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Contratti, Fiat non ci sta: “Fuori da Confindustria dal 2012”

di Maria Elena Perrero |30 Giugno 2011 19:11

Sergio Marchionne, Emma Marcegaglia (foto Lapresse)

ROMA – Alla fine quello che da tempo si diceva sta per realizzarsi: la Fiat vuole andarsene da Confindustria. Perché non vuole essere ingabbiata nelle regole del contratto nazionale: allora, per non vivere in deroga, pensa sia meglio uscire dalle associazioni Confederali. L’annuncio ufficiale è arrivato con una lettera dell’amministratore delegato del gruppo automobilistico, Sergio Marchionne, alla presidente degli industriali, Emma Marcegaglia.

Buono l‘accordo raggiunto ieri, 29 giugno, sui contratti con i sindacati, è il succo della missiva, ma non sufficiente per il Lingotto. Così, in mancanza di “ulteriori passi” sull’esigibilità, Fiat e Fiat Industrial “saranno costrette ad uscire” da Confindustria – ha scritto Marchionne – “dal primo gennaio 2012”.

Scrive l’ad italo-canadese: “Cara Emma, voglio esprimerti il mio apprezzamento per l’impegno tuo personale e della Confindustria nella definizione di un quadro di riferimento necessario per creare le condizioni di rilancio del sistema economico del nostro Paese. L’accordo raggiunto ieri tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil è sicuramente un risultato di grande rilievo, perché ha affrontato alcuni importanti nodi in materia di rappresentanza e di contratti”.

Questo primo importante passo “potrà avere un effetto positivo sul funzionamento delle relazioni sindacali nel nostro Paese e, di conseguenza, portare benefici al sistema industriale, che ha assoluta necessità di disporre di regole che garantiscano le certezze indispensabili per operare in un contesto di mercato sempre più globale e competitivo. La stessa necessità abbiamo noi della Fiat, che siamo impegnati in un grande sforzo per costruire un gruppo automobilistico internazionale, e abbiamo bisogno che le nostre attività italiane procedano a velocità non inferiore a quella dei concorrenti”.

Marchionne ha detto di augurarsi che nei prossimi mesi il lavoro prosegua “con ulteriori passi che ci consentono di acquisire quelle garanzie di esigibilità necessarie per la gestione degli accordi raggiunti per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Questo ci permetterà di portare a compimento gli investimenti avviati e quelli già programmati, assicurando così al Paese una prospettiva di continuità di presenza industriale. Sono fiducioso che le nostre esigenze, che credo siano le stesse di molti altri imprenditori, saranno tenute in considerazione e che queste condizioni si realizzeranno entro la fine dell’anno. Ho il dovere di informarti che in caso contrario, Fiat e Fiat Industrial saranno costrette ad uscire dal sistema confederale con decorrenza dal 1 gennaio 2012“.

Una copia di questa lettera è stata inviata anche ai segretari delle confederazioni firmatarie “per confermare – conclude Marchionne – che la nostra iniziativa non intende mettere in discussione l’importanza dell’accordo e naturalmente i diritti dei lavoratori. Vogliamo soltanto che le nostre persone possano lavorare in un contesto nel quale tutti si assumano i propri obblighi e le proprie responsabilità, come previsto dagli accordi di Pomigliano d’Arco, Mirafiori e Grugliasco. Spero che la nostra posizione possa aiutare la Confindustria e i Sindacati nel proseguire il lavoro cominciato e a completare la costruzione di un nuovo sistema di rapporti basati su obiettivi condivisi e sul reciproco rispetto”.

La presa di posizione dell’Ad di Fiat sembra essere una risposta diretta a quanto dichiarato oggi dalla presidente di Confindustria in un’intervista al Corriere della Sera: “I contratti nazionali, importanti soprattutto per le piccole imprese, non spariscono, anzi. E ora che con noi, la Cisl e la Uil c’è anche la Cgil credo che le categorie potranno avere positive ricadute di modernizzazione. Secondo, e più importante: maggiore produttività, maggior salario. È un impegno delle imprese, direttamente e con una richiesta che insieme al sindacato facciamo al governo: rendere strutturale, per i dipendenti, la detassazione al 10% del salario legato alla produttività”.

“Il primo vero passo di modernizzazione delle relazioni sindacali lo abbiamo fatto noi, la Cisl e la Uil, con l’accordo interconfederale del gennaio 2009 – prosegue la Marcegaglia rispondendo a una domanda sulla Fiat -: i concetti dell’adattabilità e dell’esigibilità dei contratti sono stati introdotti lì. E questo non va dimenticato. Marchionne, poi, ha sollevato con vigore il problema che ogni imprenditore vive: la crudezza della globalizzazione impone cambiamenti veloci e profondi in tutti gli ambiti. Non c’è dubbio sul ruolo che Sergio ha avuto. Ora, con questo accordo, si conclude il periodo degli strappi, che alla lunga fanno male al Paese. E si apre un’ulteriore stagione di innovazione che porteremo avanti tutti insieme”. La leader degli industriali conferma poi che con il Lingotto ci sono “contatti in corso”. Ma a questi presunti contatti Marchionne sembra aver già dato il suo parere. Completamente negativo.

In serata Marcegaglia ha ribadito: “L’accordo sui contratti e le regole di rappresentanza firmato con i sindacati non può essere rimesso in discussione”. Lo ha scritto in una lettera a Marchionne, la presidente della Confindustria.  ”A noi sembra che l’accordo soddisfi anche le vostre istanze, in quanto gli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco possono facilmente rientrare nelle nuove norme pattuite”.

L’accordo sui contratti e le regole di rappresentanza firmato da Confindustria e sindacati può soddisfare anche la Fiat, ma se questa ”non ritiene utile verificarne la praticabilità” per ottenere garanzie sugli accordi già raggiunti dal gruppo a fronte della causa intentata dalla Fiom, ”non vediamo altra strada se non quella di un intervento legislativo con effetto retroattivo che, in quanto tale, non è nelle disponibilità di Confindustria”.

Ieri, 29 giugno, era stata la stessa segretaria della Cgil, Susanna Cammusso, a sottolineare che l’accordo raggiunto con Confindustria “non coprono la Fiat”, non ne ha alcun beneficio e, anzi, è stata fermata ”la deriva della destrutturazione dei contratti”.

Il punto dell’intesa che sancisce l’efficacia dei contratti collettivi aziendali con ”intese modificative” del contratto nazionale sulla disciplina della prestazione lavorativa, degli orari e dell’organizzazione del lavoro, non risponde alle richieste della Fiat. E’ per il futuro, infatti, che si affida allo strumento dei contratti aziendali la possibilità – pur non usando mai esplicitamente il termine deroghe – di indicare regole per ”aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi” modificando il contratto nazionale.

Lo stesso leader della Fiom, Maurizio Landini, ha sottolineato che il nodo della retroattività è centrale perché riguarda la validità degli accordi di Pomigliano, Mirafiori e della ex Bertone e quindi le garanzie richieste per applicaregli accordi che consentano di realizzare gli investimenti previsti dal Piano Fabbrica Italia.

Per Landini, il fatto che ”il tentativo di Confindustria di inserire la norma che rendeva retroattivo l’accordo è stato respinto”. Resta quindi anche aperto il problema dei ricorsi giudiziari della Fiom contro quelle intese, prima fra tutte quella che prevede la realizzazione della newco nella fabbrica campana.

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