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Fiat, sulla Panda cresce l’attesa di Pomigliano nei timori degli operai

di Maria Elena Perrero |7 Giugno 2010 20:17

Lo stabilimento di Pomigliano d'Arco

Allo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco, nel napoletano, cresce l’attesa per le decisioni che saranno prese domani all’Unione Industriali di Torino. L’umore passa dal pessimismo dei 5 mila operai, che temono il ‘Piano B’, alla fiducia delle Rsu, che sperano in un accordo che non stravolga le regole contrattuali.

Tra i lavoratori, in cassa integrazione straordinaria dallo scorso novembre, la preoccupazione sull’esito dell’incontro che deciderà se portare o meno la Panda al Giambattista Vico, è tanta.

“Ci stanno riempiendo di pessimismo – dice Luca Vanacore, uno degli operai – le proposte fatte dall’azienda, e i toni usati, a noi appaiono come minacce: o si accetta il piano così com’è, oppure si passa alla soluzione ‘B’, e in tanti credono che questa riguardi la chiusura dello stabilimento. Se si firmasse un accordo-capestro, per noi lavoratori significherebbe azzerare i nostri diritti”.

Molti altri operai sono d’accordo con Luca, come Emanuele,che punta anche il dito contro i sindacati: “Per me non stan

Le Rsu e i delegati, intanto, rispondono freneticamente alle centinaia di telefonate dei lavoratori. “Aspettiamo fiduciosi l’incontro di domani – afferma Mario Di Costanzo, della Rsu della Fiom – per un accordo che non stravolga le regole contrattuali ed i diritti dei lavoratori. Pomigliano ha chiesto solo lavoro, e non certo la fine dei diritti: siamo tutti disponibili a lavorare di più, ma ci aspettiamo che Marchionne, da grande imprenditore qual è, non faccia richieste che ledano i diritti, ma porti solo ricchezza, e quindi produzione”.

I sindacati, nel frattempo, si preparano all’incontro forse conclusivo, o almeno più importante, per portare a Pomigliano la produzione della Panda: “Non si può bucare un impegno così importante – sostiene Crescenzo Auriemma, segretario regionale della Uilm – ma vanno riequilibrati due punti posti dall’azienda, come l’esigibilità dell’accordo e la questione legata alle malattie: abbiamo qualche difficoltà a concedere tutto. Su tutti gli altri punti, siamo disponibilissimi a trattare per salvaguardare l’ultimo baluardo del Sud”.

Dalla Fismic arriva un altro spiraglio di intesa: “Domani si determina la volontà di far ripartire Pomigliano – afferma Felice Mercogliano, della segreteria regionale del sindacato – i tempi sono quasi scaduti, e non si può rimandare oltre. Ci auguriamo che tutti siano d’accordo, ma ci sono punti di sofferenza che la Fiat non deve sottovalutare, in quanto bisogna attenersi alle normative vigenti: speriamo che l’azienda faccia un passo indietro e cerchi una soluzione differente”.

Stessa linea seguita anche dalla Fim. “Discutiamo del loro futuro – dice Giuseppe Terracciano, segretario generale della Fim di Napoli – e sono loro ad avere diritto all’ultima parola”.

Scetticismo arriva, infine, dallo Slai Cobas: “I sindacati confederali non hanno alcun mandato a trattare – spiega Vittorio Granillo, del coordinamento nazionale – un eventuale accordo non sarà valido, in quanto le rsu sono decadute da oltre un anno, e quindi non sappiamo se i lavoratori sono davvero rappresentati da questi sindacati”.

Allo stabilimento di Pomigliano lavorano 5200 addetti, di cui 500 già previsti in mobilità verso la pensione. Circa 1200 sono invece i lavoratori dell’indotto presenti nell’area industriale. Al momento la fabbrica Giambattista Vico produce l’Alfa Romeo 147, la Gt, la 159, la 159 Sportwagon e la Fiat Bravo, per un totale di 45mila automobili ogni anno. Spostando qui la produzione della nuiova Panda si vorrebbe arrivare a 250mila vetture l’anno.

Il Lingotto punta innanzitutto a condizioni operative che garantiscano competitività, a partire da una nuova organizzazione su 18 turni settimanali per 6 giorni. La proposta per Pomigliano relativa a orari e organizzazione del lavoro prevede anche ulteriori 80 ore annuali di straordinario, lo spostamento della pausa mensa a fine turno, la riduzione delle pause sulle linee meccanizzate dagli attuali 40 a 30 minuti, il recupero produttivo delle fermate tecniche, anche per causa di forza maggiore. Oltre a contrastare le forme “anomale” di assenteismo.

Previste poi nello schema consegnato ai sindacati clausole di esigibilità per il rispetto degli impegni presi (con relative sanzioni per l’organizzazione sindacale, l’Rsu o il lavoratore che “violano, in tutto o in parte e in misura significativa le clausole dell’accordo”) e clausole integrative del contratto individuale di lavoro con l’indicazione, nei casi di violazione, di provvedimenti disciplinari e anche di licenziamenti per mancanze.

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