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Il Basta di Renzi indigna Bersani. Per “fare il botto” c’è tempo fino al 2015

di Lucio Fero |11 Dicembre 2022 20:40

ROMA – Una semplice proiezione aritmetica (confrontare il sito de Il Sole 24 Ore) informa che nel 2015 i miliardi da pagare come interessi annuali sul debito pubblico italiano saranno cento. Non è solo cifra tonda quel cento e non è soltanto una quindicina in più di quanto l’Italia paga adesso che è il 2013. Cento è anche uno in più di 99 e questa banale ovvietà è anche il segno, la traccia di un confine. Quando nel 1992 i miliardi (ricalcolati in euro) che l’Italia doveva pagare come interessi sul debito pubblico furono appunto 99, allora venne il prelievo dello 0,7 per mille sui conti correnti e sui depositi bancari e venne una svalutazione della lira del sette per cento. Per cui quando riapparirà quel segno, quando rivarcheremo quel confine, i cento miliardi di interessi sul debito, sarà lecito attendersi più o meno quel che accadde allora. Più che meno: più dello 0,7 per mille di prelievo e più del sette per cento di svalutazione. Se dunque non cambiano i termini dell’aritmetica proiezione, l’equazione Italia dice che “faremo il botto” nel 2015.

Anno 2015…beato chi ci arriva e campa cavallo e, in fondo, da qui allora c’è tempo. Per la quasi totalità dei partiti e delle forze politiche italiane e per buona parte della pubblica opinione del paese il 2015 è lontano e ci si penserà quando ci si penserà. Per ora si pensa che…per fare il botto c’è tempo fino al 2015. Qualcuno, pochi, segnalano invece che il tempo è oggi. E che ogni giorno, letteralmente ogni giorno non utilizzato qui e adesso per cambiare i termini dell’aritmetica proiezione, rende sempre meno probabile evitare “il botto”. Matteo Renzi ha detto, pronunciato, gridato un “Basta, non c’è più tempo”. La cosa ha indignato Bersani e gran parte del Pd. L’argomento opposto a Renzi è che la sua osservazione secondo la quale o si fa un governo con il Pdl o si va a nuove elezioni è “la stessa posizione di Berlusconi”.

Se “è la stessa posizione di Berlusconi”, questo per Bersani e gran parte del Pd chiude la questione. La chiude nel senso che Renzi sbaglia due volte, nel parlare, nel disturbare il manovratore Bersani e nel parlare con lingua “straniera”. Si potrebbe far notare a Renzi che “tra il dire ce il fare…”, si potrebbe obiettare al sindaco di Firenze che dire “Basta, non c’è più tempo” è tanto giusto quanto astratto. Non c’è più tempo, e allora? Questa sarebbe la domanda per Renzi. Ma il Pd non fa domande, preferisce una scomunica soft, la solita accusa di intelligenza col nemico, magari “oggettivamente”, non proprio volendo. Che dice Renzi? Dice al Pd, al suo partito: deciditi, scegli. O un’intesa di governo con il Pdl o le elezioni. Due cose su cui si può pensare qualunque cosa, ma due cose possibili. Cosa cerca invece il Pd di Bersani? Un’intesa di governo con Grillo o un governo Bersani di minoranza che miracolosamente stia in piedi per un anno o due. Due cose di cui si può pensare qualunque cosa, ma due cose impossibili.

Quindi, calma e gesso: siccome il “botto” è fissato per il lontano 2015 per il Pd di Bersani c’è il tempo per inseguire ed omaggiare Grillo,per spaventare Berlusconi con ineleggibilità e nel caso autorizzazioni all’arresto, salvo poi proporgli di guidare il “secondo binario”, quello che cambia i connotati alle istituzioni, il tempo per fermare il tempo. E Renzi? Un disturbatore inopportuno, uno che mette inutile fretta: come non vedere l’utilità sociale e politica del mese e mezzo trascorso dal giorno delle elezioni aspettando maturi il “governo del cambiamento”?

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