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Schettino un’ora al telefono con Costa. In quanti non seppero cosa fare?

di admin |18 Gennaio 2012 15:09

Francesco Schettino al suo posto di comando sulla Costa Concordia (Lapresse)

ROMA – La prima vittima dei cellulari sono stati i telefoni fissi. Ora, con la cronaca del naufragio del Costa Concordia, si scopre che anche la radio è stata soppiantata dal telefonino. “Attaccato al cellulare”, così è stato descritto il comandante della nave naufragata Francesco Schettino. L’ora intercorsa tra l’impatto con lo scoglio e l’abbandono della nave il comandate l’avrebbe infatti passata al telefono, con buona pace dell’apparato radio. Ma al telefono con chi?

Quando la Costa Concordia ha impattato Le Scole Schettino stava parlando via cellulare con l’ex comandante Palombo, probabilmente per annunciargli “l’inchino”. Ma importante sarebbe sapere con chi, e soprattutto di cosa, ha parlato Schettino dopo l’impatto con gli scogli. Anche perché, con ogni probabilità, quelle frenetiche conversazioni telefoniche sono almeno parte della spiegazione del ritardo nel dare l’allarme.

Tra il momento dello scontro con gli scogli, avvenuto intorno alle 21.45, e il momento in cui è stato definitivamente e ufficialmente dato l’allarme alle 22.58, è passata più di un’ora. Durante quell’ora è partito, ancora grazie ai cellulari, l’allarme ufficioso: la telefonata di una passeggerà che ha chiamato la madre che a sua volta ha contattato i carabinieri che si sono messi in contatto con la capitaneria di porto. Molti passeggeri poi si sono affrettati a fare foto e video con i loro cellulari. E anche il comandate Schettino ha passato quell’ora al telefono. Telefonate, è facile immaginare, concitate. Telefonate con l’unità di crisi della Costa e con la Costa stessa. Al telefono con l’armatore e proprietario della nave quindi. E cosa si sono detti?

Quell’ora che Schettino passa al telefono è l’ora in cui succede di tutto. E’ l’ora in cui il comandante della Concordia da probabilmente il peggio di sé e l’ora in cui si cuce addosso il ruolo del “cattivo”. In quell’ora Schettino omette di allertare le autorità competenti e di dare l’allarme, anzi minimizza l’accaduto parlando di avaria elettrica. Non effettua, a quanto pare, nessuna manovra per cercare di salvare nave o passeggeri. Non getta l’ancora che sarà calata in acqua solo molto tempo dopo. Non dà l’ordine di abbandonare la nave quando questa è ancora in assetto e quando sarebbe stato quindi molto più semplice ammarare le scialuppe. Ordine di abbandono che sarà, di fatto, dato dai suoi subalterni prima che da Schettino.

Il comandante appare quasi paralizzato, probabilmente dal panico, dalla paura, dall’indecisione. Paralisi che potrebbe aver trasmesso anche ai suoi interlocutori telefonici, o che loro potrebbero aver contribuito a creare in lui. Certo è che Schettino e la Costa, nelle sue varie emanazioni, in quell’ora si sono ampiamente parlati. Colloqui legittimi, ovvi e doverosi. Ma di certo lunghi, troppo lunghi. E di fatto capaci di prolungare pericolosamente esitazioni ed indecisioni. Tre telefonate sono intercorse tra Schettino e Roberto Ferrarini, manager delle operazioni marittime e dell’unità di crisi della Costa. Cosa si sono detti? Hanno concordato qualcosa? Schettino ha “sprecato” il suo tempo di comandante utilizzando quell’ora tra l’impatto e l’allarme solo come “dipendente” della Compagnia? Logico pensare che avranno cercato di capire l’entità del problema e di trovare una possibile soluzione. Anche se appare evidente che non l’hanno trovata e anzi, con la sua inoperosità e la sua indecisione, Schettino altro non ha fatto che peggiorare la situazione. La sua, quella dei passeggeri e quella della nave. Un video girato dalla Guardia di Finanza attesta che alle 22,35 nave Concordia è “in assetto”, cioè dritta e non inclinata. Dunque può calare già in quel momento le scialuppe, ma l’ordine non arriva se non dopo, quando la nave è drammaticamente inclinata.

Minuti di ritardo in cui Schettino è al telefono, telefono cellulare che “incornicia” il naufragio del Concordia, cominciato con la telefonata tra Schettino e Palombo e che si conclude, idealmente, con la conversazione tra il comandante della nave e De Falco della capitaneria di Livorno e il suo “vada a bordo cazzo”. L’inizio e la fine sono noti, quello che sta in mezzo no.

 

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