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Vendola con il 15% perde le primarie, ma sta a vedere che vince il governo

di Alberto Francavilla |27 Novembre 2012 14:44

Nichi Vendola

ROMA –Ha chiesto “profumo di sinistra”, dalle urne delle primarie ne è venuta appena qualche goccia, nel programma di governo del centrosinistra potrebbe essercene un intero flacone. A dar retta ai numeri Nichi Vendola ha perso, è stato “eliminato” dalle primarie del centrosinistra. Gli elettori del Pd e del centro sinistra in genere hanno giudicato le idee vendoliane non buone, almeno non per governare e per fare dell governatore della Puglia il candidato premier, 15% non di più. Questo però non vuol dire, al contrario di quello che sarebbe legittimo credere, che Vendola e le sue proposte siano gli sconfitti di questo primo turno delle primarie. Anzi, paradossalmente, rischiano di esserne i vincitori.

Che dalla consultazione interna al centrosinistra per scegliere il prossimo candidato premier uscissero vincitori, in termini di voti, Pierluigi Bersani e Matteo Renzi se lo aspettavano tutti. Così come più o meno tutti erano certi che Vendola avrebbe raccolto più consensi di Bruno Tabacci e Laura Puppato, accreditandosi come terzo, seppur staccato. I risultati hanno in questo perfettamente rispettato le attese, e forse perché così annunciati pochi si sono soffermati sul significato politico di questo risultato.

I 485 mila voti raccolti da Vendola certificano che le sue posizioni contrarie al pareggio di bilancio, al relativo Trattato europeo e alle riforme varate dal governo Monti non sono condivise che da una piccola porzione dell’elettorato di centrosinistra. E se anche la maggioranza di chi alle urne si è recato ha votato contro le posizioni radicali del leader di Sel, quegli stessi elettori potrebbero ritrovarsi almeno in parte quelle idee nel programma di governo. E questo perché tra pochi giorni ci sarà il ballottaggio, e il segretario del Pd Pierluigi Bersani, nonostante sia forte di 9 punti di vantaggio, non è affatto sicuro della vittoria e cerca di raccogliere consensi tra chi al primo turno ha votato Vendola.

Ma l’appoggio del leader di Sel non è gratuito, e quella che è di fatto una minoranza può quindi a questo punto influire in modo decisivo su carattere, programma e persino composizione del futuro governo. Vendola ha già detto che in cambio del suo appoggio vuole sentire “profumo di sinistra”. Cioè vuole che almeno parte delle sue posizioni diventino di Bersani. Quelle posizioni già bocciate da quelli che, in Italia e all’estero, temono che una maggioranza così non regga alla prova del terzo debito pubblico del mondo.

Vendola e la sua “sinistra estrema” rischiano quindi, da sconfitti, di diventare arbitro e vincitore delle primarie. Ribaltando, in qualche modo, il responso delle urne. Responso definitivo che è ancora lontano da venire. Al ballottaggio mancano ancora diversi giorni. Giorni in cui i duellanti Renzi e Bersani faranno di tutto per assicurarsi qualche voto più. Il pronostico dice Bersani ma, tra scontri tv, polemiche su chi può e chi non può votare al secondo turno e incognite varie il risultato è tutt’altro che scontato.

Tra i duellanti è ovviamente Renzi quello ha maggior interesse a smuovere le acque, fare confronti tv e aprire le porte del ballottaggio a chi non ha votato al primo turno. Deve recuperare il sindaco di Firenze e per farlo ha poco tempo a disposizione. Oltre al confronto in Rai ha già dato Renzi la sua disponibilità anche per Mediaset e La7, e stamattina (martedì 27 novembre) è intervenuto a Canale5.

“Se volevo andare via, andavo via prima. I sondaggi dicono che un nostro raggruppamento potrebbe avere come minimo il 12% e un margine del 20-25%. Se volevo farmi una pattuglia di parlamentari e diventare come uno di loro mi facevo il partitino. Ma non ci credo, è ora di finirla con quelli che pensano che la politica serve a sistemare se stessi”, ha detto il rottamatore che ha citato anche Vendola: “I giornali dicevano che Renzi non sarebbe andato al ballottaggio e lo stesso Vendola mi accusava di essere una bolla mediatica -ha spiegato-. Prendiamo atto che era ricostruzione fasulla e non è un caso che io abbia preso tanti voti non solo in Toscana ma anche in zone rosse. Segno che abbiamo parlato ai delusi del centrosinistra, a quelli che non ne possono più”.

Più in disparte invece Bersani, chiamato in questo momento a difendere il vantaggio ottenuto al primo turno. In disparte perché, a differenza di Renzi, non ha Bersani bisogno d’attaccare ma in disparte anche perché, forse, conscio il segretario che un “accordo” con Vendola, per quanto necessario, non rispecchierebbe la volontà elettorale emersa domenica scorsa e rischia, se Bersani sarà premier, di rappresentare una seria ipoteca per la stabilità del futuro esecutivo.

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