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Angela Lucanto, storia kafkiana di una bimba “Rapita dalla giustizia”

di admin |27 Gennaio 2014 17:15

Angela Lucanto, storia kafkiana di una bimba “Rapita dalla giustizia”

ROMA – Angela Lucanto, 25 anni, Masate (Milano): alle spalle una brutta storia di distacco forzato dai suoi genitori, bugie degli assistenti sociali, adozione… Una storia raccontata nel libro “Rapita dalla giustizia”, di Maurizio Tortorella e Caterina Guarneri, ripreso da Giovanni Terzi sul Giornale:

“An­gela aveva sei anni e si trovava a scuola quando il ventiquattro no­vembre del 1995 dei Carabinieri, in divisa, con un assistente sociale en­trarono in classe e, prelevandola la portarono in un Istituto di Milano gestito dal Cismai (acronimo che sta per Centro Italiano contro il Maltrattamento e l’abuso dell’In­fanzia). Di fronte al terrore di Ange­la che gridava e chiamava i propri genitori, l’assistente sociale con­trappose immediatamente una pri­ma menzogna: «Stai serena i tuoi genitori sanno tutto».

Perché i carabinieri portarono via Angela? Perché suo padre era accusato di abusi sulla figlia e sulla cugina: l’uomo fu arrestato e processato:

“Dopo l’arresto del padre, ad Angela fu fat­to capire come l’unico modo per ri­vedere almeno la madre era di ac­cusare il padre di orrori e abusi che mai le furono commessi. Mentre, per quasi due anni, Angela rimase in un Istituto dove non le fu consen­tito di vedere i propri genitori, il pa­dre fu costretto per due anni e mez­zo a rimanere in carcere prima di essere liberato con una sentenza assolutoria”.

Il padre riuscì a dimostrare la falsità di quelle accuse infamanti. Ma intanto era rimasto stritolato dagli ingranaggio del procedimento penale, che gli aveva tolto sua figlia:

“Purtroppo però le accuse infa­manti nei confronti del padre e il lungo tempo della Giustizia, rese­ro adottabile Angela e fecero perde­re alla famiglia naturale la patria potestà. La mamma di Angela, Raf­faella, disperata per non aver più ri­visto la figlia de­cise un giorno di in­catenarsi fuori dalla struttura dove abitava la figlia. Il risultato di que­sto clamoroso gesto fu il trasferi­mento di Angela in una struttura per l’infanzia a Genova, dove le fu­ro­no raccontate altre terribili men­zogne nei riguardi dei suoi genitori naturali. «I tuoi genitori non ti cer­cano» o peggio ancora «i tuoi geni­tori sono morti» era questa la mo­dalità con cui gli assistenti sociali si interfacciavano con la piccola An­gela. Assieme alle ripetute e volute menzogne Angela è costretta a vive­re per quasi due a­nni in una struttu­ra di Genova dove il tempo è scandi­to da regole ossessive inadatte a una bambina di nove anni. Angela era costretta a fare i letti, a lavare i piatti e a mettere a letto i bambini più piccoli; chi sbagliava veniva pu­nito con cento flessioni. Era questo un luogo per la tutela dell’infanzia!

Un ricordo che Angela racconta è quello della sua intolleranza al lat­te che non le permettev­a di assume­re qualsiasi bevanda che contenes­se lattosio; così un giorno l’assisten­te sociale decise di non darle più nulla da mangiare fino a quando non avesse bevuto tutto il latte”.

Neanche con l’adozione le cose vanno meglio per Angela:

“Un giorno la direttrice dell’Istituto chiamò Angela per farle presente che era stata adottata. Un’adozio­ne che nasceva all’interno del Tri­bunale in accordo con gli assistenti sociali, un’adozione che non ave­va mai visto incontrare la piccola Angela con la sua futura, nuova, fa­miglia. […] La famiglia adottiva di An­gela ha già tre figli, due adottati (An­gela è la terza) ed uno naturale. An­gela non si trova bene in questa fa­miglia […] La nuova famiglia […] applica regole comporta­mentali diverse tra i tre figli adotti­vi e l’unico figlio naturale. […]

Poi, finalmente Angela ritrova mamma, papà e fratello. Lo Stato però continua a frapporsi fra lei e la sua famiglia naturale:

“Intanto i geni­tori di Angela continuano a cerca­re la figlia senza però ottenere nes­sun risultato. Passano così nove lunghi anni ed Angela ormai quasi maggiorenne è rintracciata e trova­ta, in spiaggia ad Alassio, dalla sua famiglia naturale. Il timore di cau­sare un forte shock emotivo fa si che ad avvicinare Angela sia il fra­tello con una lettera dei genitori e delle foto che la ritraggono assie­me a loro prima di quel giorno di novembre di undici anni prima. Angela decide di scappare da quel­la famiglia cercando conforto con il Giudice della sentenza che però le consiglia di aspettare sei mesi nella famiglia adottiva attendendo la maggiore età per evitare il ritor­no nella struttura protetta. Angela non ascolta, questa volta, quello Stato che le ha raccontato per qua­si dodici anni menzogne, quello Stato che le ha rubato già l’infanzia e l’adolescenza e che ancora oggi non ha saputo prendere provvedi­menti verso chi, volontariamente e pervicacemente, ha sbagliato. Angela torna dai suoi genitori fuggendo dalle leggi per ricongiun­gersi con le persone che nonostan­te tutto ha sempre amato”.

Ecco un video in cui Angela Lucanto racconta la sua storia:

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