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No Articolo 18: tutele crescenti per i neoassunti, emendamento Renzi

di Warsamé Dini Casali |17 Settembre 2014 11:54

No Articolo 18: tutele crescenti per i neoassunti, emendamento Renzi

ROMA – No Articolo 18: tutele crescenti per i neoassunti, emendamento Renzi. “Per le nuove assunzioni” viene previsto “il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio”: il Governo ha presentato l’emendamento al Jobs act, la legge con cui il Parlamento delega l’esecutivo a modificare la legislazione sul lavoro.

Non viene menzionata alcuna modifica all’articolo 18 (quello sui licenziamenti senza giusta causa) ma di fatto la delega si propone come suo superamento normativo: tutti, in linea di massima, assunti e riassunti entrano al lavoro con il medesimo trattamento a tempo indeterminato ma con tutele che crescono con l’anzianità, la forma privilegiata di contrattazione.

Con annessa una nuova disciplina dei controlli a distanza e delle mansioni, intervenendo così con la delega sugli articoli 4 e 13 dello Statuto dei lavoratori: si va verso, quindi, una flessibilità nelle mansioni, anche “per la tutela del posto di lavoro”. In corso d’opera, cioè nello spazio (breve, pretende Renzi) dell’iter legislativo si metterà nero su bianco la modifica dell’art. 18 (avendo trovato l’accordo politico con il pezzo Pd contrario). Altrimenti il governo farà il suo di decreto legge. Prendere o lasciare.

“Se il Parlamento fa la delega, il governo eserciterà la delega. Se si impantana, potremmo agire con la decretazione d’urgenza” ha spiegato il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova (ribadendo l’intimazione di Matteo Renzi) a margine della riunione in commissione Lavoro del Senato, dove è è stato presentato l’emendamento del governo al Jobs act, che indica il contratto a tutele crescenti per i neoassunti.

Sulla nuova legislazione del lavoro Matteo Renzi prova a tirare dritto e sembra poco disposto a concedere margini di manovra ai frenatori dentro e fuori il Parlamento. Non a caso lancia la sfida sulla riforma che sta creando divisioni e scontri tra l’area più attenta alle ragioni sindacali del Pd e Nuovo Centrodestra e Scelta Civica.

“Per le nuove assunzioni” viene previsto “il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio”: è infatti questo l’emendamento presentato dal governo stamattina al Jobs act ed in particolare all’articolo 4 sul riordino delle forme contrattuali, la legge delega di cui il Governo ha preparato la cornice e che indica al Parlamento la direzione di marcia, cioè niente articolo 18 ma indennizzo in caso di licenziamento anche per giusta causa che cresce al crescere degli anni di servizio. In cambio, la definizione delle tutele crescenti che sostituiranno il contratto a tempo indeterminato attuale abbraccerà anche l’estensione degli ammortizzatori sociali alle aziende con meno di 15 dipendenti (“la malattia, le ferie, la cassa integrazione, la maternità, le estendiamo a tutti”, promette Renzi).

No articolo 18 a tempo o per sempre? Approvata la delega il Governo deciderà. “Non c’è cosa più iniqua e meno di sinistra – ha attaccato Renzi – che dividere i cittadini tra quelli di serie A e quelli di serie B, dobbiamo superare un mondo del lavoro basato sull’apartheid”. O la commissione al Senato concluderà entro ottobre l’esame del ddl delega (recependo l’emendamento all’art. 4) o “altrimenti siamo pronti anche a intervenire con misure di urgenza”, e cioè un decreto che il premier sarebbe pronto ad approvare per fare la sua riforma degli ammortizzatori sociali e dei contratti, tutele dell’art.18 incluso. Un messaggio-minaccia, quello del decreto legge, rivolto alla propria maggioranza divisa che va bene anche per l’Europa, spettatrice interessata del balletto intorno alla riforma per verificare che approdi al risultato auspicato (più flessibilità in uscita dal lavoro) e dalla fase dell’annuncio passi a quella operativa.

Per ora, quindi, la riscrittura definitiva di Statuto dei lavoratori in generale e di articolo 18 in particolare è congelata e affidata al lavoro delle Commissioni in Parlamento: sarà durante l’iter legislativo, coi tempi contingentati dal premier, che prenderà corpo il compromesso interno e il nuovo volto dei contratti. Una volta che il jobs act avrà ricevuto il via libera di Camera e Senato “toccherà al ministro Poletti lavorare sui decreti attuativi e decidere come sciogliere il rebus tra reintegro (solo congelato per un periodo determinato di tempo per i nuovi assunti oppure abolito a vita, salvo i casi di discriminazione?) e indennità nel caso di licenziamento individuale” (Giusy Franzese, Il Messaggero).

“No a deleghe in bianco”. Sfida a Renzi dalla minoranza Pd. Se Stefano Fassina definisce “Renzi  come Monti e la destra”,  il leader Fiom, Maurizio Landini, rincara: “In queste ore riparte la filippica sull’articolo 18. Ci si dice che l’Europa ci chiede questo. Bisogna proprio dire basta, ci hanno rotto le scatole”. E ricorda che il direttivo Cgil oggi si pronuncerà sullo sciopero generale.

Come già avvenuto per bicameralismo e Italicum, sarà una Direzione Pd convocata ai primi di ottobre a esprimersi con un dibattito ampio sul Job’s Act. Direzione che sarà conclusa con un voto. Vincolante per tutti. Per coinvolgere al massimo l’area dalemianbersaniana e preparare il terreno allo strappo, il capo del Nazareno ha dato ieri via libera alla segreteria «plurale». Certo, ne sono rimasti fuori i civatiani.

Ma altri incarichi sono già pronti per loro, a partire dall’ufficio di presidenza dei gruppi e dalla sostituzione dei sottosegretari Legnini e Reggi: «C’è posto per tutti».
La minoranza comunque non intende stare zitta e si appresta al combattimento. «Daremo battaglia sul lavoro come abbiamo fatto per la difesa della Costituzione — promette il senatore Felice Casson — e saremo molti di più, anche i bersaniani staranno con noi». (Francesco Bei, La Repubblica)

 

 

 

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