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“Licenziate” 800mila donne incinte. Stop alla strage delle mamme?

di admin |4 Gennaio 2012 15:33

Elsa Fornero (Lapresse)

ROMA – L’allora governo Prodi aveva provato a mettere un argine. Il successivo esecutivo guidato da Berlusconi, con Maurizio Sacconi al ministero del lavoro, quell’argine lo aveva sgretolato e così una pratica scorretta e meschina è tornata a dilagare. La pratica in questione è quella delle cosiddette “dimissioni in bianco”: l’abitudine per cui al momento della firma del contratto di lavoro, all’assumendo, viene fatto firmare anche un altro foglio, senza data, di dimissioni. Dimissioni in bianco quindi che il datore di lavoro conserva in un cassetto, pronto a sfruttarle al momento per lui più opportuno. Momento che spesso coincide con la gravidanza delle lavoratrici. Non è un caso infatti che le statistiche parlino di oltre 800 mila donne incinte costrette ad abbandonare il posto di lavoro. Da allora, da quando nel 2008 il governo Berlusconi aveva voluto abrogare con un decreto d’urgenza la legge che tutelava le lavoratrici dalle dimissioni in bianco, nulla più è stato fatto, e la pratica è andata avanti sostanzialmente accettata, a malincuore o meno, da tutti. Ieri (3 gennaio 2012) sulla questione è intervenuta Elsa Fornero, ministro del lavoro con delega alle pari opportunità: “Il governo interverrà presto sulla pratica delle cosiddette “dimissioni in bianco”.

Da più parti, e da tempo, la Fornero veniva sollecitata sul problema delle dimissioni in bianco. Lettere di donne di varie estrazioni. Dichiarazioni di politici. L’appello del segretario della Cgil Susanna Camusso. Anche se le proteste per le dimissioni in bianco erano cominciate ben prima dell’insediamento del nuovo governo. C’era stata una vera e propria sollevazione quando, tre anni e mezzo fa, il governo Berlusconi aveva voluto abrogare con un decreto d’urgenza la legge che tutelava le lavoratrici dalle dimissioni in bianco. Legge che era stata varata appena un anno prima, nel 2007, dal governo di Romano Prodi. L’esecutivo di centrodestra la cancellò bollandola semplicemente come “burocratica”.

Ad onor del vero quella legge se non aveva risolto il problema, di certo qualche argine l’aveva messo a quella pratica disumana delle dimissioni, riservata praticamente soltanto alle donne. Anzi: alle donne in gravidanza. Assurda, la pratica: al momento dell’assunzione ad una lavoratrice vengono messi davanti il contratto e, contemporaneamente, un foglio per firmare, appunto, le dimissioni in bianco. Ovvero un foglio di dimissioni senza alcuna data che il datore di lavoro può perciò usare in qualsiasi momento decide di farlo. Nella maggior parte dei casi quelle dimissioni in bianco vengono tirate fuori dal cassetto nel momento in cui la lavoratrice dichiara di essere rimasta incinta. La legge del 2007 aveva stabilito una cosa molto semplice: le dimissioni volontarie sarebbero state considerate valide soltanto se compilate su appositi moduli distribuiti esclusivamente dagli uffici provinciali del lavoro e dalle amministrazioni comunali. C’era una progressione alfanumerica su quei moduli ufficiali. Una progressione che, di fatto, rendeva impossibile la compilazione al momento dell’assunzione.

Adesso Elsa Fornero sembra orientata a ripristinare qualcosa di simile. Ha detto infatti: “Il ministero sta studiando i modi e i tempi di un intervento complessivo a carattere risolutivo e che, grazie anche all’uso delle tecnologie informatiche, possa garantire in caso di dimissioni la certezza dell’identità della lavoratrice, la riservatezza dei dati personali e, soprattutto, la data di rilascio e di validità della lettera di dimissioni”. “La pratica delle dimissioni in bianco pesa fortemente e negativamente sulla condizione lavorativa delle donne e sulla loro stessa dignità, costituendo una vera e propria devianza dai principi di libertà alla base della società civile”. Per questo il ministro ha deciso di prendere provvedimenti: “Questo intervento comprenderà un’azione di sensibilizzazione volta a restituire piena parità e dignità al lavoro delle donne, considerato un fattore di crescita indebitamente compresso”.

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