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Genova, politica a teatro: Doria contro Burlando, “Cofferati vecchio”

di fmanzitti |20 Aprile 2012 8:55

Marco Doria, candidato sindaco a Genova per il centrosinistra

GENOVA – L’antipolitica o magari la politica vera, quella nuova? Tutto schierata in prima fila con i fucili puntati sui candidati sindaci di Genova, seduti sul palco del Grande Teatro genovese, nella unica grande sfida, prima del fatidico voto. E poi, questa antipolitica, premiata dai sondaggi dell’ultima ora, pubblicati dopo il supershow genovese. Ecco finalmente il grande dibattito nel laboratorio genovese, di cui i giornali non parlano e di cui, invece tutta la città sussurra e grida, quasi anticipando il risultato numerico dell’ ennesimo campionamento pre 6 maggio.

E’ l’unica volta che di fronte a un pubblico vero, in carne ed ossa, oltre duemila persone che gremiscono il Teatro della Corte, (nemmeno Vittorio Gasmann e Eduardo De Filippo e ancor più Gilberto Govi, miracolosamente resuscitati, lo avrebbero riempito in quel modo), i candidati si confrontano con un pubblico urlante, incazzato e tifoso per l’uno, per l’altro ma, soprattutto, per nessuno.

E’ l’unica volta che va in scena “live” l’ antipolitica, quella che poi misureranno gli ultimi sondaggi dell’IPSOS, commissionati da “Il Secolo XIX” e pubblicati a 48 ore dal molto teatrale incontro. A valanga viaggiano il candidato del centro sinistra Marco Doria, la cui lista civica sale oltre il 15 %, guadagnando il 7 % (insieme con le altre liste, compresa quella in crollo del Pd, il prescelto sarebbe al 50%, fuori, quindi, da un eventuale ballottaggio), i grillini con il candidato Paolo Putti, che sale al 10,3, guadagnando il 4% rispetto a un mese fa.

Sbragano tutti gli altri, cadono i partiti tradizionali, vola solo chi sbandiera un vessillo anti partito, anche se lo fa come il candidato politico Doria, dentro alla grande mamma del centro sinistra. E l’antipasto viene servito proprio in quel dibattito.

Organizza il giornale “Fatto Quotidiano” con i suoi vertici presenti sul palcoscenico: il direttore Antonio Padellaro, la “bandiera” Marco Travaglio e l’enfant du pays, cioè il genovese Ferruccio Sansa, figlio dell’ex pretore d’assalto e ex sindaco, appunto licenziato dalla politica nel 1997.

Sarà per questa targa editoriale che gli altri giornali non ne parlano, se non di rimbalzo e che l’unica cronaca è la ripresa della emittente locale Primocanale: è la festa del “Fatto” e di quella che si può chiamare antipolitica, ma che forse non lo è più, che si confronta con chi, invece, sta ancora aggrappato alla politica, se si candida per governare la città, con sfumature tanto diverse: l’ingessato Marco Doria, marchese candidato dal centro sinistra, più pronosticato di tutti, il prof-senator Enrico Musso, lista civica Oltremare più Terzo Polo, il più inseguitore di tutti, e poi il leghista azzoppato dal caso Belsito, Edoardo Rixi, il più spiazzato di tutti, il Cinquestelle più anti di tutti, Paolo Putti, il più comunista di tutti, Roberto Delogu, il più mister x di tutti, Armando Siri del Pip, Michele Viscardi del Mil, il più disinfestatore di tutti (così di definisce) e Susy De Martini, della Destra, la più inclassificabile di tutti, visti i tanti partiti che cambia.

Manca solo il candidato Pdl, Pierluigi Vinai, il meno coraggioso di tutti, che preferisce al match globale un impegno romano, dove gli consegneranno un master in pubblica amministrazione dedicato allo sviluppo di Genova. Il più furbo o il più fuggitivo di tutti?

Il confine tra il palcoscenico, con i candidati, i giornalisti del “Fatto”, don Andrea Gallo, benedicente ma anche silenzioso (parla solo per fare una domanda al suo candidato che è Marco Doria) e il pubblico fitto fitto, sta in quella prima fila che allinea i fucilieri della città. E’ questo il filtro tra l’opinione pubblica così folta e appassionata e anti politica e tifosa con bandiere e i magnifici otto candidati? Spareranno in dieci le loro domande provocazione-istigazione-insinuazione-invettiva-catilinaria- ai concorrenti che vogliono conquistare Genova in tempi così grami.

L’elenco è indicativo per capire come occasione migliore per misurare la tensione tra la città politica e quella antipolitica, supposta o meno, non ci potesse essere. Il “Fatto”, nella sua cronaca all’acqua di rose dell’Evento, definisce il giorno dopo quella prima fila “alcune delle voci più autorevoli di Genova, “capitanate” da Don Gallo”.

Chi sono costoro? Oltre a Luigi Merlo, presidente dell’Autorità Portuale, che chiederà pragmaticamente quali rapporti ci saranno nell’aggancio tra le banchine e la città, secondo i rispettivi piani regolatori, e a cui nessuno risponderà un’acca e a Vito Gulli, amministratore delegato di As do Mar, grande azienda di Conserve, che suggerirà un’educazione da inculcare nel cittadino-consumatore, il resto dei “fucilieri” porrà questioni di tale portata e di tale gravità, che i candidati sindaci lassù, non essendo né Gasmann, né Eduardo, né Govi ( il quale magari avrebbe trovato una delle sue battute zeneisi per salvarsi del tipo : “Giggia, me lo ricordo: qui c’era un bottone, così bello, così penzolante e ora……non c’è più”, per parafrasare i tagli selvaggi della Finanza di Tremonti e poi di Monti alle casse comunali) potevano anche tentare una fuga dietro le quinte.

E così, mentre il pubblico folto e resistente ben oltre all’orario mitico della fuga di Cenerentola, rumoreggiava e avrebbe voluto sentir chiedere che ne sarà dell’Imu e come si lotterà contro il precariato dei giovani e dove cavolo questi aspiranti sindaci pensano di scovare i posti di lavoro o magari i soldi per assistere una popolazione ultra anziana, la più vecchia del mondo, chi pagherà domani le bollette del gas e dell’acqua, le persone autorevoli sparano alzo zero, anche eleganti o forbiti, molto informati e perfino rivelatori di scandali e intrallazzi. Ma veramente rappresentativi e autorevoli?

Così il sacerdote, don Paolo Farinella, che amministra il suo ministero nel centro storico, chiesa di san Giorgio e che avrebbe preferito studiare l’aramaico e che ogni domenica oltre che dal pulpito tuona su Repubblica-Genova il suo astio ondeggiante verso Berlusconi, la Madonna della Guardia, i vertici vaticani e il suo cardinale Angelo Bagnasco, chiede come azzittire la movida dei carrugi genovesi che gli toglie il sonno e come alimentare i flussi culturali verso gli stessi carrugi.Lui ci ha provato con sofisticati concerti di organo, ma ci vuole di più molto di più.

E Stefano Lenzi, storico leader del Wwf, documentato alla virgola, chiede di fermare le inutili grandi opere infrastrutturali come il Terzo Valico e la Gronda autostradale, sbandierando le cifre di uno spreco spaventoso. Christian Abbondanza, Casa della Legalità, snuda l’intreccio del potere locale con la mafia , la ndrangheta, la camorra, con nomi di società e di leader politici avvinghiati a tutte queste piovre. Pierfranco Pellizzetti, opinionista e collaboratore del Fatto, denuncia come Genova sia da decenni una città embedded ( avrà capito la platea?) tra destra e sinistra che si alleano per fare i reciproci affari e ci si stupisce che egli, inappuntabile in panciotto, abbia ancora voce e polmoni per continuare, dopo avere lanciato questo anatema in secula seculorum almeno dagli anni Settanta, come giovane industriale alla fronda, giovane politico candidato nel Pli, nel Pri, forse anche nel Psdi, poi dopo una eclissi da imprenditore, come consulente di enti pubblici, compagnie portuali e Associazioni industriali, come spin doctor di sindaci alla Marta Vincenzi, di consoli portuali alla Tirreno Bianchi, il capo dei “carbonini” e via a andare.

Più pragmatico, come si conviene a un sindacalista di barricata, Giulio Troccoli delegato Fiom di Fincantieri , urla il rischio di chiusura della sua grande fabbrica e l’ex farmacista, Carlo Besana, eroe di uno dei quartieri più degradati , il Cep di Prà, chiede: “ Ma perchè non parlate delle periferie, dell’abbandono di una parte della città?”.

Meno male che tra le personalità rappresentative c’è anche un giovane studente di architettura, Maicol Del Palo, che chiede secco: “Come facciamo a avere fiducia nella politica?”.

Cinque minuti per fare una domanda, cinque minuti per dare una risposta a ciascuno dei candidati e in mezzo il salace show di Marco Travaglio, che tra una battuta e l’altra la fucilata la spara proprio sul Pd, quello di Torino, dove Fassino e Chiamparino maneggiano l’importante nomina di presidente della Fondazione Intesa San Paolo, cioè della cassaforte della banca più grande del paese, che toccherà all’ex sindaco per decisione del suo successore, “uno che tanto nuovo non è”, segnala il columninst al vetriolo.

Che ce l’abbiano proprio con il Pd nel supershow dove il candidato del partito che Sansa cita con la P maiuscola e con la B maiuscola del suo capo locale, Burlando Claudio, presidente della Regione ed ex sindaco, ex ministro, ex parlamentare, Marco Doria sta come un pinguino, gelido, senza in sorriso e una sola stoccata, quando proprio gli chiedono come pensa di liberarsi dell’abbraccio mortale dei democrat e del loro sistema di potere, incarnato dal medesimo Burlando: “ Non sarà tanto contento Burlando, visto che le Primarie le ho vinte io”, sibila il candidato, fissando il confine della partita futura a sinistra: il nuovo contro il vecchio.

Sì, ma l’antipolitica? Nella platea stracolma rumoreggiano e perfino la regia del “Fatto” vacilla tra un passaggio di microfono e l’altro, quando il pubblico si leva a urlare che vuole altre domande più concrete ai candidati sindaci. Una signora spara la sua indignazione, un altro chiede di parlare di precari e di lavoro che manca.

Figuriamoci i candidati! Rixi, il leghista, ha le sue gatte da pelare per distinguersi dal tesoriere Francesco Belsito, il genovese che ha messo in ginocchio la Lega. La destrorsa Susi De Martini, nel 2001 nota come madame G8 per il suo ruolo nell’organizzazione nel vertice internazionale, ne denuncia le pratiche di corruzione che solo il “Fatto” avrebbe poi smascherato, quando il giornale non era ancora stato fondato. Che ci azzecca con la conquista del trono da sindaco a Tursi?

Tra i candidati, autodefinitosi di serie B perchè sicuramente sotto la soglia dell’1 per cento, spicca sul palco in particolare il vivace Viscardi di Gente Comune e, tra quelli di fascia B., ovviamente Paolo Putti, che confessa come Grillo gli avesse raccomandato di non presentarsi al dibattito, perchè era una trappola e confessa anche quanto ha speso per la campagna elettorale Cinque Stelle: seimilacinquecento euro. E’ l’unico a fare i numeri.

Enrico Musso, il senatore-inseguitore, cerca di rispondere a zig zag alle domande, dopo avere rifiutato il ruolo di “scimmietta addomesticata” che la regia dell’evento, così complesso, gli aveva riservato. Lui si che vuole il Terzo Valico ma con appalti trasparenti e la Gronda e risanare i trasporti pubblici e lui si che ha pagato dazio alla vecchia politica, visto che abbandonò il suo pigmalione Berlusconi dopo i decreti sul “processo breve” e ora nuota con la sua lista civica.

Ora anche Marco Travaglio sorride e il suo direttore Antonio Padellaro si eccita un po’ avvistando tra il pubblico una vera icona della vecchia politica, Sergio Cofferati, oggi eurodeputato eletto anche a Genova, al quale chiede di confessare le sue colpe per il mancato rinnovamento della politica, addebitabile a una classe dirigente incapace di cambiare.

Parte del pubblico anti politico non vorrebbe che il vecchio politico rispondesse. Gli urlano, appunto, “stai zitto vecchio”, oppure invocano “Camusso, Camusso”. Ma Cofferati, nella sua vita di sindacalista ed anche di sindaco a Bologna, di contestazioni ne ha viste di tutti i colori e riesce a recitare nella sala del teatro la sua corretta lezione su un rinnovamento oculato ed equilibrato, non fatto tanto per farlo.

Qualcuno applaude, ma forse un po’ come si fa dopo un Requiem ben suonato. Qui la sinfonia è un’altra: quella della antipolitica o della nuova politica della quale è andata in scena una bella anteprima zeneise. Per chi se ne è accorto.

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