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Bersani si è fatto fregare da Grillo, il Pd si salva solo con Prodi

di Mino Fuccillo |17 Aprile 2013 16:15

Pier Luigi Bersani (foto Ansa)

ROMA – Pierluigi Bersani è stato fermo per quasi due mesi, fermo praticamente dalla sera del 25 febbraio in cui apprese, ma non comprese, di non aver vinto le elezioni. A voler essere precisi e pignoli, Bersani e il Pd erano rimasti fermi anche prima, ai sondaggi di autunno 2012 che li davano in largo vantaggio, anche perché Berlusconi non partecipava e Grillo covava, ma non si vedeva. Bersani e il Pd sono fermi, hanno l’orologio rotto alla data delle primarie, or son passati sei mesi. Ma negli ultimi due o quasi di mesi, quelli del governo “di cambiamento” impossibile e quelli della preparazione del voto per il nuovo capo dello Stato, l’immobilità è stata…granitica. E siccome, è una legge quasi fisica della politica, quando stai fermo gli altri si muovono, ecco che Bersani è il Pd si sono fatti fregare, sul tempo e non solo, da Grillo e M5S.

Doveva essere, ricordate era appena l’altro ieri, il Pd a mettere in difficoltà e in imbarazzo M5S, a creargli un problema. Doveva essere il Pd a fare un nome per il Quirinale di fronte al quale Grillo, i cittadini eletti del MoVimento e perfino Casaleggio l’ombroso avrebbero avuto difficoltà e spiacevoli ripercussioni nel dire no e poi no e solo e sempre no. Doveva essere Bersani, doveva essere il Pd ad avanzare un nome “buono” sia per la sinistra che per il MoVimento che sinistra non è. Doveva essere Bersani, doveva essere il Pd…Era stata questa l’operazione Grasso-Boldrini, era questo l’asse, l’essenza della strategia di Bersani di approccio al governo: gli faccio ai grillini un governo così bello e di progresso e di cambiamento e voglio vedere che fanno, se qualcuno di loro non lo vota, se si assumono la responsabilità di ucciderlo in fasce. Doveva essere così, anche per il Quirinale. Ancora l’altro ieri  si parlava, si discettava: come si mette Grillo di fronte a Prodi votato da Bersani?

Doveva essere ed è stato il contrario. Bersani e Pd pietrificati e Grillo e M5S che inventano e propongono Milena Gabanelli e Stefano Rodotà. Passi per la Gabanelli che è per Grillo “candidato di bandiera” (sarebbe opportuno spiegarlo anche alla Lombardi che non appare velocissima d’intuito rispetto alle mosse del suo partito). Ma Rodotà, come fa Bersani a non votare Rodotà? E’ lui il nome “buono” per M5S e pure per buona parte della sinistra di opinione, opinione “alta e bassa”, e pure per buona parte dell’elettorato di sinistra. Adesso è il Pd, è Bersani in sommo imbarazzo, in massima difficoltà.

Che fa Bersani, che fa il Pd? Votano Giuliano Amato al Quirinale d’accordo e d’intesa con Berlusconi e magari anche Monti? Se questa è la scelta, la conseguenza è quella descritta in poche e semplici e vere parole da Grillo: “Si suicidano”. Giuliano Amato è degna persona e ha le competenze e il curriculum e la cultura e l’esperienza per fare il capo dello Stato. Ma, piaccia o no, viene percepito dalla pubblica opinione come “persistenza della Casta”. Contro Amato presidente, e soprattutto a trarre profitto elettorale e di consenso da Amato presidente, non a caso il MoVimento, la Lega, Vendola. Amato, il nome richiama alla memoria niente meno che Bettino Craxi, un suicidio in termini di immagine e consenso. In un mondo dove Gabanelli presidente della Repubblica (sai che invidia sta provando Michele Santoro) appare a molti buona e giusta idea, in un mondo così, con un mondo, di un mondo così occorre prendere atto. E in questo mondo  Amato votato da Bersani, Berlusconi e Monti è il presidente di “loro” e non di “noi”. Una scelta che il Pd pagherebbe salato, appena si vota.

Appena diversa la sceneggiatura con Massimo D’Alema al posto di Giuliano Amato. D’Alema, il più intelligente e il più antipatico, il più supponente e il più rigoroso, il più scostante e il più affidabile. D’Alema che è tanti “più” nel bene e nel male, D’Alema che è uomo di Stato e che ben farebbe se riuscisse a contenere il solipsismo che lo divora. Ma D’Alema votato presidente da Bersani, Berlusconi e Monti è “L’Inciucio”, non a caso con la maiuscola. E’ oramai l’Italia un paese fatto così e che così pensa e con le notizie, con i fatti, non si polemizza, specie se fai politica. Sia pur a denti stretti anche D’Alema sarebbe d’accordo: questa sua elezione sarebbe, con somma ingiustizia ma con somma certezza, “l’Inciucione”. Che il Pd pagherebbe salato, appena si vota.

E’ restato fermo, immobile e ora il Pd, se elegge Amato o D’Alema con Berlusconi si “suicida”, come vede e prevede Grillo. Di Finocchiaro e Marini neanche a parlarne, come giustamente ha già detto Renzi: si ottiene lo stesso effetto Casta senza neanche la “statura” di Amato o D’Alema. Allora che si fa, ci si inventa un Cassese? Ci proveranno, ci si può provare, ma sono dei simil Rodotà. E allora che fa Bersani, che fa il Pd? Vota Rodotà presidente con Grillo, Casaleggio, Vendola, Crimi e la Lombardi? Il Pd riconosce così a M5S la guida, l’egemonia culturale e di programma sul “cambiamento”? Si accoda, si “iscrive” al grande movimento? Si fa indicare oggi il capo dello Stato e  domani magari i ministri e la linea di un governo? Un altro, simmetrico, modo di “suicidarsi”: buttandosi dalla finestra con Berlusconi oppure bevendo il lento, ma non tanto, veleno M5S.

E allora? Allora al Pd e a Bersani per non liquidare “la ditta” come a molti purtroppo capita di questi tempi, non resterebbe che…Non buttarsi dalla finestra inseguendo Berlusconi, quindi non fare accordi con lui sul Quirinale, e non sciogliersi e squagliarsi nel Movimento, quindi non accettare e subire il loro candidato presidente. Tutte e due le cose insieme si possono fare in un modo solo: votando, proponendo, eleggendo Romano Prodi. E che Berlusconi corra a elezioni anticipate e che Monti mugugni, tanto…e che Grillo e M5S vediamo come si mettono se il candidato è Prodi.

Però, però…votare, candidare, eleggere Prodi comporta un prezzo da pagare, una scelta politica da fare. Significa probabilmente elezioni al più presto. Elezioni cui il Pd, se non vuole arrivare secondo o forse anche terzo, non può andare con Bersani candidato premier né con nessun altro che non sia Matteo Renzi. Comporta questo prezzo unitamente alla fine dell’illusione cocciuta di un governo Bersani tanto impossibile quanto inutile se fosse nato. Fosse nato, sarebbe nato paralizzato, paralizzato da Berlusconi “ginecologo del parto”. Un Pd e Bersani che prendono atto del risultato elettorale, che mollano sul governo impossibile, che accettano elezioni col rischio di vincerle ma solo con Renzi candidato premier? Meglio, molto meglio, più consono alle abitudini e costumi della “ditta” star fermi e farsi fregare, sul tempo e non solo, da Grillo. E magari buttarsi dalla finestra con Berlusconi che fa da trampolino al tuffo.

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