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Totò Riina, il retroscena: “Quando fu arrestato venne fatto sedere davanti alla foto di Dalla Chiesa”

di Maria Elena Perrero |17 Novembre 2017 14:33

Totò Riina, il retroscena: "Quando fu arrestato venne fatto sedere davanti alla foto di Dalla Chiesa" (Foto Ansa)

Totò Riina, il retroscena: “Quando fu arrestato venne fatto sedere davanti alla foto di Dalla Chiesa” (Foto Ansa)

ROMA – Quando Totò Riina fu arrestato, il 15 gennaio del 1993, i carabinieri si presero una piccola rivincita e, una volta in caserma, fecero sedere il boss di Cosa Nostra, capo dei capi e mandante delle stragi peggiori del dopoguerra italiano, su una vecchia sedia di legno davanti alla foto del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che Riina aveva fatto uccidere insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro, e ad un agente della scorte, Domenico Russo. A raccontarlo è uno degli ex membri della ‘Crimor’, la squadra contro il crimine organizzato messa in piedi dal colonnello Sergio De Caprio, il capitano Ultimo.

Quel giorno, racconta il carabiniere, lui non era a Palermo. Ma conosce molti retroscena di quella cattura. A partire dalle parole pronunciate da Ultimo quando incrociò gli occhi del capo della mafia, appena bloccato in auto. “Riina – disse – lei è catturato per mano dei carabinieri”.

Una cattura che, prosegue il militare, fu possibile proprio grazie alle intuizioni di Di Caprio e alla disponibilità dei suoi uomini. Perché, racconta, “la Crimor è nel cuore, non è mai morta. E quello era un gruppo di combattenti”. “Ultimo è stato il precursore di tutte le indagini tecniche delle forze di polizia – sottolinea – E quella che facemmo allora è un’indagine da libro di storia, con De Caprio che ebbe la capacità di combattere contro un mostro sacro come era la mafia italiana”.

Un’indagine che “avrebbe potuto fare solo lui” e che fu portata a termine non solo con le intercettazioni. “Gli strumenti che avevamo all’epoca, grazie a Ultimo, erano all’avanguardia. Ma l’indagine sul terreno era fondamentale. Noi eravamo gli operai, i soldati straccioni incaricati dei pedinamenti e degli appostamenti. Ai nostri umili maestri – conclude – dobbiamo quel dispositivo dinamico che da allora in poi ha caratterizzato e caratterizza tutte le indagini sul terreno”.

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