Troppo generico e diplomatico l’annuncio di Olivier Blanchard, capo economista del Fmi, “Per l’Europa il 2012 non sarà un anno gradevole”? E allora traduciamolo: per l’Italia pressione fiscale mai vista al 45% del Pil e debito pubblico che supera i 1.900 miliardi e si avvia verso i duemila. Troppo “tecnica” la previsione della Bce che taglia le stime di crescita del continente da più 0,4/2,2 per cento a meno 0,4/ più 1,2 per cento? E allora traduciamo con Confindustria: “L’Italia è già in recessione”, cioè produce, vende e consuma di meno. Con calo complessivo del reddito disponibile e quindi del risparmio privato.
Sarà il 2012 l’anno peggiore, quello in cui, se non l’abbiamo ancora capito, toccheremo con mano che non è “crisi”. Crisi è parola e concetto che lascia intendere un momento di difficoltà che prima o poi, più prima che poi, passa e tutto riprende più o meno come prima. Ma cosa è una “crisi” che in Italia nel 2013 ci vedrà, se va bene, circa sei punti percentuali sotto quanto a Pil rispetto al 2008, quando la “crisi” cominciava? Non è crisi, è torsione, compressione, cambio forzato e dolente dei fondamentali dell’economia e della qualità della vita. Troppo “lontani” questi concetti dal quotidiano del signor Rossi? Ecco la traduzione: si moltiplicano i casi di clienti che non pagano, di fornitori che non vengono pagati, di aziende che fanno fatica a pagare stipendi, di banche che non prestano soldi, di signor Rossi che riducono gli acquisti.
Sarà il 2012 l’anno peggiore di una storia brutta che a fine 2012 dura in Italia sarà durata cinque anni. Brutta storia occultata e negata per i primi tre anni, con il governo che c’era, quello di Berlusconi, che non vedeva o faceva finta di non vedere. E con la pubblica opinione convinta o illusa che il conto da pagare qui da noi non sarebbe arrivato. Nel quarto anno, quello che stiamo vivendo, il conto è arrivato: le inutili “manovre” di Berlusconi e il decreto “Salva-Italia” di Monti. Il conto da pagare l’Italia, la maggior parte d’Italia, quella che vota sia a destra che a sinistra, lo vive come un “esproprio” più o meno intollerabile.
Invece altro non è il conto finora presentato che il pagamento della rata del mutuo per non essere sfrattati da casa o il pagamento di quanto lasciato insoluto alla bottega degli alimentari perché non ci venga negato di fare la spesa. Altro e più pesante conto arriva nel quinto anno, il 2012, il peggiore. E, se l’Italia economica non è perduta, se soffrendo, lavorando e sbuffando ce la può fare, non è detto che ce la faccia a reggere l’Italia politica e sociale. I partiti hanno realizzato una sorta di unità nazionale sì, ma all’opposizione di fatto del governo Monti anche se a questo governo hanno votato la fiducia. E la società, i sindacati, le corporazioni, le lobby si sentono scuoiate anche quando sono appena scalfite. Sarà l’anno peggiore il 2012, ma ormai l’avete capito.