“Lui era chino su quel libro di prima elementare e non riusciva a leggere. Io insistevo e lui non leggeva. Così mi sono saltati i nervi. Ma giuro che non era mai successo prima e non è più successo neanche dopo…”, si è giustificato al Messaggero Bennati, piccolo imprenditore toscano che ha dovuto dichiarare il fallimento della sua Hydro Speed, azienda di termoidraulica di Marciano della Chiana.
Quegli schiaffi arrivano nel dicembre 2009. A portarli alle orecchie dei carabinieri fu un altro figlio di Bennato, avuto da un precedente matrimonio e in pessimi rapporti con lui, racconta Cirillo.
All’inizio l’accusa era di “maltrattamenti in famiglia”, con una pena fino a cinque anni di carcere. E’ stata poi derubricata ad “abuso di mezzi di correzione” e Bennati condannato ad un mese di detenzione.
Una pena relativamente lieve. Scrive Cirillo:
Soddisfatte, ma senza trionfalismi, le due avvocatesse che hanno assistito la madre del bambino, Roberta Casini e Monica Tucci. Ci tengono a dirlo: «La donna si è costituita parte civile solo per conto del figlio e non ci sarà nessuna richiesta di risarcimento per altri danni oltre ai 1.500 euro decisi dal Tribunale». Dal racconto delle due legali si capisce bene che proprio la madre del bambino deve aver indirizzato i giudici verso una condanna mite: «Ha insistito sul fatto che si trattasse di un singolo episodio, che in casa non ce n’erano stati altri. E che comunque l’uomo viveva una condizione di stress per i problemi economici della sua azienda».
Adesso Bennati e il bambino, che ormai ha 10 anni, non si vedono quasi più.