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Senato alla destra, Regione ad Ambrosoli. Voto disgiunto in Lombardia?

di Riccardo Galli |19 Luglio 2022 14:48

MILANO – Lombardia e Piemonte. Due pilastri della “Macro Regione” leghista del Nord che vacillano, due stazioni del Maroni-treno “Prima il Nord” che rischiano di restare senza capo stazione. Già, perché in Lombardia tira una strana aria: nei salotti e nei tinelli, in tram al bar, in metro, in ufficio o in azienda sono in molti a raccontartela, anzi a spifferartela visto che di “aria” si tratta. Aria di Senato che va alla destra e di Regione che va ad Ambrosoli, aria di voto disgiunto soffiata da un sacco di gente. Aria di: la sinistra al governo non la voto ma Maroni governatore della Lombardia anche quello non lo voto. E il Piemonte? Lì si rischia, per carità è solo un rischio ma si rischia un effetto Batman alla Regione, un Batman però non da Anagni ma da Novara.

Lombardia e Piemonte:  da queste due Regioni il centrodestra a traino Lega sarebbe dovuto ripartire. Alla conquista e dominio del Nord. Leader la Lega nella edificanda Macroregione del Nord, quella più ricca e produttiva, Piemonte, Lombardia e Veneto insieme unite e leghiste, magari con la ruota di scorta del Friuli del Pdl. Macchina e ruota, anzi Tir e crik  per domare Roma. Rischia però questo piano di sfaldarsi. Schiacciato dal peso delle inchieste che stanno travolgendo la gamba piemontese della creatura e dal peso di un candidato di centrosinistra al Pirellone, Umberto Ambrosoli, potenzialmente capace di sconfiggere persino un big come il segretario della Lega Nord Roberto Maroni.

Il nome di Umberto Ambrosoli, candidato del centrosinistra alla regione Lombardia, è il primo elemento che può buttar per aria i piani di Silvio Berlusconi e soci. Se poi a questo nome si aggiunge la possibilità del voto disgiunto, e gli inviti a questo arrivati da più parti, la possibilità cioè di votare per un candidato governatore diverso dal partito a cui si vuol dare la preferenza, ecco che le possibilità del centrodestra di perdere il Pirellone si fanno più concrete. Il voto disgiunto: quello del non foltissimo elettorato “montiano” che converge su Ambrosoli e non su Albertini. Ma anche quelli dei non molti “ingroiani” pronti a fare la stessa cosa. E anche quello che si profila anch’esso disgiunto di non pochi elettori “grillini”. Funziona così: alle politiche voto per la “mia” scelta: Grillo, Ingroia o Monti che sia. Ma alle contemporanee regionali per il governo della Lombardia voto per il meno distante da me che è Ambrosoli e non certo Maroni. Funziona, funzionerebbe così, pare stia funzionando.

 Poco più ad est, in Piemonte, non meglio vanno le cose per Lega e soci. Qui il governo regionale è già in mano al centrodestra e non ci sono elezioni all’orizzonte. Eppure anche la gamba piemontese della macroregione vacilla. Insidiata non da un candidato “migliore”, ma dal peso delle inchieste che coinvolgono l’attuale giunta. Corruzione, concussione e abuso d’ufficio. Accuse indirizzate all’ex sindaco di Novara e attuale assessore della giunta Cota Massimo Giordano. Accuse tutte da verificare per carità, ma accuse che seguono voci, esposti ed indagini. Accuse quindi non piovute dal cielo per chi la zona abita e accuse che non sono le prime che coinvolgono il governo regionale. L’assessore Giordano, dopo aver saputo di essere indagato, ha rassegnato le dimissioni, subito respinte e da lui riconfermate. Ed immediatamente è scattata la difesa, quasi istintiva, dei colleghi di partito leghisti. Mentre un po’ più fredda è stata quella degli altri alleati.

E sono proprio gli alleati di Cota a far sapere, racconta La Stampa, che è difficile che la giunta possa resistere in queste condizioni. Tra l’altro a giugno, tra soli 4 mesi, è atteso il verdetto della Cassazione sulla vicende firme false che riguarda la giunta piemontese. Nel caso di condanna sarebbe questa definitiva e aprirebbe la porta all’annullamento del voto come da tempo chiede l’ex governatrice Mercedes Bresso. Un fardello non da poco per quella che doveva essere il bastione est della fortezza legonordista.

Vittoria di Ambrosoli in Lombardia? Sarebbe un risultato per alcuni versi clamoroso, clamoroso non perché l’attuale giunta guidata da Roberto Formigoni si sia distinta per meriti particolari, caduta anch’essa sotto il peso degli scandali come quella laziale, ma clamoroso perché il candidato del centrodestra risponde al nome di Roberto Maroni ed è il segretario della Lega Nord. E clamoroso perché un governo di centrodestra in Lombardia è ormai quasi un’abitudine. Ancor più clamoroso, più sorprendente sarebbe lo scenario che rischia di divenir realtà solo tra pochi giorni.

Uno scenario dove Berlusconi potrebbe coronare il sogno sgambetto al Senato a Bersani proprio grazie alla conquista del premio lombardo in senatori, qui infatti il voto disgiunto non c’è ragione che scatti e quindi c’è scarsa o nulla possibilità che il centrosinistra sommi ai suoi voti parte di quelli montiani e grillini, conquistando l’obiettivo a cui aspira sin dall’alba di questa campagna elettorale: il premio di maggioranza lombardo al Senato. Uno scenario dove Berlusconi potrebbe trovarsi, allo stesso tempo, orfano però dei due governi regionali a cui tanto teneva e che rappresentano o rappresentavano la base territoriale, condivisa con la Lega, da dove ripartire. Uno scenario figlio almeno in parte del voto disgiunto e che non farebbe la felicità nemmeno di Bersani e soci. Il centrosinistra si ritroverebbe, se così andasse a finire, alla guida di due regioni fondamentali, ma ancora orfano di una maggioranza al Senato. Uno scenario che buon può essere sintetizzato con la formula dello “strano caso della regione Lombardia”.

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