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Kafka al Corriere della Sera? Cdr: “In consiglio Rcs il banchiere di Recoletos”

di FIlippo Limoncelli |4 Maggio 2015 12:35

Il Corriere della Sera

MILANO – Il giudizio di Ernesto Menicucci sulla gestione e sugli azionisti di Rcs Media Group, editore del Corriere della Sera, è durissimo:

“Quello che sta accadendo al Corriere è degno di un racconto kafkiano: La Metamorfosi. Da baluardo dell’informazione libera a brand multitask, multiuso, buono per commercializzare qualsiasi tipo di prodotto: vendita di biciclette, di lampade, sponsorizzazioni di corse ciclistiche per ricchi sceicchi di Dubai, scommesse sportive on line. Un Corriere-Ogm: modificato geneticamente, appunto”.

Con queste parole, Ernesto Menicucci, a nome del comitato di redazione del Corriere della Sera, il sindacato interno dei giornalisti, ha detto quello che pensano i giornalisti del Corriere della Sera e non solo loro, sulle disavventure del gruppo editoriale di cui fa parte il loro giornale:

“Cari azionisti, una sfida ve la lanciamo noi: fateci fare il nostro mestiere, fino in fondo. Ma voi, al di là delle belle parole sul power brand, siete pronti a raccogliere questa sfida investendo sull’informazione di qualità? Il primo banco di prova sarà la selezione del nuovo direttore, che auspichiamo avvenga sulla base delle sue capacità di innovare e insieme di rispettare i principi della nostra tradizione e non in base alla disponibilità ad usare le forbici”.

Signor presidente, gentili azionisti, nella sua lunga storia e tradizione, dal 1876 ad oggi, il Corriere della Sera ne ha viste e raccontate tante: dai primi anni del Regno d’Italia alle due guerre, dal regime fascista a Tangentopoli, dallo sbarco sulla Luna al crollo delle Torri Gemelle.

Abbiamo vissuto momenti belli e brutti, oscuri e radiosi. Ma probabilmente mai abbiamo assistito al tentativo che (evidentemente grazie al vostro appoggio) da qualche anno viene portato avanti: la mutazione genetica di un patrimonio storico, culturale e sociale del nostro Paese. Simbolo dell’informazione indipendente, autorevole, di qualità. Un disegno per descrivere il quale ci vorrebbe la penna di una delle nostre storiche firme: Dino Buzzati, Indro Montanelli, Pier Paolo Pasolini o forse Luigi Pirandello.

Quello che sta accadendo al Corriere è degno di un racconto kafkiano: La Metamorfosi. Da baluardo dell’informazione libera a brand multitask, multiuso, buono per commercializzare qualsiasi tipo di prodotto: vendita di biciclette, di lampade, sponsorizzazioni di corse ciclistiche per ricchi sceicchi di Dubai, scommesse sportive on line. Un Corriere-Ogm: modificato geneticamente, appunto. Che dell’originale, mantiene sì la forma, magari l’aspetto (anche se rimpicciolito), ma che rispetto all’originale rischia di perdere completamente la sua identità. Un concetto forse antico, in realtà modernissimo.

Senza quella identità, senza lo “stile Corriere” che ci contraddistingue, difficilmente potremo continuare ad essere – come siamo ancora – leader dell’informazione di qualità. E se non saremo più leader, cari azionisti, il problema non sarà più solo nostro, dei nostri posti di lavoro o della perdita che subirà l’informazione e la cultura di questo Paese.

Il problema sarà anche vostro perché in tutto il mondo si è capito che in futuro solo un’informazione di qualità e di eccellenza sarà ancora in grado di produrre utili.In questi ultimi due anni abbiamo assistito a cose, come si diceva in un celebre film, che “voi umani non potete neppure immaginare”.

La vendita del palazzo storico di via Solferino, una ferita che il tempo che passa non potrà rimarginare.

Il pensionamento anticipato di molti dei nostri colleghi.

Le liti furiose, a colpi di interviste e anche querele, tra alcuni dei principali soci di Rcs.

La ventilata vendita della Rcs Libri, alla quale speriamo che il nuovo Cda decida di opporsi.

Il lungo addio del direttore Ferruccio de Bortoli, congedato quasi un anno fa, come se ad una squadra di calcio si dicesse ad inizio stagione che l’allenatore andrà via.

Il folle acquisto del gruppo spagnolo Recoletos, la zavorra che ha affossato i conti dell’azienda.

Pensavamo che quello, anche per voi, fosse l’origine di tutti i mali.

E speravamo che, a distanza di tempo, aveste capito l’errore.

Poi, però, abbiamo scoperto che nella lista del nuovo Cda viene inserito anche il banchiere che è stato, secondo le cronache e secondo le risposte fornite in passato da questa assemblea, uno dei principali artefici di quella operazione che vi, e ci, ha fatto perdere 846 milioni di euro.

Perdonateci, ma qualche dubbio ci viene.

A meno che non si tratti di una strana applicazione del contrappasso dantesco: Ci hai danneggiato? Bene, adesso vieni qui a dirci come ne usciamo.

Come ne usciamo? Non certo con la scorciatoia di altri tagli. C’è un limite, già raggiunto, invalicabile.

Il valore aggiunto del Corriere della Sera non sono le iniziative, ancorché creative, a margine, ma le notizie e il patrimonio di conoscenza che offre chi, in questi anni di sacrifici, non si è tirato mai indietro, mostrandosi disponibile all’innovazione e rinunciando anche a parte della retribuzione.

Siamo convinti che possiamo contribuire al rilancio di questa azienda in un altro modo, come catalizzatore di guadagni e non come patrimonio di famiglia da svendere pezzo dopo pezzo.

Altrimenti, cari azionisti, una sfida ve la lanciamo noi: fateci fare il nostro mestiere, fino in fondo. Ma voi, al di là delle belle parole sul power brand, siete pronti a raccogliere questa sfida investendo sull’informazione di qualità?”.

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