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Benzina come l’oro: da noi la più cara d’Europa. E a gennaio sale ancora

ROMA – La benzina italiana è la più cara d’Europa. In molti additano la “lobby delle pompe” come artefice principale degli aumenti, i benzinai invece scaricano la colpa sullo Stato. L’unica cosa certa è che fare un pieno da noi costa 20 euro più che in Svizzera (tanto per citare un paese confinante) e, più in generale, costa di più (talvolta anche molto di più) rispetto al “ricco” Nord Europa. E continueranno a salire, per via delle addizionali regionali che saranno applicate da gennaio.

La verde è arrivata a 1,724 euro al litro, il diesel a 1,694.  I rincari incideranno sulle famiglie più di alimenti e bevande: per i trasporti gli italiani spenderanno 470 euro in più al mese, per il mercato alimentare la sovra spesa mensile sarà di 467 euro.

Rispetto all’inizio dell’anno il prezzo della benzina è cresciuto del 18%, quello del gasolio del 27%. La Coldiretti ha detto che in media un pieno costa più di un cenone del 31 dicembre: 77 euro contro 75.

Di certo, in nessun Paese le imposte dello Stato incidono così tanto sul prezzo del carburante come da noi: infatti in Italia Iva e accise incidono sul prezzo al distributore del 60% per la verde e del 54% per il gasolio. Tanto per fare un paragone, per il diesel la Germania è al 50%, la Francia al 48%, la Spagna addirittura al 42%.

Solo nel 2011, scrive Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera, ci sono stati 5 aumenti dovuti alle tasse: abbiamo cominciato ad aprile, 0,73 centesimi per salvare il Fondo per lo spettacolo. Abbiamo continuato a giugno, 4 centesimi per la guerra in Libia. E poi ancora 0,19 centesimi a luglio di nuovo al Fondo per lo spettacolo, 0,89 a novembre per l’alluvione in Liguria e Toscana, fino alla mazzata del decreto salva Italia con 9,9 centesimi in più.

In più prosegue Salvia, bisogna “contare le addizionali regionali (sì, ci sono anche per la benzina) che nel 2011 sono state introdotte da Abruzzo, Calabria, Piemonte e Puglia, e che dall’inizio del prossimo anno saranno ritoccate in sei regioni”.

Senza considerare i soldi per alcune accise che riguardano eventi di decenni fa, e che continuiamo a pagare dal benzinaio: “In quei soldi che diamo al benzinaio, anche se ormai assorbite come entrata ordinaria, ci sono ancora le 10 lire per il disastro del Vajont e per il terremoto del Belice, le 14 per la crisi di Suez del 1956, e addirittura le 2 lire per la guerra di Abissinia del 1935”.

Alberto Francavilla

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