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Omicidio-suicidio di Segrate: movente economico dietro la tragedia

di Maria Elena Perrero |4 Aprile 2014 9:56

La villetta di Domenico Magrì (Foto Ansa)

SEGRATE (MILANO) – Duplice omicidio-suicidio a Segrate, in provincia di Milano, e a Cerro di Bottanuco (Bergamo): il movente non era la gelosia, ma di tipo economico. Secondo le ultime notizie diffuse dall’agenzia Ansa e dal quotidiano L’Eco di Bergamo, infatti, Domenico Magrì, 78 anni, avrebbe ucciso il socio Carmelo Orifici, 69 anni, in un cantiere di Segrate perché questi si opponeva alla vendita delle quote di Magrì. Dopo averlo ammazzato con un colpo alla nuca, Magrì è andato a casa, una villetta a Cerro di Bottanuco, e ha ucciso con un colpo alla fronte la moglie, Maria Artale, 82 anni e dopo un ictus costretta sulla sedia a rotelle. Poi, con quella stessa pistola, si è suicidato.

Riferisce l’agenzia Ansa:

“(Magrì) dopo decenni di lavoro aveva deciso di vendere le proprie quote della società, ma la difficoltà di trovare un accordo economico con Orifici lo ha esasperato al punto da ammazzarlo con un colpo alla nuca. L’omicidio della moglie malata, Maria Artale, e il suo successivo suicidio nella loro casa in provincia di Bergamo, sarebbero il tragico epilogo scelto per chiudere la storia. La donna, di 82 anni e da tempo costretta sulla sedia a rotelle a causa di una malattia, è stata uccisa con un colpo alla fronte. Con la stessa pistola detenuta regolarmente (una Ruger 7.65), Magrì si è sparato alla testa”.

Questa la ricostruzione dell’incontro fatta dall’Ansa:

“Nei giorni scorsi Magrì ha fissato un appuntamento col socio davanti al cantiere di Segrate, in via Monviso. Gli ha detto che avrebbero dovuto parlare di affari, ma forse Orifici non si fidava, tant’è vero che stamattina ha chiesto a suo figlio Antonino, di 39 anni, di accompagnarlo all’incontro. Se Antonino è ancora vivo, forse, è grazie a un ritardo di dieci minuti. In questo arco di tempo, infatti, i due soci hanno raggiunto il cantiere prima di lui e Magrì ha sparato alla nuca di Orifici, che era arrivato sul posto con un furgoncino. Il 39enne ha incrociato l’assassino mentre tornava indietro a bordo della sua Nissan Qashqai e una volta al cantiere ha trovato il corpo senza vita del papà”.

E’ stato proprio Antonino Orefici ad avvertire i carabinieri:     

“Ai carabinieri ha fornito il numero di targa dell’auto, il modello, perfino l’indirizzo di casa del sospetto. Ma prima che che i militari della compagnia di San Donato arrivassero all’abitazione in via Padre Kolbe 10, Magrì ha fatto in tempo a rientrare in casa, chiedere alla badante della consorte di andare a fare una commissione, e scaricare gli altri due proiettili che restavano per completare il suo piano. I corpi sono stati trovati poco dopo dalla domestica, che subito dopo ha ricevuto la visita dei carabinieri”.

I quattro figli dei Magrì (Agata, Adalgisa, Alessandra e Aldo) sostengono che non ci fossero problemi economici. Stessa tesi ribadita anche dall’avvocato della famiglia, Benedetto Maria Bonomo:

“Non solo non vi era alcuna difficoltà economica nella sua azienda, ma nemmeno, in alcun modo, vi erano stati segnali di squilibrio. Sicuramente le particolari difficoltà della moglie rendevano la giornata del Signor Magrì più impegnativa ma la costante presenza dei figli e della badante gli attenuavano tale fatica. La famiglia è conosciuta nel paese per la laboriosità e per la riservatezza, appare pertanto ancor più assurdo e doloroso quanto successo”.

 

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