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Casa, verso un nuovo decreto. Tasi a Roma, quanto vale la stangata di giugno

di Warsamé Dini Casali |12 Febbraio 2014 12:24

Casa, verso un nuovo decreto. Tasi a Roma, quanto vale la stangata di giugno

ROMA – Casa, verso un nuovo decreto. Tasi a Roma, quanto vale la stangata di giugno. La definizione delle aliquote Tasi attende ancora i correttivi finali: lo stallo sull’approvazione degli emendamenti nel cosiddetto decreto salva-Roma è tale che il Ministero dell’Economia sta pensando (lo rivela l’agenzia Public Policy citando fonti Mef)) di rinviare tutto (i trasferimenti agli enti locali e in particolare quelli per scongiurare il default capitolino) a un comma da inserire in un nuovo Decreto Casa. Che ovviamente impegnerà anche l’eventuale nuovo governo se andrà in porto l’annunciata staffetta Letta-Renzi.

Aliquote Tasi. Il provvedimento deve ricalcare la bozza d’accordo tra Governo e Comuni in cui si autorizzano i Comuni stessi ad aumentare le aliquote base Tasi fino a un massimo dello 0,8 per mille, a patto di introdurre delle detrazioni. Dovrà quindi poi sbloccare i 500 milioni di euro già stanziati in legge di stabilità per i Comuni, svincolandoli dall’obbligo di detrazione. Il principio cardine è che la Tasi sulla prima casa non debba essere più onerosa dell’Imu 2012.

Roma, la stangata Tasi di giugno, la simulazione. Per colmare lo squilibrio nei conti del 2014 l’aliquota sulle prime case dovrebbe salire al massimo consentito. L’alternativa considerata nelle proiezioni dell’assessorato sulle prime case dovrebbe salire al massimo consentito è prevedere l’aumento delle tasse sulle seconde abitazioni. Il Messaggero propone una simulazione considerando il valore delle rendite catastali attuali (l’esempio si riferisce alla rendita catastale media calcolata di recente dall’Agenzia del Territorio nel centro di Roma, 1123 euro).

Se la Tasi restasse al palo, vale a dire inchiodata alla sua aliquota base del 2,5 per mille, l’esborso del proprietario in questione arriverebbe a 449 euro. Se l’aliquota salisse fino al 3 per mille, si dovrebbero pagare 539 euro. Che diventerebbero 628 nell’ipotesi limite. Vale a dire aliquota portata al tetto massimo del 3,5 per mille. Insomma, tra l’aliquota minima e la massima ballano 179 euro di differenza. Una distanza che, occorre ricordarlo, potrebbe essere di fatto annullata per effetto delle detrazioni Imu. (Fabio Rossi, Il Messaggero)

 

 

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