema di questi 90 minuti di conciliaboli con l’armatore, mentre la nave cola a picco è il “sad and sorry”, l’espressione gergale per indicare il “falso allarme” per eccesso di prudenza. “Non puoi far evacuare sulle scialuppe e poi, se la nave non affonda, dire “è uno scherzo” – spiega il comandante ai pm – Non voglio creare panico, che poi la gente mi muore per nulla”. Ci sarebbero in verità anche i 10 mila euro a passeggero che la compagnia paga se costretta a evacuare (40 milioni di euro, quella notte). È un fatto che Ferrarini, mentre la Concordia affonda, si mette a discutere con Schettino sull’opportunità a o meno di “contattare una compagnia di rimorchiatori” e, a quanto dice il comandante, non è affatto vero che lui dissimuli la gravità della situazione. Il comandante ricorda bene quella discussione: “Dissi a Ferrarini: chiamate la capitaneria di Livorno per i rimorchiatori! E loro mi hanno dato un numero di telefono. Nel frattempo si sovrapponevano gli eventi. Ho capito che il problema non era più un contratto di trasporto con una compagnia che viene a trainare in secca. Ma era una situazione che si stava esponenzialmente indirizzando verso il disastro. E ho detto a Ferrarini: “Chiamate gli elicotteri””.

Il giallo della scatola nera. Costa è così presente quella notte, che Ferrarini ricorda a Schettino, prima di abbandonare la nave, di compiere un ultimo, cruciale, dovere: “Mi disse di spingere il bottone del Voice data recorder (la scatola nera), per scaricare i dati di navigazione delle ultime 12 ore e renderli così consultabili e io dissi al mio secondo Roberto Bosio di farlo”. Purtroppo, però, c’è l’ennesimo problema: “Io voglio essere onesto con voi, fino in fondo. A bordo avevamo il problema che da 15 giorni si era rotto il back-up del sistema Vdr e avevamo fatto richiesta all’ispettore di aggiustarlo. Ma non era successo. Bosio, infatti, una volta a terra, mi disse: “Comandante, io ho spinto quel pulsante, ma il sistema era tutto spento”. Dunque? La “scatola nera” che sarà presto aperta sarà un oggetto “vuoto”? Schettino, almeno su questo punto rassicura: “Sulla parte più alta della nave c’è il voyage data recorder, che comunque registra a prescindere”. I dati di viaggio, certamente. Ma le voci in plancia? Staremo a vedere. Ieri, i subacquei dei carabinieri, con la cassaforte del comandante, hanno recuperato l’hard disk della prima sezione della scatola nera e la memo-centralina delle videocamere a circuito chiuso trovati nella parte mediana della plancia della nave. Manca ancora, proprio il “Voyage data recorder”, quello che sicuramente funzionava.

 

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