Rai, lo sciopero più fischiato. Roma, lo sciopero meno sincero

di Lucio Fero
Pubblicato il 5 Giugno 2014 - 15:02 OLTRE 6 MESI FA
Susanna Camusso (foto Lapresse)

Susanna Camusso (foto Lapresse)

ROMA – I lettori del Corriere della Sera non saranno certo un esatto e calibrato campione statistico, però alla secca domanda (giusto o no lo sciopero in Rai) hanno fornito secchissima risposta: 95 per cento a 5. Lo sciopero Rai prossimo venturo, fissato per l’11 di giugno, nel sondaggio del Corriere delle Sera è stato sepolto, annichilito da un novantacinque per cento di fischi. Fischi allo sciopero, a chi l’ha indetto, a chi lo difende. E se il sondaggio fosse esteso all’intera popolazione italiana? Nessuno può saperlo, però si può scommettere, sicuri di vincere, che la quota nazionale dei fischiatori dello sciopero non sarebbe inferiore all’ottanta per cento (tanto per tenersi bassi).

Che lo sciopero Rai in arrivo sia il più fischiato dei tempi nostri da parte dell’opinione pubblica è un fatto. Sul perché questo fatto accada si possono avere opinioni. Qualunquismo anti Casta anche qui? Campagna orchestrata da poteri oscuri e forti contro il servizio pubblico radio televisivo? Inciucio Renzi-Berlusconi ai danni della Rai e orrido scambio tu favorisci Mediaset e io contraccambio in innominabile maniera?

Oppure non sarà che 12 mila dipendenti con quasi la metà della produzione in appalto esterno non sono proprio una conquista del lavoro da difendere? Non sarà che il costo del lavoro in Rai pari a quasi il 40 per cento del fatturato, a fronte di cifra dimezzata per Sky e di un terzo per Mediaset, odora forte di pochissima produttività ed emana aroma di privilegio? Non sarà che quei notiziari, con relative sedi, incarichi e stipendi e qualifiche e dirigenti, quei notiziari regionali pieni, anzi stracolmi solo di assessori e comunicati degli uffici stampa chiunque li vede ogni sera non è che proprio gli facciano venire in mente la libertà e la completezza dell’informazoione quanto piuttosto la vastità dell’ossequio e della clientela?

Insomma è la Rai che sta antipatica alla gente o è questo sciopero proclamato in nome e sotto l’insegna dei soldi alla Rai non si toccano, mai e per nessuna ragione ciò che sta sullo stomaco alla gente?  Ognun fornisca la sua risposta, certo che se ne vedono…Forza Italia, cioè Brunetta che alla Rai dà ripetuti assalti e che oggi invece sta con la Rai che sciopera e ci sta insieme a Susanna Camusso e cioè la Cgil e Forza Italia e Cgil che stanno insieme a sostenere lo scioperare insieme a M5S, leggi e ascolta Roberto Fico. Cos’è mai questa Rai che così mescola, rimescola e mischia? Che un po’ confonde gli schieramenti e un po’ in fondo li chiarisce?

Dallo sciopero più fischiato a quello meno sincero. Va in onda, anzi in scena e piazza domani 6 di giugno. E’ lo sciopero dei dipendenti del Comune di Roma: maestre d’asilo, vigili, impiegati d’ogni ordine e grado nei dieci, cento, mille uffici. Viene proclamato, parola della Cgil locale, non “contro la città ma a difesa della città”. Proclamato, sempre parola di tutti i sindacati non solo la Cgil, per “aprire un tavolo che ottimizzi i servizi ai cittadini” e via altri lustrati motivi per cui lo sciopero è uno sciopero “altruista”, mica fatto per chi sciopera ma fatto per i cittadini. Mai, se possibile mai e comunque mai dire mai, uno sciopero fu meno sincero nelle motivazioni ufficiali.

I quasi 25 mila stipendiati dal Comune di Roma scioperano perché il loro “salario accessorio” sia fisso e non più accessorio. Questa la sola e unica verità. Il resto non è sincero: non è vero che il salario accessorio sia stato tagliato. I sindacati mettono il taglio nelle ragioni dello sciopero ma non è vero. E’ stato pagato a maggio e lo sarà a giugno e lo sarà anche dopo. Ciò che gli scioperanti e i loro sindacati tutti assolutamente non vogliono è che salario accessorio sia pagato a fronte di prestazione di lavoro accessoria. Cioè? Cioè la storia è lunga ma riassumibile: da anni i dipendenti comunali di Roma (ma non solo loro, con loro interi comparti del settore pubblico) percepiscono un salario accessorio. Legge e ovvietà vorrebbero che il salario accessorio sia pagato, insomma corrisponda ad un lavoro altro e diverso, a un qualcosa in più del lavoro normale. Ma da anni, da sempre, non è così: il salario accessorio si percepisce  prescindere, si percepisce e basta e, ovviamente, lo percepiscono tutti.

Ora la legge e anche il buon senso e la buona creanza sociale vorrebbero che il salario accessorio fosse da un domani in poi pagato sì, ma a chi fornisce prestazione accessoria. Questo i sindacati e i dipendenti del Comune di Roma assolutamente non vogliono: legare quel più di salario a un più di mansione, legarlo a efficienza, merito, risultato. Questo non vogliono ma non vogliono dirlo apertamente e gettano la palla in tribuna, come si dice a Roma appunto “la buttano in cagnara”. Parlano dei soldi alla politica, dei soldi ai manager…Troppi, tutto vero. Ma vero anche che le assunzioni al Comune sono state troppe. E vero anche che l’efficienza dei servizi comunali, beh domandate a chi a Roma ci vive.

Una cosa vera potevano dirla e in fondo la dicono gli scioperanti: il salario accessorio nella gran parte dei casi integra e aumenta un salario base estremamente basso. Chi fa a fine mese 1.400/1.500 euro compresi i 200 di salario accessorio non può vedersi tolto nulla, neanche un euro. Neanche gli euro percepiti a titolo di salario accessorio senza averne titolo. E’ la buona ragione degli scioperanti, l’unica anche se grossa. Il resto è bla-bla-bla insincero e furbetto, quello “sciopero per la città” in fondo è una presa in giro per i cittadini di Roma. Togli un euro, anche ingiustamente pagato, a chi ha basso salario e lo metti nei guai grossi. Però questa verità, l’unica, non stabilisce la regola, che i sindacati vogliono invece sacra, secondo la quale il salario accessorio è di tutti, per tutti, in eterno e a prescindere. Di qui lo sciopero meno sincero dei tempi recenti.

P.S. Cuore e mente, architrave e sostegno alla sciopero più fischiato e a quello meno sincero è in entrambi i casi la Cgil. Non è un caso. In parte è una sorta di “dovere di ufficio”, cioè stare sempre dalla parte dei lavoratori come a un sindacato spetta. Anche se e quando una categoria di lavoratori dovesse farsi corporazione e lobby. In parte è però una scelta, anzi una cultura. Ancora quella di chi in decenni lontani si opponeva alla tv a colori e invitò gli italiani a votare per spegnere un tasto sul telecomando. E in parte, troppa parte, è ormai identificazione con la difesa del possesso da parte di chi “ha avuto”. La Cgil con le sedi e i notiziari regionali Rai e con l’indennità presenza per tutti i dipendenti pubblici…una volta erano gli operai alla catena di montaggio, quelli alla verniciatura, gli edili sulle impalcature. Come cambia il mondo, in questo caso clamorosamente in peggio.