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Tassi Btp al 2% troppo bassi per gli investitori: “Rischio instabilità in Italia”

di Lorenzo Briotti |6 Giugno 2017 22:32

Per gli investitori i tassi Btp al 2% sono troppo bassi: "Rischio instabilità in Italia"

Per gli investitori i tassi Btp al 2% sono troppo bassi: “Rischio instabilità in Italia”

ROMA – Gli investitori sono convinti che i tassi che si attestano intorno al 2%, offerti dai Btp , siano troppo bassi per remunerare il crescente rischio instabilità. Per questo motivo la Pimco, azienda di gestione globale degli investimenti, a causa dei timori sulle obbligazioni italiane frena gli acquisti. E non è la sola.

Scrive Vittoria Puledda su Repubblica
“I mercati finanziari temono il rischio elezioni anticipate in Italia. E, nonostante il recente aumento dei rendimenti dei titoli di Stato, ritengono che i tassi offerti dai Btp siano troppo bassi per compensare il crescente rischio politico. Ieri l’agenzia
Bloomberg ha riportato che Pimco, il maggior gestore al mondo di fondi obbligazionari, ha assunto una posizione “neutral” rispetto ai bond italiani (cioè detiene un’esposizione in linea con il peso che il nostro paese ha sui mercati finanziari internazionali). «Ottenere il 2% su un Btp a dieci anni per finanziare l’Italia non mi sembra attraente», aveva detto Andrew Balls, capo degli investimenti nel reddito fisso di Pimco, parlando con la stampa la settimana scorsa a Londra. E’ la stessa Bloomberg a ricordare che negli ultimi anni Pimco era stata positiva (“sovrappesata”) sui titoli di Stato italiani”.
“Nel fine settimana erano stati il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco a ricordare che i mercati soffrono l’incertezza politica. E in effetti una maggiore cautela è sempre più diffusa tra i grandi gestori, spaventati dalle elezioni politiche anticipate: «Prima si va al voto, più forte sarà l’impatto» sullo spread, aveva scritto il primo giugno Marco Protopapa, economista di JpMorgan, in una nota diretta ai suoi clienti, ricordando che le possibilità di andare alle urne entro il 2017 sono ormai ben superiori al 50%. Un’eventualità che si somma, aumentandone i pericoli, con l’ultima fase del programma di acquisti di titoli pubblici europei da parte della Bce (il quantitative easing). Bank of America Merrill Lynch dal canto suo raccomanda ai propri clienti che puntano ai rendimenti di guardare alle opportunità fuori dall’Italia, mentre Deutsche bank ha chiuso una posizione sul debito italiano con alcune controparti francesi”.
“Come sempre quando sale la tensione si torna a guardare con nervosismo allo spread, il differenziale di rendimento rispetto ai titoli tedeschi. Ieri questo indicatore non si è mosso molto, chiudendo a ridosso dei 200 punti, ma rispetto al minimo di 23 maggio scorso il peggioramento è evidente (era a 169 punti). Allora il rendimento dei Btp a dieci anni era sotto il 2%, ora è già risalito al 2,26%. Movimenti contenuti, ma che indicano una tendenza al rialzo, rinfocolata dai timori che possano vincere le forze contrarie all’euro: i mercati hanno paura che sia l’Italia il prossimo focolaio di tensioni in ambito europeo”.
“La drammatica crisi politica del 2011 aveva portato lo spread a raggiungere i 500 punti e il rendimento dei titoli di stato decennali a volare oltre il 7%. I fattori di differenza con quegli anni tuttavia sono numerosi: all’epoca oltre la metà del debito pubblico italiano era in mano degli investitori internazionali, mentre ora è intorno a 32-35%. Non solo, molte banche tricolori erano indebitate sui circuiti interbancari con banche estere, e si trovarono in difficoltà. Infine, ed è forse la riflessione più importante, da allora la Bce e l’Europa si sono dotate di una serie di misure e strumenti – compreso l’Europen Stability mechanism – che funzionano non solo da sostegno ma anche da deterrente per chi voglia mettersi a scommettere pesantemente contro uno Stato europeo”.
“Tuttavia il fatto di avere il terzo debito pubblico mondiale rende l’Italia più vulnerabile a qualsiasi tensione. E un aumento da 200 a 300 punti dello spread si tradurrebbe solo in un anno in un aggravio della spesa per interessi di circa 4 miliardi”.
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