Influenza: allarme virus “instupidimento”. Contagiati tv, medici e Tribunali

di Lucio Fero
Pubblicato il 2 Novembre 2009 - 14:48| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Sull’influenza è allarme, allarme vero e grande, allarme instupidimento di massa. Il virus si diffonde, le autorità non lo fermano, anzi ne favoriscono la propagazione, i medici non lo diagnosticano per quel che è, anzi in qualche caso ne sembrano affetti, giornali e tv lo incubano e lo smistano, pare sia penetrato a fondo nel loro Dna e la gente, esposta al contagio e priva in questo caso di sistema immunitario, del virus “instupidimento” si ammala.

Dalle cronache più recenti, tratte da uno dei maggiori quotidiani: «Il picco di decessi a Napoli diventa sospetto…E la Procura apre un’inchiesta. La magistratura cerca la verità…Al momento non si ipotizzano reati». E quale mai potrebbe essere il reato? Denunciare il virus, quello influenzale, per manifesta associazione a delinquere? Imputare all’influenza il crimine di “lesioni e danneggiamenti” a carico dei cittadini? E quale potrebbe essere il metodo di indagine appropriato? Cercare un virus “pentito” che racconti dove sono i “covi” e come comunicano i virus tra loro? Installare delle micro spie sotto pelle ai malati per ascoltare le conversazioni tra virus? Dotare le pattuglie delle Forze dell’Ordine di una foto segnaletica del virus perchè lo intercettino ai posti di blocco?

Il via all’inchiesta della Procura di Napoli oscilla tra il comico e il tragico. Comico e tragico insieme è raccontare alla pubblica opinione che ci sia un “colpevole” sia pure in via di ipotesi penalmente perseguibile. Solo un paese comico e tragico insieme può pensare, sia pure in via di ipotesi, che l’influenza sia una questione da magistrati e poliziotti.

Perché sia a Napoli il maggior numero dei pochi, sì pochi, decessi in Italia che hanno come concausa l’influenza si sa. Perché all’ospedale Cotugno, praticamente il solo in metà del Mezzogiorno attrezzato per le sindromi infettive, arrivano proporzionalmente più pazienti che in ogni altro luogo di cura d’Italia. Perché talvolta si muoia di influenza A, ma anche di altro tipo di influenza, si sa. Perché un organismo debilitato o altrimenti malato può, in rari casi, non reggere al colpo dell’influenza. Cose che si sanno ma non si vogliono sapere. Se è comprensibile che una famiglia che perde una bambina cerchi un “colpevole”, se i genitori possono essere esentati dall’obbligo della razionalità, non così dovrebbe essere per istituzioni e giornali e tv.

Abbiamo sentito una corrispondente dagli Usa del Tg3, Giovanna Botteri, raccontare che «la mancanza del vaccino deriva dalla scarsità di scorte del Tamiflu». Può un giornalista e un giornale ignorare che vaccino e Tamiflu sono cose diversissime, il vaccino previene il contagio, il Tamiflu, un antivirale, cura il malato? Non potrebbe, eppure può. Può una Procura “aprire un fascicolo” sulla morte della bambina di Pompei, come questa disgrazia potesse essere un caso di malasanità? Può essere diffusa questa malsana pedagogia per cui se c’è una morte collegata all’influenza ci deve essere una “colpa”? Non potrebbe, eppure può.

È mai possibile che non si riesca a dire con dura chiarezza la verità sull’influenza? È possibile, anzi certo. Eppure eccola la verità, crudamente scientifica, asettica e vaccinata, questa sì, dal virus “instupidimento”. L’influenza A è un grosso e grave problema sociale per cui le autorità sanitarie dichiarano da tempo allarmi ed emergenze. Il problema è la sua alta contagiosità per cui è possibile che grosse fette di popolazione si ammalino contemporaneamente, la “pandemia”. Milioni di persone a letto con la febbre contemporaneamente non sono milioni e neanche decine di migliaia e neanche migliaia e neanche centinaia di persone che rischiano la vita. Dal letto si rialzano dopo qualche giorno in perfetta salute. Ma milioni di persone che non vanno a lavorare, vanno in ambulatorio o in ospedale, chiedono, esigono il “farmaco miracoloso” sono un dramma sociale ed economico. È questa la pericolosità vera e concreta dell’influenza A.

Vaccinare parte della popolazione serve non a salvare vite che non sono in pericolo ma ad impedire il collasso organizzativo, psicologico ed economico sotto il peso di 15 milioni di influenzati tutti insieme. Una verità dunque chiara: il pericolo c’è ma non per la vita. Muoiono, purtroppo, solo poche e già malate persone. Come ogni anno, ad ogni influenza. E qualcuno muore in maniera che la medicina non sa dire bene perché, accade anche con la tonsillite. Il pericolo è quello della pandemia, non della strage.

Passerà il virus dell’influenza A, poi un giorno tornerà “mutato” come da millenni fanno i virus. Quel che invece resta da noi e tra noi, immutabile immutato è l’altro virus quello che “instupidisce” e ci porta a chiedere che nessuno si ammali e tutti, proprio tutti guariscano. Altrimenti andiamo in Tribunale o in tv. Dove il virus è già arrivato, infatti ci stanno a sentire, ci incitano a gridare e ci danno il megafono per spargere paura.