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Rinnovabili prima fonte di energia nel 2020. Il nuovo piano energetico nazionale

di Warsamé Dini Casali |17 Ottobre 2012 9:47

Sen, il nuovo piano energetico nazionale: nel 2020 le rinnovabili prima fonte di energia elettrica

ROMA – Nel 2020 le rinnovabili saranno la prima fonte di energia elettrica in Italia, come o forse più del gas, i consumi primari di energia saranno ridotti di un quarto, saremo meno dipendenti dall’estero, risparmieremo fino a 19 miliardi sulle bollette, saranno creati 25 mila nuovi posti di lavoro attraendo investimenti privati i parte supportati da incentivi. E’ l’ambizioso piano energetico nazionale contenuto del disegno di legge sulle semplificazioni appena varato dal Governo Monti.

Si chiama Sen, Strategia energetica nazionale: il primo serio programma complessivo dal 1988 ad oggi. 116 pagine che resteranno a disposizione del Parlamento altre sei settimane, un’eredità pesante dell’esecutivo Monti da lasciare ai prossimi governi. “Trasformeremo l’Italia in un hub mediterraneo del gas” annuncia il ministro dello Sviluppo Economico Passera, che ha coordinato la messa a punto e il riordino del comparto energia. Obiettivi ridurre i costi per imprese e cittadini allineandoli agli standard europei. La strategia punta ad affrontare sette priorità:

  • Efficienza. Permettere alle case di risparmiare energia e ridurre i consumi
  • Hub del gas. Sviluppare al massimo la competitività nel mercato del gas, divenire u polo strategico del sud Europa
  • Rinnovabili. Sviluppo di fonti alternative di energia: in particolare da fotovoltaico ed eolico ci aspetta che diventino la prima fonte di energia. 2012, gas 44%, rinnovabili 22%; 2020, gas 35/38%, rinnovabili 36/38%.
  • Raffinazione. Ristrutturazione degli impianti e delle reti di distribuzione dei carburanti
  • Idrocarburi. Incentivare la produzione sostenibile di prodotti petroliferi nazionali (più trivellazioni)
  • Governance. Aggiornamento dell’organizzazione interna del settore

Nonostante l’importanza di questo intervento complessivo, e il fatto che quasi 25 anni sono passati prima che un governo rimettesse le mani su un settore strategico dell’economia nazionale, vanno registrate anche gravi perplessità. Agli ambientalisti non piace la volontà di incrementare la produzione di petrolio nei nostri confini, non si fidano dei vincoli paesaggistici, temono la libertà di trivella. Non capiscono, infine, come si possa aumentare la quota di rinnovabili diminuendo gli incentivi. Confindustria plaude invece al piano, soprattutto perché l’approvvigionamento energetico costosissimo è una palla al piede per la competitività delle imprese. Non capisce però perché si sia utilizzato lo strumento del disegno di legge al posto di un più efficace e rapido decreto.

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