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Pensioni. Pensionati no bancomat Governo. Pensioni d’oro? Da contributi d’oro

di Marco Benedetto |2 Maggio 2015 10:39

 

Tito Boeri. Da quando è presidente dell’Inps non ne ha infilato una giusta, attizzando solo l’odio sociale, in un incrocio tra supponenda cattedratica e leggerezza goliardica

ROMA – Franco Abruzzo ha pubblicato questo commento sulla incostituzionalità dei tagli alle pensioni d’oro anche sul suo blog.

Noi pensionati difendiamo gli assegni costruiti con il lavoro e chiediamo il rispetto della nostra dignità di cittadini e di persone secondo il dettato dell’articolo 2 della Costituzione. Non siamo il bancomat del Governo e del Parlamento. Stiamo difendendo anche il futuro dei giovani, che sono i pensionati di domani.

I pensionati italiani conoscono la straordinaria coerenza della nostra Corte Costituzionale nella difesa dei grandi valori della Repubblica. La sentenza del 30 aprile 2015, la 70/2015, è una risposta netta e perentoria a chi predica l’odio contro i cittadini che hanno lavorato per 35-40 anni versando contributi d’oro. Noi pensionati non ci sentiamo soli, abbiamo dalla nostra parte la Costituzione e il Giudice che la fa rispettare anche al Parlamento e al Governo.

Contro la sfida lanciata dal Governo in tutte le sue mutazioni, da Berlusconi a Enrico Letta via Mario Monti, c’è un Giudice a Roma che ristabilisce il Diritto e ce ne sono tanti in Italia, magistratura ordinaria e amministrativa, che aprono l’indagine rivolgendosi alla Corte Costituzionale che quel Diritto è chiamata a garantire.

Per la Corte dei Conti del Veneto e della Campania è incostituzionale il taglio delle pensioni superiori ai 91 mila 250 euro lordi l’anno. La pronuncia della Corte Costituzionale è attesa per novembre-dicembre 2015: la legge 147/2013 (Governo Letta) è una violazione provocatoria del giudicato costituzionale rappresentato dalla sentenza 116/2013 che aveva cancellato il prelievo Berlusconi/Tremonti dell’agosto 2013.

Quella sentenza memorabile ristabilì il principio secondo il quale le tasse non possono ricadere su una parte dei cittadini (i pensionati). Se la Patria ha bisogno di quattrini devono concorrere tutti: cittadini attivi e cittadini pensionati. Il principio dell’Uguaglianza (art 3 Cost) non ammette discriminazioni. A parità di redditi deve corrispondere la parità di prelievi fiscali.

Proprio l’ultimo giorno di aprile 2015, un’altra pronuncia della Corte Costituzionale che, con la sentenza 70/2015, ha riconosciuto per gli anni 2012-2013 la rivalutazione dell’assegno anche a chi percepisce una pensione superiore a tre volte il minimo Inps. Così è stata cancellata la iniqua norma del Governo Monti. Lo Stato dovrà sborsare 4,8 mld (di cui 1,5 ritorneranno all’erario sotto forma di tassazione). L’Inpgi, la previdenza dei giornalisti, dovrà versare almeno 6 mln di euro.

Bastonato Tito Boeri, neo presidente dell’Inps, Istituto nazionale di previdenza sociale: se la Patria è in pericolo devono concorrere tutti i cittadini (attivi e pensionati). La Corte Costituzionale ha scritto:

“Risultano intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita e l’adeguatezza. Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost.. La norma censurata è, pertanto, costituzionalmente illegittima nei termini esposti”.

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