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Digital Tax dal 2017, ma non chiamatela Google Tax

di Warsamé Dini Casali |15 Settembre 2015 14:20

Digital Tax dal 2017, ma non chiamatela Google Tax

ROMA – “Dopo aver aspettato per due anni una legge europea, dal primo gennaio 2017 immaginiamo una digital tax che vada a colpire con meccanismi diversi, per far pagare tasse nei luoghi in cui sono fatte transazioni e accordi”.

E’ l’annuncio che il premier Matteo Renzi fa a Otto e mezzo parlando della cosiddetta “Google tax”. Cosiddetta perché in effetti bisognerebbe parlare, come correttamente dice il premier, di una misura per far pagare a tutte le multinazionali il giusto tributo fiscale nei paesi dove realizzano  i profitti.

Tasse che non pagano approfittando del concetto di “non stabile organizzazione” applicato ai rami esteri delle grandi aziende. Più annuncio “politico” che misura che impegni immediatamente il Governo, la tassa – unica in un contesto di riduzione fiscale – dovrebbe essere operativa dal 2017.

Per il premier l’annuncio «politico» è sufficiente a incassare una serie di risultati: manda un messaggio all’Europa, dice una cosa gradita alla sinistra del Pd, e soprattutto può mettere a bilancio un’entrata supplementare per far tornare i conti del 2017. Gli euroburocrati guardano con attenzione anche quelli. (Alessandro Barbera, La Stampa).

Quale vestito sarà cucito sulla tassazione non si sa ancora. Se la Commissione europea dirimerà la questione ci accoderemo. Tra i modelli vigenti Renzi potrebbe seguire l’esempio di David Cameron che ha imposto in Gran Bretagna un’imposta secca del 25%. Il più soddisfatto è il parlamentare Pd Francesco Boccia che da tempo invoca una legge di riordino fiscale.

Boccia, considerato dal 2012 padre della webtax, aveva avuto in passato, dopo l’approvazione dell’imposta nel 2013 più di uno scontro con Renzi sulla necessità di far pagare le imposte alle cosiddette OTT, Over The Top. “L’imposta entrata in vigore nel 2014 con il governo Letta, fu poi cancellata dal governo Renzi appena insediatosi”.

“Il principio richiamato questa sera da Matteo Renzi del far pagare alle aziende della cosiddetta economia digitale le imposte nel paese in cui fanno business mi soddisfa molto, perché è quello fissato nel 2013 dal Parlamento Italiano che fece da ariete nel dibattito politico europeo. L’importante è superare il concetto obsoleto della ‘non stabile organizzazione’ e decidere se far pagare con il modello inglese le imposte dirette o con il modello europeo delle imposte indirette nel quadro europeo di armonizzazione. Personalmente, come detto più volte, preferisco il modello europeo”.

 

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