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Vibo Valentia, il maresciallo e il parroco “complici” della ‘ndrangheta?

di Daniela Lauria |12 Dicembre 2012 12:40

Vibo Valentia, il maresciallo e il parroco “complici” della ‘ndrangheta?

SANT’ONOFRIO (VIBO VALENTIA) – Il maresciallo dei carabinieri Sebastiano Cannizzaro si “confessava” con don Salvatore Santaguida che a sua volta riferiva tutto alla famiglia dei Patania, tra i protagonisti di una cruenta faida contro la cosca dei Bonavota, che da mesi insanguina le strade di Vibo Valentia. Per entrambi l’ipotesi accusatoria è di associazione per delinquere di stampo mafioso. Un uomo di chiesa e uno in divisa al servizio della ‘ndrangheta che da quelle parti si riunisce sotto un solo cognome, quello dei Mancuso, in nome del quale una miriade di famiglie mafiose si contendono il territorio da mesi ormai. In particolare la famiglia dei Patania sarebbe legata a quella dei Mancuso di Limbadi, contrapposta alla “Società di Piscopio” di Vibo Valentia, considerata emergente, e alla cosca Petrolo-Bartolotta di Stefanaconi. Martedì mattina i carabinieri del Comando di Vibo Valentia hanno bussato alla porta del parroco di Stefanaconi e a quella del maresciallo di Sant’Onofrio con un mandato di perquisizione disposto dal procuratore agigunto della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli e dal pm Simona Rossi.

Le indagini nei loro confronti sono scaturite dalla testimonianza di tre collaboratori di giustizia. E’ così che gli inquirenti sono arrivati a disporre intercettazioni telefoniche ed ambientali dalle quali sarebbe emerso il coinvolgimento dei due nelle attività della cosca. Secondo l’ipotesi investigativa, il sacerdote avrebbe appreso informazioni dal maresciallo dei carabinieri e successivamente le avrebbe riferite agli esponenti della cosca della ‘ndrangheta dei Patania.

Il collaboratore di giustizia Daniele Bono ha raccontato anche di aver contattato il sacerdote per chiedergli di spostare una telecamera di videosorveglianza in modo da lasciare scoperto il luogo in cui doveva avvenire l’agguato contro Francesco Calafati. Il sacerdote, secondo quanto hanno riferito dagli inquirenti, si rifiutò di spostare la telecamera, ma decise di non denunciare l’episodio alle forze dell’ordine. Nei confronti del parroco sono state anche raccolte una serie di intercettazioni ambientali effettuate nel carcere di Vibo Valentia nei confronti degli armieri della cosca Patania. E proprio da quelle conversazioni sarebbe emerso che gli affiliati alla cosca Patania facevano riferimento a don Santaguida come al “prete che ci aiuta”.

Al maresciallo Cannizzaro, sospeso dal servizio dallo scorso maggio, i magistrati della Dda contestano invece di aver omesso di trascrivere numerose intercettazioni ambientali e telefoniche utili alle indagini sulla faida  tra la cosca Patania di Stefanaconi. Il maresciallo Cannizzaro, secondo quanto accertato dai carabinieri, avrebbe riferito al prete notizie riservate riguardanti le indagini sulle famiglie coinvolte nella faida. E soprattutto informò don Salvatore della presenza della cimice nell’auto di Giuseppe Patania, uno dei figli di Fortunato, il boss, ucciso nel corso della faida. Il sottufficiale avrebbe anche omesso di trasmettere alcuni accertamenti tecnici attraverso i quali era emerso il coinvolgimento della cosca Mancuso di Limbadi nella guerra tra le cosche della ‘ndrangheta vibonese.

Unanimi il capo della Dda di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e il procuratore aggiunto, Giuseppe Borrelli, quando affermano che tutti gli ”ambiti della nostra società sono infiltrati dalla ‘ndrangheta. Quando ci siamo accorti che c’erano delle cose che non andavano bene siamo intervenuti tempestivamente”.

In serata, dopo un incontro tra il Vescovo di Mileto, mons. Luigi Renzo, e don Santaguida, la Curia ha reso noto che al sacerdote è stato concesso un ”congruo periodo di riposo lontano dalla Parrocchia, affidata provvisoriamente alla cura della Curia diocesana”.

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