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Cortei e polizia dal volto umano e democratico: per lo sputo basta un kleenex

di Giorgio Oldoini |8 Marzo 2024 9:46

Foto archivio Ansa

Cortei, manifestanti e polizia dal volto umano. A giudicare dalla partecipazione delle masse, le manifestazioni politiche più “popolari” erano quelle organizzate durante il fascismo. In Italia sono tutti fascisti, pensavano i sudditi di Giorgio VI che visitavano il nostro paese e constatavano che le lotte armate nelle terre e nelle fabbriche erano finite, che il governo applicava i principi keynesiani dell’intervento statale per creare occupazione, investiva nel sociale e contrastava il fenomeno della fame e del degrado.

L’Università esprimeva un premio Nobel che indicava al mondo le nuove frontiere della fisica. Il fascismo era considerato dagli inglesi la naturale risposta all’inettitudine della classe politica dell’età giolittiana. Peraltro, neppure Giolitti avrebbe potuto pensare ad un “trasformismo” paragonabile a quello del primo e secondo governo Conte.

Come si organizzavano le manifestazioni politiche durante il fascismo? Ti venivano a prendere sotto casa e venivi imbarcato in treno o in autobus fino alle piazze dove il Duce ammaliava le persone e ne plasmava le coscienze. Esattamente come avveniva nella Germania nazista, nell’Urss staliniana e in tutte le dittature durante l’epoca delle ideologie. I sistemi autoritari (vecchi e nuovi) organizzano sfilate a sostegno del regime. Con analoghe modalità sarebbero state organizzate le riunioni oceaniche del PCI, finanziate con i fondi neri di Mosca. In conclusione, i cortei “numerosi” non sono necessariamente espressione di democrazia.

I cortei politici nei paesi occidentali, servono per esprimere “dissenso” nei confronti dei governi e sono considerati espressione di libertà. Proprio negli Usa, durante la guerra in Vietnam, sorgevano ogni giorno movimenti di protesta. Le proteste continuarono per anni, perché il numero dei militari morti stava aumentando paurosamente: Kissinger dovette firmare gli accordi di Parigi.

Come si organizzano i cortei negli Usa? Dipende dalle finalità della manifestazione. Per ottenere fondi pubblici, a Washington i gruppi di imprese utilizzano società di servizi. Si tratta di un business vero e proprio: la società rilascia regolari quietanze dei versamenti fatti ai predicatori televisivi, alle varie Chiese (metodisti, cattolici, protestanti, islamici), alle comunità nere e sud americane o a gruppi isolati che garantiscono la partecipazione.

Allorché il poliziotto razzista di Los Angeles fabbrica false prove per incriminare i neri o ne uccide qualcuno per strada, la furia della popolazione si scatena in devastanti battaglie urbane, questa volta spontanee e incontrollabili. E’ grazie a queste sommosse che la classe politica americana ha approvato, in lunghi anni, le principali leggi sull’uguaglianza razziale negli States del sud.

In Europa, le principali contestazioni contro il governo per tutelare interessi di categoria, si sono verificate in Francia. Nel 1969 scoppiò una violenta protesta, guidata da Gérard Nicoud, da parte di commercianti e artigiani che si ritenevano vittime dalle politiche pubbliche. Nicoud e le sue truppe attaccarono l’ufficio imposte, imposero lo sciopero fiscale agli iscritti.

Gli agricoltori e i camionisti bloccarono le strade. Gli impiegati, durante gli scioperi chiudevano a chiave i padroni e applicavano gli scioperi selvaggi. Persino la polizia nazionale, considerata garante della legalità, minacciava di far volare il ministro dalla finestra. E ovunque le autorità pubbliche cedevano, sancendo cosi solo atti di forza.

Gli organizzati dei cortei politici a favore del popolo palestinese vogliono imporre una svolta al governo, che dovrebbe convincere gli Usa, l’Europa e la Nato ad abbandonare Israele al proprio destino, perché questo paese si è macchiato di crimini contro l’umanità. Insomma, il nostro governo dovrebbe astenersi in sede di voto all’Onu al pari dei paesi non allineati.

Problemi analoghi si pongono per la guerra in Ucraina, un popolo oppresso per il quale non è mai stato organizzato neppure un girotondo. Il che la dice lunga sull’attività capillare degli influencer russi: in nessuna nazione europea si sono svolti cortei per la morte di Navalny, un omicidio paragonabile a quello di Matteotti durante il ventennio fascista.

Alla base della contestazione politica si colloca un giudizio morale che sovrasta gli interessi delle singole nazioni. Chi protesta non entra nel merito delle strategie e dei diritti, esprime un sentimento più che una corretta valutazione.

Che la vittoria di Hamas e degli ayatollah abbia come conseguenza la scomparsa dello stato di Israele, non è preso in considerazione dai manifestanti. Chi finanzia questi movimenti politici? Senza una struttura, dopo un certo periodo il movimento si estingue.

La magistratura avvia sterminate indagini per capire come Renzi finanzi la “Leopolda” ma non si interessa di chi finanzia i “movimenti” apolitici, i più esposti al rischio di intervento di paesi esteri. Ad esempio sarebbe importante capire la natura dei finanziamenti al movimento delle “Sardine”, di fatto ormai estinto, che si definisce un “anticorpo della politica” ed è vicino ai partiti di sinistra.

Gli americani si pongono il seguente problema, tuttora irrisolto: “Se una minoranza vociante avesse contato più del congresso o della Casa Bianca, sedi della volontà popolare espressa attraverso libere elezioni, gli USA non sarebbero stati più un paese libero”. Infatti, che senso ha per il cittadino, andare alle urne ogni quattro anni, se poi le leggi si approvano in funzione delle protese organizzate? Se un deputato votasse sulla base dei cortei o dei sondaggi, basterebbe una burocrazia di carriera per guidare una Nazione.

Pochi rilevano che in Italia si sta formando un’opinione collettiva “non espressa nei cortei” che è stufa di pagare il prezzo del dissenso organizzato: gli scontri con la polizia si fanno più pesanti, si paralizzano le città dove i negozianti abbassano le serrande, le scuole si svuotano, le automobili e i bus non riescono a circolare.

Una manifestazione è tanto più riuscita quanti più disagi provoca alla popolazione civile. Noi ascoltiamo una minoranza protestataria, ma non sentiamo la voce del popolo reale. Basta un generale dell’Esercito che riprende il pensiero della gente qualunque, per mettere in crisi il sistema dei partiti. Sono i movimenti a determinare la fine della democrazia rappresentativa.

Il prezzo più alto lo pagano i partiti che sperano di trarre vantaggi dalle manifestazioni pubbliche, non modificano di un solo punto la percentuale di voti alle elezioni politiche e aumentano a dismisura l’assenteismo.

Passiamo infine ai controlli di polizia su scioperi e cortei in Italia. Un numero consistente di servitori dello Stato è utilizzata per fini non istituzionali: i poliziotti, che devono perseguire la criminalità comune, sono destinati ai controlli sulle manifestazioni e ai servizi di scorta. Una manifestazione richiede la presenza di “vigilanti” che indichino alla polizia i disturbatori ossia gli “infiltrati” come i Black Block durante il G8 di Genova.

Tutte i grandi scioperi del passato erano gestiti da operai addestrati a espellere i disturbatori. Come vorresti che fosse un poliziotto? Se pensi allo sceriffo di certe contee Usa, fai la figura del reazionario o del giustiziere fai da te. Per iscriverti al club dei democratici doc, devi anzitutto riconoscere che il delinquente è una vittima del “sistema” e che il protestatario politico è persona disinteressata e di elevati ideali.

Da queste premesse doveva venir fuori una generazione di tutori dell’ordine dal “volto umano”, con la professionalità necessaria ad esercitare il “mestiere più bello del mondo”, in grado di garantire al cittadino la sicurezza senza la quale non può esserci libertà.

I poliziotti o i carabinieri che assumono iniziative per reprimere i reati, possono essere bloccati dalla magistratura? Mi riferisco alla norma secondo cui deve esistere proporzione tra crimini e mezzi per reprimerli. Ad esempio, per la cattura di un “semplice” spacciatore di droga non è ammesso l’uso delle armi, perché si corre il rischio di uccidere.

Come applicare questo principio alle manifestazioni di piazza? In pratica, è sempre stato difficile trovare regole adeguate al ruolo della “polizia democratica”. L’atto più ricorrente degli infiltrati, come lo sputo negli occhi, si può accettare perché non costituisce atto pericoloso: basterà un kleenex per rimediare.

Per il calcio ai genitali si devono usare idonee protezioni preventive. Il temperino usato per sfregiare il viso del poliziotto, è un’arma vietata ai sensi dell’art. 17 della Costituzione? Il principio della proporzionalità della difesa, consente di usare idranti o manganelli? Le offese labiali del tipo “sporco servo dei padroni, devi morire” non devono neppure essere ascoltate. Un poliziotto “democratico” non può mai permettersi di tutelare la propria dignità.

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