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Marco Doria sul ring a Genova e la Balzani va a Milano…

di Marco Benedetto |29 Dicembre 2015 21:28

Francesca Balzani punta a fare il sindaco di Milano e lascia aperta la strada per un secondo mandato di Marco Doria, che intanto va in palestra e sale sul ring per allenarsi

GENOVA – Francesca Balzani era un candidato sindaco di Genova bello pronto, che avrebbe convinto tutto il Pd, notoriamente non molto renziano nella città di Cristoforo Colombo. Una signora, di grande esperienza, di radici professionali genovesi nel celebre studio fiscale di Victor Uckmar, con precedente importante all’assessorato del Bilancio genovese, con excursus molto qualificato nell’Europarlamento, dove era stata la prima relatrice donna al bilancio dell’ Assemblea, quindi avvocato, già assessore, ovviamente eurodeputato, 44 anni, l’età giusta.

Francesca Balzani è in corsa per le primarie del centrosinistra a Milano, dove si vota in primavera per il sindaco, è la sfidante di Beppe Sala e di Vincenzo Majorino, la delfina di Giuliano Pisapia, per la quale Matteo Renzi non stravede e ha già cominciato una rullante campagna elettorale. Quei sottili critici del “Foglio” l’hanno mirabilmente descritta come il miglior esempio di donna politica “minimal chic”, per sottolineare il suo stile composto, aggraziato, elegante ma non trasbordante, il taglio cortissimo dei capelli, l’assenza di ogni orpello o trucco.

E a Genova si mordono le mani ed anche i gomiti, perché qui le elezioni comunali sono sfasate di un anno, ma il candidato sindaco per il centro sinistra espresso canonicamente dal Pd non c’è e la signora “minimal chic” era l’ideale.

Il candidato Pd non c’è, o meglio quello che si profila, cioè il sindaco uscente, l’arancione Marco Doria, prossimo all’annuncio della sua ricandidatura, non piace del tutto al Pd che ha avuto con lui rapporti sempre più difficili. Non piace ma si apprestano a ingoiarlo.

Si mordono le mani i pd genovesi, ancora feriti dalla sconfitta che li ha sbalzati fuori dal governo della Regione Liguria, dove regna il forzista Giovanni Toti, perchè da anni oramai ogni primaria ed ogni elezione diventano a sinistra un vero calvario, proprio per l’incapacità della classe dirigente democrat (attualmente commissariata da Renzi con l’invio in Liguria del fedelissimo toscano David Ermini) di trovare un candidato forte e credibile.

Marco Doria, di nobile schiatta, il marchese rosso, discendente dopo 32 generazioni dall’ammiraglio Andrea Doria, di estrazione comunista, indipendente Sel, potrebbe tentare il bis, a differenza di quanto ha fatto Pisapia, cinque anni dopo, ma il Pd lo appoggerebbe, appunto, obtorto collo ed anzi la sua riproposizione implicherebbe, e forse già implica, una spaccatura nel corpo molle dei democratici che pochi mesi fa si sono sfracellati intorno alla candidatura di Raffaella Paita, lei sì vera piddina, sconfitta abbastanza inopinatamente dalla Destra.

Ci saranno i Pd che accetteranno la ricandidatura di Doria e che anzi già si muovono per sostenerla, avendo annusato la bagarre dei prossimi mesi e ci sono quelli più renziani o anche non renziani che vi si opporranno, convinti di andare alla seconda sconfitta patatrac in due anni: la Regione nel 2015 e il Comune, appunto, nel 2017.

In questo modo la campagna elettorale, che ovviamente non è ancora cominciata e ci mancherebbe altro diciotto mesi prima, ma che già brucia, potrebbe diventare il nuovo calvario del centro sinistra ligure, passando per le elezioni di Savona, attese in coincidenza con quelle di Roma, Milano, la prossima primavera.

Francesca Balzani avrebbe rappresentato la grande soluzione pacificatoria. Ma la abile avvocatessa, molto ambiziosa e lungimirante, aveva visto in tempo i rischi di una sua candidatura genovese e ligure, quando le era stato proposto anche di correre per la Regione ed anzi prima ancora, quando uscì dal Comune per partecipare con successo alle elezioni europee e farsi eleggere a Bruxelles e Strasburgo nella circoscrizione del Nord Ovest e più tardi, quando Pisapia le offrì prima l’incarico di assessore al Bilancio e poi, pochi mesi fa, anche la vicesindacatura, chiara avance per la futura corsa a sindaco. Il ginepraio di Genova contro l’elegante incarico europeo e poi alla conquista della Gran Milan, ma vuoi mettere?

Abile e furba la Balzani, che è sposata, ha tre figli e vive da tempo a Milano, a sfilarsi dalla giungla genovese e a tentare la carta più alta del mazzo milanese, quella di palazzo Marino.

Oggi tra Genova e Milano c’è una differenza dinamica enorme e non a caso l’unica salvezza genovese e ligure sembra quella dell’alleanza che il centro destra regionale sotto la Lanterna e sotto la Madonnina stanno anche un po’ smaccatamente stringendo giorno per giorno annodando ogni possibile liason per collegare meglio la Liguria alla Lombardia, partendo dalla Sanità.

Proprio all’indomani di Natale le due giunte regionali hanno inaugurato un nuovo collegamento diretto ferroviario tra Genova e Milano, con un treno senza fermate, che in un’ora e quindici minuti collega le due città.

A bordo c’erano Giovanni Toti e Roberto Maroni con le loro giunte al completo. L’esperimento è riuscito con molte critiche sui tempi che non sono poi così più corti rispetto allo statu quo, un’ora e mezza come i vecchi Rapidi Intercity: ha l’obiettivo di creare più velocemente un asse di collegamento perché il famoso Terzo Valico, la linea di Alta velocità tra Liguria e Lombardia, non sarà terminata prima di nove anni, un tempo eterno. E nel frattempo il porto di Genova, sopratutto, rischia di restare troppo isolato dal suo naturale hinterland, mentre i collegamenti veloci stanno creando nuove correnti di traffico in tutta Europa.

Insomma, il destino genovese e ligure viene in qualche modo aspirato da Milano, anche attraverso questo rimpianto, non tanto confessato nel centro sinistra, di avere perduto quella candidata ideale. Sarà anche per questo che Doria ha armato il suo galeone ed è partito per la nuova contesa elettorale a cinque anni di distanza da quella che lo vide a sorpresa prima vincitore nelle Primarie che lo opponevano alle due zarine genovesi dell’epoca, la sindaco uscente Marta Vincenzi e la futura ministra della Difesa Roberta Pinotti e poi largamente in testa nel ballottaggio sul liberal Enrico Musso, prof all’Università espresso da una lista civica che non coagulò tutto il centro destra.

È come se il riservato prof. Doria (insegna anche lui all’Università Storia delle Dottrine Economiche) avesse aperto la crisalide per far partire questa candidatura bis.

Improvvisamente il sindaco, la cui immagine era sempre un po’ imbalsamata, assediata dai grandi problemi genovesi, lui impettito, severo, rari sorrisi, sempre vestito di scuro, con il colletto aperto e la terminologia da docente, mentre intorno gli grandinavano i problemi, è diventato più presenzialista. L’hanno visto perfino al mega ricevimento a palazzo Ducale organizzato dal potente RINA (il Registro navale italiano, la società di certificazione marittima, diventata una grande holding con molti interessi in tanti comparti e in tanti Paesi del mondo) tra stuoli di business man e l’hanno visto al Gaslini, l’ospedale dei bambini, a tentare piccoli sorrisi nelle corsie. E, soprattutto, notizia dell’ultima ora, Marco Doria ha ricominciato ad allenarsi nel suo sport preferito che è la boxe, la noble art, certamente inconsueta per un Doria, per un prof di Economia. Due volte alla settimana va a tirare al sacco e a misurarsi con gli avversari sul ring della Bocciofila Corniglianese. Bazzeccole forse rispetto al ring politico che lo aspetta. Ma intanto il sindaco si allena a parare e a tentare qualche gancio e magari a piazzare un uppercut. I concorrenti non mancheranno e la cintura da sindaco bisogna proprio sudarsela.

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