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Licenziamenti non made in Europa.Governo: quattro promesse, una minaccia

di Mino Fuccillo |27 Ottobre 2011 15:20

Berlusconi con Barroso al vertice di Bruxelles (Lapresse)

ROMA – Mancano poche ore alla partenza di Silvio Berlusconi per Bruxelles, la “Lettera all’Europa” a Roma la stanno ancora scrivendo e il presidente del Consiglio ne parla con Umberto Bossi in uno degli almeno dieci faccia a faccia tra i due in soli due giorni. Dice il leader leghista: “Silvio ma questa cosa della pensione a 67 anni di età nel 2026 ce la devi proprio mettere? Sì, lo so che l’abbiamo già approvata, che è già nelle leggi che abbiamo fatto, ma perché ricordarlo alla gente? Fa brutta impressione”. Berlusconi risponde: “E’ un peccato lo so, ma è un osso che devo dare all’Europa”.

Osso senza carne perché in Italia sulle pensioni non cambia niente. Resta la spesa per le pensioni coperta allo 80,9 per cento dai contributi versati da chi lavora: 209 miliardi di entrate a fronte di 258 miliardi di assegni pensionistici pagati. Differenza e deficit di 49 miliardi. Non è vero quindi che i pensionati e i pensionandi italiani si pagano tutta intera la pensione che percepiscono, la maggior parte della gente pensa sia così ma non è vero. La differenza di 49 miliardi all’anno viene coperta con denaro pubblico e non privato. Questo però al paese esplicitamente non lo dice nessuno, farebbe, come dice Bossi, “brutta impressione”. Resta il deficit, resta il sistema che penalizza le pensioni di vecchiaia, rende misere o addirittura improbabili le future pensioni di chi oggi ha trenta anni e che salva le pensioni di anzianità.

Osso senza carne la pensione a 67 anni nel 2026: così era prima e così è oggi. A Ballarò il ministro Gelmini l’aveva raccontata e venduta come una novità, tutti i giornali e televisioni hanno abboccato. Scarsa la memoria del ministro che aveva evidentemente dimenticato ciò che il suo governo aveva approvato e fatto legge, scarsa la memoria di giornali e tv che avevano dimenticato ciò che avevano pubblicato. Diciamo sia stata ansia di annuncio e ansia di titolo. Comunque non è successo nulla sulle pensioni, la “grande notizia” non era una notizia: a 67 anni nel 2026 si arrivava anche prima con il semplice meccanismo dell’adeguamento progressivo dell’età pensionabile all’aumento dell’aspettativa di vita media.

Oltre all’osso senza carne pensioni nella “Lettera all’Europa” del governo Berlusconi ci sono quattro promesse e una minaccia. La minaccia è quella dei licenziamenti possibili non più solo per “giusta causa” ma anche “per ragioni economiche”. Tradotto: un’azienda dichiara lo stato di crisi e può, potrebbe domani, a partire dal maggio 2012, licenziare pagando un’indennità economica, un risarcimento una tantum al licenziato. Minaccia, perché non è detto che il governo riesca a trasformarla in legge: tutti i sindacati, anche quello di destra, sono insorti e, se chiamano il paese alla protesta, è quasi sicuro che il paese risponda. Minaccia messa in bocca dal governo italiano all’Europa e alla Bce.

Ma non è vero che Europa e Bce avevano chiesto i licenziamenti nella versione “minaccia”. La Bce, lo ha spiegato Mario Draghi, ha chiesto altro: contratti di lavoro per chi inizia a lavorare stabili e non più a tempo determinato ma contratti che contengano anche minori garanzie sulla eternità e immobilità del posto di lavoro. Insomma meno precarietà sposata con fine del posto fisso. Un modo per poter assumere, perché le aziende possano assumere senza sposare a vita il nuovo lavoratore. Non un modo per disfarsi facilmente del lavoratore che già c’è. E l’Europa aveva ed ha chiesto un sistema di garanzie e ammortizzatori sociali che rendano possibili e non traumatici i licenziamenti. Non un risarcimento e tanti saluti ma una rete di protezione meno immobile e discrezionale della cassa integrazione. Il governo italiano ha semplificato in licenziamenti e risarcimento: si vede la mano del ministro Sacconi.

L’osso senza carne pensioni, la minaccia sbrigativa e forse a vuoto dei licenziamenti. E poi le quattro promesse. Prima: liberalizzare le professioni. Gli avvocati e i commercianti aspettano al varco il governo, insieme a tanti altri. I primi bloccano con successo da anni ogni liberalizzazione, i secondi bloccano da sempre ad esempio i liberi orari di apertura dei negozi. I primi sono fortissimi in Parlamento, i secondi sono fortissimi nelle urne elettorali. Promessa difficile da mantenere.

Seconda promessa: vendere beni di Stato e soprattutto far vendere agli Enti locali, Regioni, Comuni e Province, almeno un po’ delle migliaia di aziende di servizi pubblici che gestiscono. La Lega si è sempre opposta. Governatori e sindaci hanno sempre fatto barricata e orecchio da mercante, la sinistra sindacale e politica è pronta a proclamare: per farlo dovete passare sul nostro cadavere.

Terza promessa: snellimento ed efficienza della Pubblica Amministrazione. Alzi la mano chi in Italia non ha sentito questa formula fin da quando era bambino.

Quarta promessa: pareggio di bilancio entro il 2013. Ma senza dire dove trovare i 20 miliardi che mancano nei teorici conti. Teorici, perché quei venti miliardi sono nella “delega fiscale e assistenziale”, cioè nella cose da fare e non fatte. Pareggio di bilancio nel 2013 senza fermare la spesa politica e quella previdenziale. Pareggio di bilancio nel 2013 sulla parola.

Un osso senza carne, una minaccia non richiesta e quattro promesse. Con l’aggiunta di un calendario: otto mesi per fare tutto, una “gravidanza” accelerata. La domanda è perché l’Europa ci abbia creduto. Deve essere stato, come dice Bossi, “per non fare brutta impressione”.

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