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Modello Cipro in Italia, patrimoniale in vista?

di Warsamé Dini Casali |4 Dicembre 2022 0:02

ROMA – Modello Cipro in Italia, patrimoniale in vista? “Occhio al portafoglio”, è l’apertura di stamattina (Ugo Bertone 2 aprile) del quotidiano Libero che suggerisce di mettersi l’elmetto perché c’è “aria di patrimoniale” in vista. Patrimoniale con Monti esecutore e Berlino mandante dopo la riuscita del blitz a Cipro? Lo scenario descritto da Bertone è più suggestivo che preoccupante (imporre nuove tasse o prelievi forzosi non rientra tra gli affari correnti o le urgenze come le calamità naturali di un governo che non risponde più al Parlamento), ma in caso di una nuova crisi, o del collasso di una banca, è vero che non ci sarebbe una seconda edizione del Mario Draghi salvatore.

Come le banche, visto il precedente Cipro, devono salvarsi da sole, ricorrendo ai creditori privati, agli azionisti e infine anche ai depositanti spora i 100 mila euro, anche gli Stati devono limitare il debito pubblico mettendo mano alla ricchezza privata delle famiglie. Per Ugo Bertone le due commissioni di saggi volute da Napolitano e la conferma di Monti alimentano il sospetto di una nuova stangata patrimoniale, considerando poi che con Cipro sono crollati due tabù, l’inviolabilità dei conti correnti e la libera circolazione dei capitali.

Il settimanale tedesco Spiegel prende molto sul serio la questione della nuova filosofia che, a piccoli passi, sembra imporsi: “Bomba da Bruxelles. Il modello Cipro potrebbe guidare i futuri bail-out delle banche”. Non è la prima volta per Spiegel, che anzi ha già dedicato ampio spazio a Jeroen Dijsselbloem, ministro delle finanze olandese e presidente dell’Eurogruppo, che per primo ha parlato di “modello Cipro” per poi fare retromarcia un minuto dopo viste le reazioni dei mercati e dei colleghi europei. Ritrattazione pro-forma, ritirata strategica, verrebbe da dire.

I mercati, infatti, dopo un primo momento di panico, non hanno affatto reagito così male (qualcuno pronosticava scene alla Lehman Brothers) e questo è un punto a favore del modello Cipro, un’arma in meno per i suoi detrattori. In effetti Dijsselbloem è solo la punta avanzata di un fronte molto più vasto, specialmente in Nord Europa, di quanto si pensi. Qualcuno, dopo la gaffe (“Il bail-out di Cipro sarà un modello per l’Eurozona”), ha ironizzato pesantemente (“Dusselbloem”, “scemo-bloem” è il soprannome che si è guadagnato a Bruxelles, secondo l’autorevole magazine tedesco).

L’aspetto cruciale della nuova impostazione riguarda l’impraticabilità a lungo termine di questo strano “socialismo” del settore bancario, dove le garanzie degli Stati consentono investimenti altamente rischiosi, spesa facile, in definitiva profitti privati e perdite collettive. Lo pensa Dijsselbloem, ma anche un amministratore e esperto di budget social democratici tedesco, Spiegel cita Carsten Schneider. Lo pensa, senza darlo troppo a vedere Angela Merkel (“Le banche devono salvare se stesse”). Lo dice senza troppe remore Andreas Dombret, membro tedesco nel board della Bce, per il quale il settore finanziario recupererà salute solo a patto di farla finita con “le implicite garanzie degli stati”.

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