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Agcom, 1 su 3 non usa internet, Lte stenta. Editoria: perso 1 mld nel 2012

di Daniela Lauria |9 Luglio 2013 12:04

Il presidente Agcom, Angelo Cardani (Foto Laprese)

ROMA – “Le nuove reti stentano a svilupparsi in Italia”, ha detto il presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, che si rammarica del quarto posto raggiunto dal nostro Paese nella “non invidiabile classifica del numero di individui che non ha mai avuto accesso al web”. Un italiano su tre non usa internet e lo sviluppo digitale viaggia a doppia velocità: una fetta di popolazione resta ai margini della rete, mentre le reti fisse di nuova generazione restano al palo e Lte stenta.

Nella sua Relazione annuale Cardani illustra un Paese tutt’altro che all’avanguardia dal punto di vista delle nuove reti ma che a fronte di un mercato dell’Editoria in forte crisi, si arricchisce proprio sull’online, dato in costante crescita sebbene l’incidenza dei prodotti dell’editoria digitale risulti ancora troppo contenuta per compensare il declino in atto.

Proseguendo nell’analisi del ritardo con cui procede la diffusione delle nuove reti, Cardani riferisce che “sopra i 10 mega la sottoscrizione media al 2012 in Europa è del 59%, da noi ristagna al 14%. Non pervenuta quella per le connessioni sopra i 30 mega. Non pervenuta la fibra, né la cablatura de distretti. Non pervenuta la catch-up tv, né il video on demand”.

Il presidente individua quindi uno “scollamento tra prospettive di domanda e di offera che non può rimanere insoluto: merita diagnosi accurate e risposte a livello di sistema che ancora non sono arrivate”.

Quanto all’accesso alle nuove tecnologie, Cardani sottolinea che “esistono diverse velocità: i dati complessivi nazionali sono sempre meno idonei a spiegare fenomeni multiformi. Tanto che reddito, istruzione ed età sono le categorie di spiegazione più rilevanti”.

Scorporo rete Telecom “coraggioso e innovativo”. Cardani poi si sofferma sul nodo dello scorporo della rete Telecom, coraggioso e innovativo” e “tanto più sarà ampio (con il perimetro degli asset ceduti comprendente anche elementi attivi di rete) e profondo (verso una separazione effettiva del controllo), tanto più il dividendo regolamentare potrà essere significativo”.

“Negli ultimi anni – spiega il presidente dell’Authority – gli investimenti in reti di nuova generazione hanno avuto il fiato corto; l’Italia sconta tra l’altro l’assenza di un mix di tecnologie che esiste negli altri Paesi. L’Autorità – quindi – dovrà saper trovare il giusto equilibrio tra l’obiettivo di promozione della concorrenza e l’incentivazione agli investimenti, considerando che non tutte le aree del Paese presentano stessa redditività”.

Gli strumenti saranno semplificazione amministrativa, diversificazione delle tecnologie: insomma, “regole economiche e tecniche che tengano conto dell’efficienza dinamica del mercato e delle potenzialità della concorrenza. La separazione della rete d’accesso e il modello di equivalence of input possono costituire in tal senso un’opportunità, se finalizzate a promuovere lo sviluppo delle reti di nuova generazione, con tempi e azioni guidati dalle imprese e a condizioni paritetiche”

Ma il 2012 è stato anche l’anno del sorpasso di Sky, la pay tv satellitare, ai danni di Mediaset e Rai in cima alla classifica dei ricavi. Così come è stato l’anno del crollo della spesa per comunicazioni e quello delle difficoltà all’accesso della rete internet. Al secondo posto per ricavi c’è Mediaset, che però segna la flessione maggiore, e quindi la Rai, terza per ricavi e seconda per flessione annua.

Le stime Agcom riferite al 2012 parlano di un totale ricavi televisivi pari a 8 miliardi 224 milioni 190mila euro, che nella suddivisione si traducono in 2 miliardi 631 milioni e 620mila euro per Sky, con una flessione dell’1,4% “a riprova – dice la relazione dell’Agcom – della maggiore capacità di tenuta della televisione a pagamento”. Per Mediaset invece ricavi pari a 2 miliardi 487 milioni e 790mila euro, con flessione però di ben il 13,2%. Poi la Rai con ricavi pari a 2 miliardi 343 milioni 180mila euro e flessione annua del 7,5%. Le voci delle entrate di Sky e Mediaset sono pubblicità e offerte pay, mentre per il servizio pubblico le voci sono quelle del canone (nel 2012 pari a 1 miliardo 643 milioni 230mila euro) e della pubblicità, pari a 683 milioni 560mila euro. Sul totale dei ricavi, Sky è a quota 32%, contro il 30,2% di Mediaset e il 28,5% della Rai. Per un’incidenza sul totale pari al 90,5%. Il restante circa 10% dei ricavi televisivi è disperso tra un elevato numero di emittenti in chiaro e a pagamento, di rilievo nazionale o locale, tra cui spicca il gruppo Telecom Italia.

La riduzione dei ricavi complessivi della televisione è da imputarsi principalmente a un drastico calo della raccolta pubblicitaria. A tal proposito, mentre nel 2010 si era assistito a una ripresa degli introiti pubblicitari, il 2011 ha visto una stagnazione dei medesimi aggravatasi nel 2012 con una flessione che l’Agcom stima essere pari al 17,9%. Eppure la pubblicità rimane la principale fonte di finanziamento dei servizi audiovisivi su mezzi tradizionali, soprattutto della televisione in chiaro, con una quota del 42,2% delle risorse totali. Anche l’offerta pay appare interessata dalla congiuntura economica negativa, sebbene in maniera assai più contenuta, con una riduzione stimata pari all’1,4%.

Infine, da un’analisi comparata dei ricavi pubblicitari nei vari comparti del settore media nel 2012, si evince che è in crescita soltanto la componente Internet, con un +10.3% (da 1,407 miliardi del 2011 a 1,552 miliardi). In calo tutte le altre voci.

Segno negativo per i ricavi pubblicitari degli altri comparti: -17.9% per la tv (da 4,221 miliardi del 2011 a 3,467 miliardi del 2012), -7.1% per la radio (da 565,81 milioni a 525,49 milioni), -19.1% per l’editoria (passata dai 2,649 miliardi del 2011 ai 2,143 miliardi del 2012, con un -16% per i quotidiani e un -22.4% per i periodici); -20% per gli annuari; -18.7% per il cinema; -12.5% per la pubblicità esterna.

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