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Coronavirus, allarme Oms: “Elevato rischio a livello globale”. 44mila contagi a Wuhan, picco a fine aprile

di Redazione Blitz |27 Gennaio 2020 21:09

Coronavirus, allarme Oms: "Elevato rischio a livello globale". 44mila contagi a Wuhan, picco a fine aprile (foto ANSA)

Coronavirus, allarme Oms: “Elevato rischio a livello globale”. 44mila contagi a Wuhan, picco a fine aprile (foto ANSA)

ROMA – La guerra al nuovo coronavirus, che vede salire il bilancio delle vittime a 81 morti e quello dei contagi a 2.744 casi confermati, deve correggere la rotta, sia globalmente che a Wuhan: l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha ammesso che, nei precedenti suoi rapporti, c’è stato un “errore di formulazione” e elevato da “moderato” a “alto” il livello di rischio su scala mondiale. “C’è stato un errore di formulazione nei rapporti sulla situazione dei giorni 23, 24 e 25 gennaio e lo abbiamo corretto”, ha spiegato un portavoce dell’istituzione che ha sede a Ginevra, qualche ora dopo che il sindaco della città epicentro dell’epidemia, si era detto pronto alle dimissioni per aver consentito a cinque milioni di residenti di lasciarla prima dell’istituzione del cordone sanitario a causa dell’effetto combinato delle festività del capodanno lunare e dell’epidemia.

Le autorità sanitarie di Pechino, dove sono 80 i casi confermati e otto quelli odierni, confermano il primo decesso nella capitale, un cinquantenne che si era recato a Wuhan – la città da cui si è diffusa l’epidemia – l’8 gennaio scorso, e che ha sviluppato la febbre dopo il ritorno nella capitale il 15 gennaio scorso. L’uomo si è recato in ospedale il 21 gennaio scorso e gli è stata diagnosticata la polmonite da coronavirus il giorno successivo: la morte è avvenuta oggi per insufficienza respiratoria.

Proprio quanto accade durante l’incubazione rende piu’ difficile il lavoro dei medici: il virus potrebbe tessere trasmesso anche durante questa fase. La modalità piu’ probabile di diffusione, ha detto oggi Feng Luzhao, ricercatore del Chinese Disease Prevention and Control Center, è attraverso il contatto con piccole goccioline. “La gente”, ha detto, “non dovrebbe uscire di casa e non dovrebbe stare in aree affollate”. Il virus appare piu’ difficile da sconfiggere di quanto inizialmente si pensasse, al punto che la Commissione per la Sanità della municipalità di Pechino ha deciso di usare farmaci per la lotta all’Hiv sui malati.

Con il peggioramento dell’epidemia, che ha costretto il governo cinese a prolungare fino al 2 febbraio prossimo la durata delle feste di capodanno, anche le aziende cinesi prendono contromisure per contenere il contagio: tra le prima c’è il colosso di internet TenCent, che ha confermato che permetterà ai suoi dipendenti di lavorare da casa fino al 7 febbrai prossimo.

Un numero sempre piu’ alto di Paesi, intanto, si sta preparando a evacuare i propri cittadini da Wuhan sull’esempio degli Stati Uniti, i primi ad attivare una misura di questo tipo: ad aggiungersi all’elenco sono Australia, Francia, Germania. L’Unità di crisi della Farnesina “sta predisponendo una serie di ipotesi, via terra e via aerea”, ha dichiarato Stefano Verrecchia, capo dell’Unità di crisi. “La situazione per quanto riguarda i nostri connazionali è relativamente sotto controllo”, ha assicurato, “il contatto tra noi, l’ambasciata a Pechino e i nostri connazionali è costante”. “I connazionali nell’area di Wuhan sono naturalmente posti sotto una pressione comprensibile”, ha continuato Verrecchia, “stiamo predisponendo una serie di ipotesi che possano portare a una soluzione: abbiamo pensato prima a un’ipotesi di terra, stiamo pensando anche ad altre soluzioni via aerea”. Tutto dipende “dal tipo di decisione che prenderanno le autorità cinesi nell’autorizzare l’uscita da un’aerea sigillata per ragioni legate all’evitare il contagio”, ha infine spiegato il capo dell’Unita’ di crisi. 

Piu’ il virus corre, piu’ sono necessari fondi per contenerlo. Il ministero delle Finanze e la Commissione nazionale per la sanità cinesi hanno stanziato 60,33 miliardi di yuan (7,88 miliardi di euro) mentre il presidente Usa, Donald Trump, su Twitter fa sapere che Washington ha “offerto alla Cina e al presidente Xi ogni aiuto necessario”.

Nel mentre un team di esperti di Hong Kong ha invocato l’adozione di “misure draconiane” come il blocco ai viaggi e la chiusura delle scuole nelle principali città del paese, stimando a Wuhan, il focolaio dell’infezione, già 44.000 infettati. Presentando la ‘mappatura del virus’, Gabriel Leung, preside della facoltà di medicina dell’Hong Kong University, ha tracciato scenari da incubo per l’accelerata della diffusione nelle principali città cinesi. “Dobbiamo essere pronti al fatto che l’epidemia possa diventare una a livello globale”. 

Epidemia che si stima potrebbe avere il picco tra fine aprile e inizio maggio in 5 megacittà cinesi (Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen e Chongqing). Solo a Chongqing, che ha oltre 30 milioni di abitanti, potrebbero esserci 150.000 nuovi casi al giorno per gli alti volumi di viaggi della popolazione verso Wuhan. Proiezioni forse troppo pessimiste perché valutano la stretta su Wuhan, ma non altri possibili interventi.

Il team di Leung, che siede nel comitato sulla crisi del coronavirus voluto dalla governatrice di Hong Kong Carrie Lam, è parte del Collaborating Centre for Infectious Disease Epidemiology and Control dell’Organizzazione mondiale della sanità, un network di accademici che lavora per tenere sotto controllo la diffusione dei virus su scala mondiale.

“Misure sostanziali e draconiane per fermare la mobilità della popolazione dovrebbero essere prese quanto prima, piuttosto che dopo”, ha detto Leung, il cui team sta tracciando il virus che vede in Hong Kong il punto di maggior contaminazione fuori dalla Cina continentale.

La scienza continua a fare la propria parte, cruciale in una guerra che deve fronteggiare anche quelle che l’ambasciata cinese in Italia ha definito “informazioni completamente false”, come quella secondo cui il virus è fuoriuscito da un laboratorio militare. ​Il mercato del pesce di Wuhan, nella provincia cinese dello Hubei, potrebbe non essere stato l’epicentro da cui si è diffusa l’epidemia. E’ quanto emerge dalla ricostruzione dell’epidemia redatta dalla prestigiosa rivista medica Lancet che ha studiato i primi 41 casi di pazienti ricoverati per infezione confermata da quello che per ora è noto come 2019-nCoV.

Lo studio, redatto da un ampio gruppo di ricercatori cinesi appartenenti a diverse istituzioni, rileva che il primo caso risale al 1 dicembre e non ha alcun collegamento col mercato del pesce. “Non è stato trovato un legame epidemiologico tra il primo paziente e i casi successivi”, si legge su Lancet. L’incubazione, inoltre, potrebbe essere avvenuta nel mese precedente, silente tra gli abitanti di Wuhan. I dati diffusi dal gruppo di ricercatori mostrano che in totale, 13 dei 41 casi non hanno legami col mercato del pesce. “Tredici senza un legame è un numero alto”, ha spiegato Daniel Lucey, specialista di malattie infettive alla University of Georgetown. “Il virus è arrivato nel mercato del pesce – ha sottolineato Lucey – prima che da questo ne emergessero” dei casi. (fonte AGI)

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