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Berlusconi rilancia il concordato fiscale: credibilità a costo zero

di Warsamé Dini Casali |21 Ottobre 2011 9:03

ROMA – Silvio Berlusconi ha rilanciato la possibilità di un concordato fiscale: nonostante l’ostracismo del suo ministro dell’Economia, ne ha riparlato pubblicamente mercoledì (19 ottobre), mentre due esponenti del Pdl hanno messo a punto un nuovo “accertamento con adesione per gli anni pregressi” articolato su diversi tipi di sanatoria. L’obiettivo è quello di fare cassa cercando di recuperare non meno di 5 miliardi di euro per finanziare il decreto sviluppo. Nelle speranze dei proponenti c’è la volontà di bissare il successo dell’esperienza del 1994, quando in una situazione analoga di grande crisi, il Governo Dini varò una sanatoria che portò 20 mila miliardi di lire (10 miliardi di euro). Tuttavia, anche questa settimana si è rivelata infruttuosa: il varo del provvedimento sullo sviluppo è stato nuovamente rimandato: adesso si parla di mercoledì prossimo. Un ritardo che preoccupa la Commissione Europea che, nella serata di giovedì (20 ottobre), si è vista costretta, tramite il portavoce del Commissario agli Affari Economici Olli Rehn, a un nuovo pressante invito alle autorità italiane a far presto nel “definire con urgenza i programmi per la crescita”. Il percorso individuato al Consiglio dei Ministri, dove si è discusso della nomina del Governatore della Banca d’ Italia (Ignazio Visco sarebbe stato poi il candidato vincente) si svilupperà in due fasi. Prima un decreto legge, con le misure più urgenti e onerose, poi un Ddl oppure emendamenti nel corso dell’iter parlamentare che potrebbe contenere misure da coprire con nuove entrate.

Il concordato di massa cui pensa la maggioranza consisterebbe in una versione più attenuata del maxi condono tombale come quello del 2002/2003, su cui pende ancora il giudizio negativo dell’Europa. Il principio è quello di un accordo tra Fisco e contribuente: il secondo accetta di versare un po’ di più di ciò che ha dichiarato, in cambio non riceverà nessun controllo per gli anni concordati, in questo caso l’ultimo è il 2010 (con la presentazione della dichiarazione dei redditi al 30 settembre 2011.

Rispetto al condono c’è una differenza fondamentale: l’accordo contempla solo i soggetti che abbiano dichiarato qualcosa. L’accordo, spiega il Corriere della Sera, non è in sé scandaloso in linea di principio, anche se appare come un passo indietro rispetto ai progressi registrati nella lotta all’evasione. Tuttavia, il concordato porterebbe vantaggi allo Stato e ai contribuenti, solo sulla base di una conoscenza perfetta  della situazione reddituale di ogni contribuente. Nella pratica questo è impossibile: nemmeno gli studi di settore riescono a fotografare precisamente questa realtà. Tecnicamente, poi, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe vagliare in tempo record la posizione di 5 milioni di partite Iva per poi modulare una proposta adeguata per ogni profilo. Va detto, che con questa nuova sanatoria “il fisco non rinuncerebbe ai suoi poteri di accertamento precludendo l’accesso al concordato a chi ha già ricevuto un processo verbale di constatazione o ai contribuenti nei cui confronti è stata esercitata azione penale” (Il Sole 24 Ore).

Dalla lotta all’evasione, con gli accertamenti finalmente più mirati, lo Stato recupera ogni anno già 10 miliardi all’anno. Anche ammesso che la raccolta mediante concordato superi quella dei segugi sguinzagliati dall’Agenzia delle Entrate, è evidente che l’arma della deterrenza sarebbe spuntata per chissà quanti altri anni ancora. Perché emergere e pagare il dovuto, quando con cadenza sistematica posso contare su una sanatoria provvidenziale?

C’è un altro aspetto determinante. Il concordato si può applicare solo alle imposte sul reddito. Sull’Iva nulla può, al massimo aumentarla o diminuirla. E’ una tassa che, anche se in minima parte, finanzia il bilancio della Ue. La Corte di Giustizia Europea ha già condannato l’Italia per questo scherzetto.

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