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Genova, la cavalcata dei nuovi trasformisti

di fmanzitti |11 Febbraio 2011 14:25

Lui è un vecchio sindacalista della Uil dei tempi d’antan, socialista di tessera, in quel tumulto che era la Genova anni Ottanta del Sandro Pertini presidente della Repubblica, del Baget Bozzo, reverendo siriano, che ispirava Bettino Craxi senza sapere ancora ( a meno che non glielo già avesse preconizzato la Madonna in visione estatica) che poi avrebbe insufflato il revenant Cavalier Berlusconi, degli storici rinoceronti locali Fulvio Cerofolini l’ex tramviere, Rinaldo Magnani, l’ex console dei portuali carenanti e Delio Meoli, ex geometra dell’azienda dell’acqua. Si chiama Pasquale Ottonello. È uno svelto sessantenne e fino a ieri era il presidente del Municipio del Levante genovese, quella fetta di città residenziale e altolocata, in riva al mare, che ha sempre visto vincente la Destra, nella quale l’ex sindacalista aveva fatto il suo roboante ingresso con la tessera di Forza Italia nei primi anni Novanta. Stava, il Pasquale sindacalista, un po’ tanto spregiudicato, in mezzo a quella transumanza di socialisti che aveva preso la direzione a destra, rapiti dal sogno del Berlusca, che a Genova ci voleva un bel fegato, essendo il governo locale sempre in mano alla sinistra.

Lei, ovviamente, è Marta Vincenzi, detta SuperMarta, sindaco da quasi quattro anni, ex Pci, Pds, Ds e ora, malgrè tutto, ancora donna Pd, già assessora comunale, presidente della Provincia, eurodeputato a Bruxelles con la fregola di tornare a Genova a fare il sindaco, tanto che interruppe il suo mandato perchè “Genova doveva ridiventare una città trasparente ed efficiente”, dopo il lungo regno del professor Beppe Pericu, un grande avvocato che la Marta ha cercato di far passare come un disastro di sindaco, mentre il suo percorso è stato lodato bipartizan come quello di uno dei primi cittadini più silenziosamente operosi del Dopoguerra.

Il post sindacalista e la supersindaca stanno rivoluzionando la politica genovese con una sola mossa che ha svelato di un colpo la fragilità assoluta degli schieramenti politici, il governate centro sinistra e l’opponente centro destra, smutandato dalle dipartita del senatore Enrico Musso, espresso dal Popolo della Libertà, ma in fuga verso una lista civica con l’ambizione di conquistare il trono di Palazzo Tursi e di mandare a casa Supermarta.

All’insaputa dei partiti, dei sindacati, dei Municipi la sindaco ha ingaggiato come assessore nella sua giunta perennemente mutante il sindacalista Ottonello, licenziando Elisabetta Corda, una superfunzionaria promossa assessore alla Manutenzione della città..

Come nelle storie di corna più clamorose lei, Supermarta, non lo ha detto a nessuno, meno che mai al suo partito, il Pd e lui, il post sindacalista diventato minisindaco, non lo ha detto né al suo Municipio, né al suo partito del Popolo delle Libertà. Con una suprema indifferenza per apparati, procedure e linee politiche e financo sintonie pubbliche e private, il duetto si è presentato davanti ai giornalisti ed ha annunciato il salto della quaglia.

Marta Vinecnzi ha spiegato che lei è autonoma dalla scelta dei partiti, che la marmellata di una maggioranza lenta(la sua) e un’opposizione inesistente non le piace e, quindi, voilà, assunto il postsindacalista, che ha stracciato la vecchia tessera e forse un po’ anche la sua coscienza.

Pasquale Ottonello ha spiegato che ciò che supremamente gli preme è continuare in grande ciò che da semplice minisindaco faceva in un terzo della città. Vuole “mantenere” bene la città intera….

Fosse così sarebbe una semplice capriola in una città che, per altro, ha sempre avuto nel suo Dna un certo aplomb nei comportamenti politici. In realtà la Vincenzi ha inquadrato la sua decisione in un suo nuovo modo di fare politica in Italia, dal quale l’Italia dovrebbe imparare: “Questo è il progetto Genova che non parte dai partiti, ma dai contenuti: l’obiettivo è costruire un’aggregazione ampia sulle cose da fare, oltre il recinto dei partiti”. Insomma, Vincenzi docet e non solo Genova, ma il mondo deve imparare. Lei è un po’ delusa dal ritmo del suo Pd, lui forse un po’ choccato dal bunga bunga….

Alla faccia della capriola, la sfida della signora sindaco e del suo neo assessore trasformista ha percorso la città come uno scossa. Al Pd si sono furiosanente incazzati come i cornuti che scoprono lo sms fedifrago sul cellulare dell’ amato o dell’amata: i due segretari, il trentatrenne Lorenzo Basso, regionale e il trentasettenne Victor Razeto, provinciale, hanno preso un altro schiaffone della sindaco, che recentemente li aveva definiti dei “quaquaraquà”, mentre la Pdl, praticamente si sta sbriciolando.

La fuga dell’uomo che istituzionalmente, in una città di sinistra aveva per l’opposizione il ruolo più importante, governandone una fetta, è l’ultima botta. Con Scajola ibernato dalla vicenda della sua casa al Colosseo e dalle tempeste giudiziarie che scuotono il feudo di Imperia dove è sotto inchiesta insieme al costruttore Francesco Bellavista Caltagirone per la costruzione del superporto nautico, con le spaccature secche dei finiani nel corpo molle di una alleanza che non ha più leader, né prospettive, il fronte destr genovese, a un anno dalle elezioni comunali, sembra proprio l’esercito di Franceschielo, oppure, più drammaticamente, quello che si ritirava nelle pianure ghiacciate della Beresina. Non sanno dove andare, non sanno con chi andare e, tanto per restare nella Storia, vivono un 8 settembre, nello stile del famoso film di Alberto Sordi e David Niven “I due nemici”, quando l’ufficiale italiano sperso con le sue truppe nel deserto urla disperato: “E ora con chi mi raggruppo?”

Con chi si raggruppano i post berlusconiani e i finiani separati? Con il Terzo Polo nascente e autointerrogantesi, che sta incamerando nuovi adepti in un frullatore di ex democristiani, ex socialisti, ex liberali, ex repubblicani, tra vecchi apparati in disuso politico trentennale, come i campi cimiteriali del Monumento di Staglieno, e nuovi rampantini con la puzza sotto il naso?

Con la nuova misteriosa aggregazione politica che uno dei colonnelli più solidi di Scajola, il numeraio di Cl Pierluigi Vinai, anche vicepresidente della potente Fondazione Carige, ex Dc, Forza Italia e ora Pdl, sta lanciando nello sbragamento generale? O nella braccia della Lega che a Genova non ha mai furoeggiato, ma che ora con un bel cavallo rampante come il giovane consigliere regionale Edoardo Rixi sta mangiando grandi porzioni di consenso sopratutto nelle ex zone operaie e piazza sulle sue magliette gadget color verde l’effigie del Che? Altro che trasformismo qua, ma vera mutazione genetica del tessuto politico e grande marketing per quella generazione alla quale di capriole, trasformismi, alleanze trasversali non frega un’acca!

Non è che a sinistra se la cavino meglio. La mossa di Marta è un’ipoteca durissima sulla sua candidatura a sindaco per il quinquennio che va dal 2012 al 2017, già praticamente varata ma alla quale ora si aggiunge la nuova ipotesi di una specie di “dittatura globale” con il coinvolgimento di parti politiche nuove. Non è un caso che si sta creando un movimento che assomiglia a quello di protezione a Berlusconi in Parlamento, i “Volenterosi per Marta”, consiglieri comunali border line, che non hanno ancora fatto come il neo assessore che ha piazzato le sue terga sulla poltrona, ma che incominciano a mettere un piedino nella porta di una ammucchiata che sembra vincente. A meno che……A meno che o il senatore Enrico Musso faccia quella che in gergo calcistico si chiama la diagonale e tagliando l’area in difesa, intercetti gli elettori che storditi da Marta vagavano a centro campo. O a meno che con la forza della disperazione il cento imprenditoriale, professionale, residuo di una città semispenta, non trovi un altro cavallo su cui puntare.

Certo oggi Genova appare come stordita dalla corsa imprevista dei trasformismi e in ginocchio come mai negli ultimi decenni. Oramai demograficamente sotto la soglia dei seicentomila abitanti, con un trend negativo anche nell’afflusso degli immigrati, sta per sfiorare l’indice di invecchiamento più alto dell’Europa e quindi del mondo. Si litiga per tutto, dalla collocazione di un superbacino per la riparazione delle grandi navi che sloggerebbe lo storico Yacht Club, circolo snob ma dalle solide tradizioni di stile e probità, alla costruzione di una moschea(che nel 1300 Genova aveva già), alla privatizzazione dell’Aeroporto che è il ventiduesimo per traffico nella classifica italiana, alla costruzione di un nuovo stadio, al degrado dei giardini comunali, affidati alla società Aster, quella sulla quale governava la assessora silurata dalla sindaco per far posta al trasformista Ottonello. Appunto, si riparte dalle aiuole e dai giardini che una volta erano il vanto dei genovesi capaci di inventare Euroflora, la supermostra che ogni cinque anni richiama pubblico da tutta l’Europa e che ora sono cessi a cielo aperto nel cuore della città, tra progetti di box da fare sotto le aiuole e le piante storiche e abbandoni totali, covi di drogati a due passi dalla statua di Mazzini e da quella di Vittorio Emanuele II, nell’ombelico genovese, nell’anno in cui si celebra l’Unità d’Italia. E forse qui, di quella storia unitaria, vogliono vivere tutti i capitoli, compreso quello del trasformismo.

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