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Antonio Gozzi, tangenti in Congo? Perché a Chiavari e a Genova non ci credono

di Franco Manzitti |22 Marzo 2024 23:50

Antonio Gozzi, tangenti in Congo? Perché a Chiavari e a Genova non ci credono

GENOVA – Antonio Gozzi, tangenti in Congo? Perché a Chiavari e a Genova non ci credono. Se ne era uscito dalla politica nell’ormai preistorico 1992, da segretario regionale ligure del Psi, l’ultimo dei mohicani di Craxi, proprio perché non aveva nulla a che fare con quel mondo di bustarelle, “stecche” ai politici, corruzione che stava travolgendo i suoi compagni da Milano alla Sicilia, da Roma al Veneto, dal Manzanarre al Reno, direbbe quel grande scrittore.

Via, scappa via, dai le dimissioni Antonio Gozzi, per gli amici Tonino, professore universitario di Genova-Chiavari, ragazzo per bene, socialista di quelli che sbavavano per i grandi vecchi alla Turati, ai liguri Barbareschi, Macchiavelli, con la cravatta nera a fiocco e il riformismo come una febbre negli occhi.

Vai via da quel Psi, mangiato dalla corruzione, corroso, in cui non riconosci neppure gli amici che ti hanno tradito e tu non lo sapevi che invece di elaborare politica, appunto riformista, elaborano appalti da cui succhiare tangenti, mediazioni aumm aumm, sai c’è il partito che ha bisogno e ci sono le elezioni, dacci una mano. E via buste che volavano dalle mani degli imprenditori a quelli dei faccendieri e approdavano ai politici, assessori, presidenti, sottopancia, copripancia a quell’esercito, allora era un esercito ribollente che riempiva le sale dei Comitati centrali e soffiava sul collo dell’imprenditoria.

Un avvocato-assessore, amico anche di Gozzi ma non certo suo compagno di merende, un giorno, in una clamorosa intervista a un giornale che correva dietro alle prime tangenti se la sparò così: “Devono capire gli amici industriali ( erano sempre “amici”…) che gli affari qui li stabiliamo noi e non loro, poi, se vogliono trattare siamo qua.”

E allargava le braccia quell’avvocato socialista, assessore, potente, venuto dal Sud, che teneva per il collo l’allora fiera imprenditoria zeneise. Piena di idee, progetti, master plan, dove far attecchire gli appalti, sempre che il Comune, la Regione dessero la loro approvazioni.

Allargava le braccia, l’avvocato socialista e sembrava abbracciare tutto: il business degli imprenditori, l’opera pubblica, l’onore dei cittadini e ahimè la bustarella per l’intermediario, il facilitatore, quello che faceva diventare verde il semaforo rosso della burocrazia, dei partiti, delle istituzioni, impalcate nei consigli elettivi.

L’allora neppure quarantenne Antonio Gozzi si tagliò via da tutto questo. Dal suo passato ruggente di enfant prodige del socialismo chiavarese, perfino vicesindaco in età quasi imberbe, predestinato a una carriera nazionale, considerato dai vertici romani il più dotato. Senza Tangentopoli sarebbe diventato magari ministro……

Addio garofani rossi, addio politica, qui viene giù tutto e io me ne vado…. Era già un brillante professor universitario a Economia e Commercio dell’epoca e aveva una parentela forte, suo zio materno era il potente Bruno Bolfo grande azionista della Duferco, una società già affacciata sul mondo con i rami di una multinazionale che trattava la commercializzazione e la produzione dell’acciaio e che sarebbe diventata un colosso dell’economia mondiale con presenza in 50 paesi, 27 location in Italia, 16 in Belgio, 12 in Francia e 7 negli Usa. Altro che il pantano di Tangentopoli quello che stava inghiottendo la Prima Repubblica, i suoi partiti, per primo il suo, quello di Gozzi Antonio detto Tonino, il PSI del socialismo da sogno giovanile.

Ventitrè anni dopo, quando tutto è cambiato, quando quel Tonino giovane socialista di sani ideali e di sagge decisioni, oggi a 61 anni, è diventato un big dell’industria, il leader della Duferco, il presidente di Federacciai, ma anche un leader di Confindustria e tante altre cose e viaggia il mondo a cavallo del suoi business, tenendo ancora le radici ben piantate in Liguria, arriva la folgore. Lo arrestano i magistrati belgi per corruzione, convocandolo improvvisamente a Bruxelles, coinvolgendolo in una storia romanzesca da 007 con tanto di personaggi scomparsi tra l’Europa e l’Africa e l’accusano, lui proprio lui, di avere pagato tangenti a ufficiali della Repubblica del Congo per ottenere favori in quell’Africa che più nera non si può per aprire sale da gioco, casinò.

Lo interrogano duramente, insieme a un suo collaboratore, gli strappano gli occhiali, gli legano le mani dietro la schiena e lo sbattono in una cella nel carcere di Saint Gilles, nel cuore della Bruxelles trendy, ma quella sera cupa, misteriosa.

Non è un contrappasso perché allora Tonino Gozzi, ultimo segretario regionale dell’ultimo Psi a Genova e in Liguria, dove i socialisti nacquero, che videro la fuga di Turati da Savona, la galera di Pertini, la Liberazione e poi o Sandro, presidente della Camera e poi il più amato presidente degli italiani con la sua pipa in bocca e la favella ruvida, i rimbrotti senza peli sulla lingua, era questo Tonino anche e soprattutto contro i tangentari, era stato talmente distante dagli scandali da recidere il suo legame con una politica che lo appassionava e nella quale non poteva accettare che ci fosse quel marciume.

Non è un contrappasso, è una beffa, anche al di là di quanto i magistrati belgi dimostreranno, perché a Gozzi capita quello dal quale era volato via, trovando la fortuna e un mestiere e un ruolo che lo stavano imponendo come uno dei leader liguri in assoluto, una specie di punto di riferimento prima chiavarese, poi ligure, poi nazionale e oltre.

La presidenza di Federacciai gli ha dato un ruolo molto forte, soprattutto perché l’epicentro ligure con i gravi problemi dell’Ilva ex Riva e il processo di trasformazione dell’azienda ex Iri, sulla via di un ritorno pubblico, è come una tempesta perfetta per lui, che della produzione di acciaio ora conosce ogni risvolto mondiale.

La lontananza dalla politica gli ha fatto coltivare altre passioni, oltre a quella dell’insegnamento a Economia, è diventato il proprietario-presidente della Virtus Entella, la squadra di calcio di Chiavari, che ha portato in serie B e che è suo vanto ed anche la trasfigurazione del suo amore per la città madre, nella quale torna sempre dal suo girovagare frenetico intorno al globo.

Chiavari, questa città di antiche e solide opulenze, di bellezze diffuse tra giardini, banche, spiagge, di una tranquilla vivibilità, è diventata una specie di rifugio pieno di opportunità per quel signore socialista caduto nella rete belga. Ha messo su una azienda vinicola, San Nicola, che si sta imponendo nel mondo dei gourmet più sofisticati, ha progettato e sta realizzando una cittadella che inglobi parchi tecnologici e start-up, come quella leggendaria di Wyscout, che in pochi anni è diventata la star nel mondo del calcio per il lavoro di scouting che fa nel mondo, a caccia di nuovi talenti.

Insomma niente di più lontano dal Congo, dalla spy story che gira intorno al suo arresto choc, che sta provocando reazioni più che stupefatte. A Gozzi avevano perfino chiesto una disponibilità, nei mesi scorsi, a candidarsi per la presidenza della Regione Liguria nel dopo Burlando. Risposta educata e decisa: neppure per sogno. La politica era oramai solo un amore giovanile, dimenticato ma del quale gli era rimasta una indubitabile capacità dialettica e polemica.

D’altra parte con lo zio Bolfo, residente negli Usa, il pallino di Duferco era prevalentemente nelle sue mani. E governare un gruppo con 8 mila dipendenti, un fatturato di 7,7 miliardi di euro, un azionariato che comprende anche un 10 per cento in mano a un gruppo cinese, costituisce un impegno totalizzante, se lo si unisce alle passioni per Chiavari e a quel mix di territorialità e spinta imprenditoriale, anime del Gozzi pensiero.

Mentre le reazioni cittadine sono come quelle che si provano davanti a uno tsunami che scuote anche le fondamenta, l’intrigo internazionale che ha fatto scattare le manette ai polsi del superpatron sembra non facilmente districabile. Insieme con Gozzi è stato arrestato un suo dirigente di fiducia, Massimo Croci, savonese con cinque figli: i due lavoravano a stretto contatto da anni. La Procura belga, che li ha convocati attraverso gli avvocati, li accusa di essere autori o ispiratori di una vicenda di mazzette per spianare la strada nel mondo delle case da gioco e delle lotterie.

Che ci azzecca la Duferco e l’acciaio con un business così diverso e che c’entra Gozzi? La vicenda parte dalla scomparsa di un professionista belga, Stephan Witte, l’uomo che aveva in mano l’ingegneria finanziaria di Duferco, che aveva la sua base più ampia in Belgio.

Witte sparisce nel nulla, lascia gli affari, la famiglia. Ricompare misteriosamente a Kisantu, un luogo magico a sud di Kinsaha, sembra vicino a una potente nobildonna congolese, una principessa che si sussurra potrebbe essere la sua amante, Odette Maniema Krempin.

Siamo in pieno 007. Lui, stregato dalla ricca principessa, sarebbe l’uomo a cui lei ha affidato la gestione del mitico giardino di Kisantu, base di una grande operazione turistica. Poi entra in scena un altro personaggio da giallo internazionale, Serge Kubla, anche ministro nel governo belga di qualche anno fa e sindaco di Waterloo, potente, influente e collaboratore di Duferco da molti anni. Una specie di ponte tra il Belgio e il Congo, le cui storiche liaisons non si sono mai del tutto recise.

Ma che rapporti recenti ci sono tra Kubla e Gozzi e perchè questo personaggio potrebbe aver trascinato il grande chiavarese in un business così pericoloso da farlo mettere nel mirino dei giudici? A Chiavari sabato si gioca il big match di serie B Entella- Catania. Gozzi, con la sua grande sciarpa bianco azzurra era sempre lì a tifare. I tifosi e non solo gli hanno fatto sapere che lo aspettano allo stadio. La moglie Sabina Croce, madre dei suoi due figli, gli ha spedito un messaggio: “Non mollare”.

Nel 2023, dopo nove anni dall’inizio dell’indagine e quattordici dai fatti contestati, il Tribunale di primo grado ha emesso sentenza il 23 Febbraio 2023, ha assolto Gozzi e Croci con formula piena e motivazioni assimilabili a quelle adottate nel diritto italiano nei casi di insussistenza del fatto e/o mancanza di illiceità dello stesso. 

Sono inoltre scaduti i termini per presentare appello avverso la sentenza, dunque la stessa può dirsi essere passata in giudicato.

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