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Silvia Romano, lo zio: “Non sembra più lei, le hanno fatto il lavaggio del cervello”

di redazione Blitz |12 Maggio 2020 14:03

Silvia Romano (nella foto Ansa), lo zio: "Non sembra più lei, le hanno fatto il lavaggio del cervello"

 MILANO  –  “Non sembra più lei, le hanno fatto il lavaggio del cervello”: secondo quanto scrive La Stampa, a dirlo sarebbe stato lo zio di Silvia Romano, Alberto Fumagalli. 

“Non sappiamo bene neanche cosa abbia passato Silvia in questi mesi. Lei, una persona candida, pulita, pura. Non sembra più lei, le hanno fatto il lavaggio del cervello”, avrebbe detto il fratello della madre della giovane cooperante milanese, rapita in Kenya il 20 novembre del 2018 e liberata quattro giorni fa in Somalia. 

Quel che è certo è che il suo arrivo ha scatenato non solo la gioia di chi l’ha attesa per tutto questo tempo, ma anche l’odio e la misoginia di tanti che, vedendola scendere dall’aero a Ciampino avvolta in una tunica e venendo a sapere della sua conversione hanno vomitato il peggio di se stessi, sui social e non solo, tanto che per quegli insulti e quelle minacce il responsabile dell’antiterrorismo milanese, Albero Nobili, ha aperto una indagine contro ignoti per minacce aggravate.

Su La Stampa Monica Serra parla di una Silvia che non viene più riconosciuta da chi la conosce bene, che dice che “tutto non va bene per niente”, che non sembra più lei, che “è stata strumentalizzata anche politicamente”.

Intanto Silvia sarà seguita da un team di psicologi che l’aiuteranno a provare a tornare a una vita normale. O quanto meno ad una vita non più sotto sequestro.  

Lo psichiatra su Silvia Romano: “Escludo la sindrome di Stoccolma”

Secondo Massimo Di Giannantonio presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), Silvia Romano è una ragazza che ha vissuto un “terremoto psichico e ambientale”, qualcosa che l’ha sradicata completamente delle sue radici, delle quali ora ha bisogno più che mai.

Ma dietro al suo trauma non si ravvisa la sindrome di Stoccolma, quella che da subito era stata associata al suo caso.

La sua storia, per l’esperto, ha “forti analogie con quella delle due Simone” , Simona Parri e Simona Torretta, sequestrate nel 2004 in Iraq all’età di 29 anni.

“Le sue decisioni, come quella di aderire ad esempio all’Islam, non possono essere definite ingiustificate a seconda delle prospettive diverse con cui si vedono: o le si deve riconoscere la libertà, l’indipendenza, l’autonomia cognitiva e quella psichica per maturare le sue scelte di vita adulta, o la si considera affetta da quella che viene definita comunemente la sindrome di Stoccolma, e allora devono essere lette in questa chiave. In nessuno dei due casi la si può accusare di essere diventata vittima di condizioni ambientali e socioeconomiche drammatiche, contrarie alla sua volontà di partenza”.

Proprio sulla sindrome di Stoccolma si è discusso in questi giorni per il caso, e l’esperto puntualizza tra l’altro che “le basi scientifiche per la dimostrazione incontrovertibile della presenza della sindrome di Stoccolma come categoria psicopatologica a se stante, non esistono”.

“La controprova che non sia una sindrome scientificamente univoca è che non ve ne è traccia nel manuale statistico-diagnostico delle patologie psichiatriche che è il Dsm-5. Si può tuttavia pensare, in generale, che una persona ha crisi di angoscia e panico, o ha subito traumi durante la sua storia evolutiva, subito abusi o violenze infantili, e si trova in una situazione altamente stressante, fortemente preoccupante, privato dell’autonomia, della libertà, della capacità di autodecisione può sviluppare in condizioni di stress, cattività, prigionia delle condizioni di regressione, infantilizzazione , o anche dipendenza che può portare a sviluppare quella che nell’opinione pubblica si configura come sindrome di Stoccolma. Ma in non presenza di un quadro simile non vi è la certezza che si sviluppi tutto questo”. (Fonti: Ansa, La Stampa)

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