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Informazione, dossieraggio e giornalismo, la lezione di un vecchio del mestiere ai giovani: dite sempre no

di Bruno Tucci |8 Marzo 2024 9:31

Un giornalista di mezzo secolo fa

Informazione, dossieraggio e giornalismo. Che cosa insegna questa marea di spie e di intrighi sotterranei che il procuratore Raffaele Cantone definisce un verminaio? Dati segreti che escono dal loro alveo di sicurezza, intercettazioni, manovre sottobanco che hanno un solo indirizzo: mettere sotto accusa un buon numero di politici e dare scacco matto a coloro che con gli intrighi non c’entrano nulla.

Chi fa le spese di tutta questa complicatissima situazione è l’informazione, quella che si può definire “vera”: che bada solo alle notizie punto e basta. Purtroppo, non è più così: da qualche anno il giornalismo è soggiogato dalla politica che vuole comandare sempre più in questo mondo rivolto a gente amante della verità, ma che spesso e volentieri viene ingannata dalle fake news.

Di chi è la colpa? Non è facile rispondere ad un simile interrogativo, però un responsabile c’è e non lo si può negare. Il mondo dell’editoria è cambiato: non esistono più i “datori di lavoro” di una volta: i Crespi, i Perrone, gli Angiolillo sono tramontati per lasciare il passo a persone che non hanno la minima dimestichezza con l’informazione. O, meglio, l’hanno eccome, ma solo per scopi e interessi personali. Il mondo imprenditoriale domina e ha un unico scopo: quello di portare acqua al suo mulino.

Con la complicità della politica che non vedeva l’ora di mettere le mani in un contesto che poteva darle fastidio. Nascono così le notizie buone e quelle cattive,  ma non sono quelle che potremmo definire informazioni dirette alla gente che legge i giornali, ascolta la radio o vede la tv. Tutte sono marcate dall’ideologia di destra, di sinistra, di centro, di qualsiasi altro colore, rosso o nero che sia. Allora il fruitore che non ignora la realtà fugge e si getta sui social che tutto sono tranne che giornalismo inteso come lo si intendeva una volta.

Oggi, ogni editore pensa a curare il suo orticello, non vuole che altri possano interferire e si crea un quotidiano o un settimanale che difenda solo i propri interessi.

Il Palazzo – comunque la si pensi – non vedeva l’ora di una simile “rivoluzione”  perché così è più semplice trasformare una notizia in uno spot pubblicitario per l’uno o l’altro schieramento. L’ostacolo più difficile era quello di superare 

i “cani da guardia” dell’informazione, coloro i quali sono estranei alla politica e cercano in tutti i modi di favorire il lettore. 

Operazione complicata che doveva essere fatta senza lasciare vittime sul percorso. Esiste una lotta tra conservatori e progressisti? Ok, basta dividersi il malloppo e il risultato è raggiunto. Come? Accaparrarsi i favorevoli dell’una o dell’altra parte. Il momento è complicato, trovare un posto di lavoro non è semplice al giorno d’oggi per cui a volte si deve fare buon viso a cattivo gioco. Si è bravi e non schierati? Rimani fuori dal giro. La meritocrazia, tanto invocata, è soltanto un optional. Non è la preparazione o la cultura ad avere il sopravvento, ma solo l’affidabilità. Se vuoi stare con noi e vivere giorni tranquilli questo è il prezzo da pagare. 

Ne consegue che i quotidiani o gli altri organi che si occupano di informazione sono in primis colorati. Il resto viene dopo. Se ad un giornalista viene affidato il compito di una inchiesta deve sapere che la deve scrivere ricordando quel che vuole l’editore. Una volta si diceva ai giovani che volevano entrare in questo mondo: guarda che se tu vuoi continuare a svolgere la nostra attività le tue simpatie politiche le devi mettere da parte. Ora avviene l’esatto contrario e fai carriera soltanto se ubbidisci a determinate logiche.

È così che nasce e prospera una informazione che è solo di parte. Difficilmente, se non mai, troverai una qualsiasi pubblicazione che segua logiche diverse. C’era una volta, potremmo dire rubando il rituale lead delle favole. Oggi, fiorisce il dossieraggio con migliaia di violazioni che possono servire al momento opportuno. Si trovano quelli che assecondano questa direttiva? E sono pronti a dire di si, pur di avere nelle mani uno scoop? La speranza di “noi vecchi” è che i giovani d’oggi rispondano no all’unisono. Ma possiamo esserne certi? Chissà? Forse si, forse no.

 

 

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