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Marco Accetti vs Chi l’ha visto?: “Commissione di inchiesta”. Nuovo tormentone?

di Marco Benedetto |24 Giugno 2013 21:26

Marco Fassoni Accetti: l’innocenza perduta della prima comunione

Marco Fassoni Accetti, il supertestimone del caso di Emanuela Orlandi,  scopritore del flauto traverso simile a quello suonato da Emanuela Orlandi quando scomparve, 30 anni fa, poi declassato da Chi l’ha visto? che in un primo tempo lo aveva lanciato, ha mandato a Blitzquotidiano un articolo, intitolato: “Per una urgente commissione d’inchiesta”.

La commissione dovrebbe riguardare la complicata vicenda anch’essa di 30 anni fa, che vide Marco Fassoni Accetti condannato per omicidio colposo per avere investito con un furgone un adolescente provocandone la morte. La vicenda del ragazzino Garramòn è stata ampiamente trattata anche da Chi l’ha visto?.

Ora che il caso di Emanuela Orlandi ha avuto un raffreddamento dopo le parole del procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo (Emanuela Orlandi è morta, resta da stabilire come e chi l’ha uccisa) che hanno tolto molto spazio alla creatività dei colpi di scena, il mistero della pineta di Ostia potrebbe esserne un buon sostituto.

Pubblichiamo integralmente l’articolo di Marco Fassoni Accetti, avendolo solo alleggerito di alcune espressioni non consone.

Sono sempre in attesa, da tempo, dell’avvocato della famiglia Garramòn, di poter sapere quando delibereranno di ascoltare anche la controparte, oltre l’ascoltare [gli operatori] dell’intrattenimento televisivo, che non vivono solo “un quarto d’ora di fama” ma ore e ore settimanali di apparizioni […] ed arido “protagonismo”.

Tra l’altro i giornalisti pretenderebbero di condurre indagini giudiziarie, ma privi delle conoscenze basiche proprie di professionisti quali criminologi, psicologi ed esperti di materia forense. Dovrebbero circoscriversi a riferire delle altrui investigazioni e non […] “investigare” in proprio. Così si alimenta il pericoloso qualunquismo, la sfiducia negli organi preposti dello Stato, la “telecrazia”, la facile sottocultura di destra.

Ma non credo sia nei loro interessi che le indagini riaprano, o si formi una commissione d’inchiesta, in quanto un ulteriore mia assoluzione comporterebbe la conclusione delle infinite puntate con annesse entrate commerciali dagli sponsor dei cellulari, delle automobili e delle merendine.

Assolutamente bramo e desidero il confronto democratico di diritto, di garanzia, per “distruggere”, “fare a pezzi”, con documenti alla mano le argomentazioni, i paralogismi che oltraggiano un cittadino assolto in Cassazione, e pretendono che questi sia a loro giudizio arbitrario nuovamente un assassino. Qualunque commissione d’inchiesta mi vedrebbe assolto e il “servizio pubblico” tacitato per sempre, come già accaduto spesso in pregresse sentenze di Tribunali della Repubblica Italiana, che si sono espressi in cause per diffamazione che li riguardavano.

Domando quindi che si formi urgentemente e seriamente una commissione inquirente, che analizzi il fatto dell’epoca alla luce dei nuovi elementi da me apportati.

Necessariamente devo e voglio esprimermi attraverso i media per il fatto che è proprio attraverso i media che sono stato gravemente diffamato con l’occultamento di documenti legali.

Il lasso di tempo di ben trent’anni intercorsi dai fatti del ’83 alla mia presentazione presso la Procura non depongono in favore dell’ipotesi che io possa soffrire del suddetto disturbo. Come anche l’accusa che io eserciti una “mania di protagonismo” confligge con il fatto che, pur vivendo in un sistema mediatico che offre innumerevoli occasioni di apparire, io non sono mai “apparso” se non in alcuni fatti del lontano 1999, nonostante abbia avuto negli anni innumerevoli inviti a comparire in varie trasmissioni della Rai e di Mediaset. E tutto questo è documentato.

Per il mio nuovo medio metraggio titolato “Cinegiornale N°3” vorrei inserire quanto ho colto in internet. Avevo precedentemente dichiarato presso l’emittente “Roma Uno” che insieme a me collaborò, nel 1983, una semplice fiancheggiatrice della Staatssicherheit (Stasi). Non vi erano altre connessioni con servizi d’informazione di alcun paese. E ritrovo a riassunto di questa mia dichiarazione, nel sito “Affaritaliani”, che io avrei raccontato che la ragazza non era una fiancheggiatrice ma “una bionda 007 dell’est, agente della Stasi, di nome Ulrike, la quale rapì la Orlandi”.

L’aspetto grave è che vari siti hanno ripreso tale articolo con commenti derisori, dimostrando l’acriticità e la distrazione perpetrata e perpetuata, da quanti in questi siti dichiarano di cercare la verità. Questo è il combinato disposto tra certi giornalisti e certi spettatori che accompagna la vicenda e che voglio rappresentare nel mio medio metraggio ad emblema di una più che degenerazione socialmente collettiva ed individuale.

Inoltre vorrei far presente che la Staatssicherheit (Stasi) era un organo ufficiale dello Stato della Germania Democratica (DDR) presso il quale un qualunque cittadino poteva presentarsi e chiedere di collaborare informalmente. Non sarebbe stato “iscritto” come stabile agente, né tanto meno stipendiato, ma certamente avrebbe potuto collaborare anche presso stati esteri (previo un opportuno necessario controllo sui suoi trascorsi e reali motivazioni). Per quanto mi riguarda, i miei referenti erano addentro alla “materia” dello Stato della Città del Vaticano, per cui si era facilitati ad ottenere entrature presso un qualunque servizio avesse avuto interesse ad ottenere tali informazioni. Ma comunque così non fu.

 

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