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La banda della Uno Bianca, nuovi testimoni e atti inediti conducono alla pista di eversione e servizi segreti

di Enrico Pirondini |6 Gennaio 2024 13:10

La banda della Uno Bianca di nuovo sotto inchiesta: nuovi testimoni e atti inediti conducono alla pista della eversione e dei servizi segreti

La banda della “Uno Bianca”, la formazione criminale che per sette anni seminò morte e terrore fra Emilia Romagna e Marche, torna sotto i riflettori.

Nuovi testimoni e atti inediti hanno portato la Procura di Bologna ad aprire una nuova inchiesta. C’è una nuova pista da accertare.

Ed è clamorosa ed inquietante,  solo sfiorata in passato. Una pista che conduce a nuovi scenari che implicano l’eversione e il ruolo dei servizi segreti. Un fascicolo (aperto nel 2021) ed un dettagliato esposto dei familiari delle vittime – un dossier di 250 pagine che documenta depistaggi, omissioni, carenze nelle indagini – obbligano a fare nuovi accertamenti.

Per carità, molti reati sono già prescritti e gli autori dei crimini sono in carcere con l’ergastolo. Tuttavia ci sono ancora zone d’ombra che reclamano risposte. Sospetti che la banda avesse in qualche misura dei collegamenti con la strategia della tensione che per 25 anni ha sconquassato l’Italia.

ERA SOLO UN GRUPPO DI CRIMINALI?
La domanda si trascina da trent’anni.  La procura cerca delle risposte. Le avrà? I familiari delle vittime lo sperano. Confidano in una svolta anche se l’archiviazione è pressoché certa. In ogni caso una inchiesta approfondita potrebbe portare all’accertamento di aspetti mai chiariti.

Fra gli atti recentemente vagliati c’è anche un viaggio di Roberto Salvini in  Africa (Kinshasa) dove il capo della banda avrebbe incontrato diversi esponenti dei servizi segreti latitanti.

SETTE ANNI DI TERRORE, 103 CRIMINI, 24 MORTI
La cosiddetta banda della Uno Bianca ( la macchina usata in quasi tutte le azioni criminali, sopratutto rapine a mano armata ) è stata attiva tra il 1987 e il 1994.

Un bilancio criminale compiuto tra Emilia Romagna e Marche: 24 persone uccise, altre 114 ferite. Tutti i membri erano poliziotti ( tranne Alberto Savi). Oltre ai 3 fratelli Savi c’erano Marino Occhipinti, Pietro Gugliotta, Luca Vallicelli.

Roberto Savi, detto il Monaco, capo della banda era un assistente capo alla Questura di Bologna quando è stato arrestato nel 1994. Da giovane aveva militato nell’estrema destra.

Fabio Savi, detto il Lungo, era il cofondatore della banda. Con Roberto ha partecipato a tutte le azioni della banda.

Alberto Savi, soprannominato Luca, era un poliziotto come Roberto; al momento dell’arresto era in servizio presso il Commissariato di Rimini.

I fratelli Savi sono attualmente detenuti nel carcere di Bollate. I fratelli e Occhipinti sono stati condannati all’ergastolo, Gugliotta a 28 anni poi diminuiti a 18; Gugliotta, 34 anni, catanese di origine, viveva con la moglie e due figlie a Vignola ( Modena). Anche lui poliziotto, si era arruolato nel 1982 e aveva lavorato sulle volanti assieme a Roberto Savi.

NOME CONIATO DALLA STAMPA
Il nome della banda fu coniato dalla stampa nel 1991 visto che, in molte delle loro azioni, utilizzavano una Fiat Uno di colore bianco, autovettura piuttosto facile da rubare e alquanto diffusa in quel periodo storico in Italia.

La storia della banda è stata raccontata in libri, documentari e una docu-fiction con la regia di Fabio Sabbioni. Persino una miniserie televisiva, protagonista Kim Rossi Stuart.

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