Disoccupati con sussidio, a lettera vieni ti troviamo lavoro risponde…il 10%

Disoccupati con sussidio, a lettera vieni ti troviamo lavoro risponde...il 10%
Disoccupati con sussidio, a lettera vieni ti troviamo lavoro risponde…il 10%

ROMA – Disoccupati con sussidio, a lettera che diceva in sostanza vieni ti troviamo un lavoro ha risposto solo il 10 per cento dei destinatari. Il resto non ha manifestato alcun interesse in alcun modo.

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L’esperimento sociale, di questo in fondo si tratta, è stato condotto dall’Anpal, insomma l’Istituto-Associazione che di politiche del lavoro si occupa.

Dunque, 28 mila disoccupati. A vario titolo titolari di un sussidio pubblico per la loro condizione di senza lavoro. A lettera-convocazione-invito loro spedita per corsi e attività di formazione strettamente e direttamente legati ad un nuovo possibile lavoro il 90 per cento dei ventottomila non ha risposto.

Gli autori della ricerca-esperimento i cui dati sono pubblici e disponibili sostengono la gran parte dei 28 mila sia sia di fatto negata e nascosta perché teme l’avvicinarsi ad un nuovo lavoro coincida con la perdita del sussidio. E infatti le risposte spuntano solo quando il disoccupato sta giungendo a fine del tempo Naspi o quel che sia, insomma quando sta scadendo il tempo del sussidio. Allora si risponde e si manifesta interesse. Prima, fino a che il sussidio è vivo e vegeto nel suo tempo, farsi vivo sul mercato del lavoro appare alla gran maggioranza dei disoccupati un rischio e un fastidio.

Secondo i ricercatori-sociologi (ma non ci vuol gran sociologia) è una questione di cultura profonda del nostro paese. Non è certamente che il disoccupato tipo sia scansa fatiche e scansa lavoro, questa rappresentazione è falsa e, per così dire, populista al contrario. E neanche risponde a verità che con il sussidio, quale che sia, si campa. Magari arrotondando con lavoro nero. Succede, eccome se succede. Ma non è un presunto o reale calcolo di convenienza che tiene il disoccupato lontano e diffidente verso chi gli cerca lavoro.

E neanche l’eterna inefficienza della macchina pubblica (in questo caso le agenzie regionali (!) del lavoro) può spiegare del tutto perché il disoccupato le scansi e di fatto da loro si nasconda.

La questione culturale profonda è che il lavoratore divenuto disoccupato o anche il disoccupato senza mai essere stato lavoratore o anche il lavoratore in attività e in fondo anche la cosiddetta società civile tutta…tutti considerano il sussidio un risarcimento. Risarcimento parziale per il cittadino lavoratore sempre in credito con la cosa pubblica. Risarcimento che coerentemente ci si aspetta arrivi senza condizioni e fastidi. Risarcimento che poi è pure una mezza miseria e non fatela lunga, spedite a casa e basta. Così la società civile vive il sussidio di Stato a chi è senza lavoro.

Risarcimento e non opportunità. Sussidio opportunità? E opportunità di cosa? Sussidio come mezzo di trasporto per un nuovo lavoro, magari passando per nuove competenze? L’umore pubblico non ci crede, pensa siano balle. E soprattutto non si intende sottoporre il diritto a un risarcimento sociale alla condizionalità di un’opportunità.

Questione di cultura profonda. Infatti dovunque e ovunque nella legislazione si è tentato e si tenta di introdurre il taglio o la decadenza del sussidio nel caso chi lo percepisce non si attivi concretamente e non si renda davvero disponibile a nuovo lavoro, sempre il taglio o la decadenza del sussidio sono rimasti lettera morta.

Nessuno taglia nessun sussidio in corso. Mai. Qualunque legge ci sia. Perché il tagliare il sussidio viene considerato dalla coscienza pubblica come ingiusta decapitazione di un risarcimento, intollerabile limitazione  un diritto naturale. E anche perché tagliare porta rogne: ricorsi, sentenze, pubblicità negativa, nemici.

Questione di cultura profonda che quando sarà applicata al reddito di cittadinanza…

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