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Martina Levato, “ragazza dell’acido” in casa per madri detenute

di Lorenzo Briotti |12 Agosto 2015 1:21

MILANO, 11 AGO – Martina Levato, la “ragazza dell’acido”, dopo il parto del suo bambino, che potrebbe accadere già a Ferragosto, andrà all’Icam di Milano, la struttura per detenute madri con figli piccoli. Non ai domiciliari, perché i giudici del Tribunale del Riesame le hanno diagnosticato una “spiccata propensione a delinquere che si pone ben al di là della mera condizione di recidiva e induce a ritenere prevalente, rispetto allo stato di gravidanza, la contrapposta esigenza di tutelare la collettività del concreto pericolo di reiterazione” del reato.

“Reiterazione” di quelle aggressioni che hanno deturpato il viso del suo ex Pietro Barbini (per il quale la studentessa della Bocconi è già stata condannata a 14 anni con il suo amante Alexander Boettcher) e quella, per cui è in corso il processo, ai danni del fotografo Giuliano Carparelli (forse uno scambio di persona) e la tentata evirazione di un altro giovane da parte di Martina Levato. Il pm Marcello Musso, risoluto fino alla durezza nell’opporsi ai domiciliari, ha invece teso una mano alla soluzione dell’Icam e due Tribunali del Riesame e un gip gli hanno dato ragione (nell’ultimo caso il giudice ha ritenuto “integralmente da condividersi” le sue argomentazioni). A carico della Levato, per i giudici, permangono “esigenze cautelari di eccezionali rilevanza” e le aggressioni non sono state “frutto di determinazione estemporanea, ma di una lucida scelta criminale” in cui la ragazza ha dimostrato una “programmazione tanto accurata quanto professionale”.

“Poco rilevante” se, quando fu aggredito Barbini, il 28 dicembre del 2014, Martina Levato fosse a conoscenza di essere incinta, dal momento che, proprio secondo la ragazza, fu lo stretto legame con Boettcher “l’origine di quell’esigenza di ‘purificazione'” da rapporti con altri uomini “il principale movente” che la spingeva. Dopo la nascita del suo bambino, quindi, Martina andrà all’Icam di via Melloni. Potrebbe rimanerci per tre anni, se il Tribunale dei minori non dovesse decidere per l’adozione presso una famiglia. Ipotesi che vede pronti a intervenire di comune accordo i nonni della ‘coppia diabolica’. “Faremo tutto il possibile perchè sia affidato a loro – spiega Valeria Barbanti, legale della madre di Boettcher, Patrizia Ravasi -. Perchè riteniamo che quello che più conta è il bene del bambino e i nonni vogliono e sono assolutamente in grado di accudirlo”.

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