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Un figlio tagliato in due dai genitori. I mamma e papà non lo fanno

di Mino Fuccillo |12 Ottobre 2012 14:24

ROMA -Non si portano via i bambini come si sente gridare in quel video che è come un’unghia che sgraffia sulla lavagna del nostro stomaco. Non si portano via i bambini e solo una squadra di polizia ottusa e confusa può dare una mano a portarli via. Ma neanche i bambini si circondano di ronde e vigilanti, neanche li si tiene in casa nascosti come fossero un bene prezioso, una proprietà, una gemma, comunque una cosa. E neanche i bambini si vanno a conquistare, li si va a riprendere come una proprietà ingiustamente espropriata, con in tasca la carta bollata e a fianco l’ufficiale giudiziario. Non si portano via i bambini con la forza, ma la dose minima di coscienza e ragione impedisce di fermarsi qui, altrimenti il non si portano via i bambini diventa solo l’inutile colonna sonora di un film dove la parte del “buono” resta assolutamente vacante ed è impossibile assegnarla.

Chi scrive non sa e non può sapere tutto di quella famiglia, sì proprio quella del bambino di dieci anni portato via a forza dal padre e dalla polizia mentre era a scuola a Cittadella, quella in cui la madre nascondeva il figlio al padre e si rifiutava di dar corso a sentenze che non piacevano a lei e a tutto il ramo materno.  E, anche quando fosse tutto noto, anche quando fossero messi in piazza gli attimi privatissimi del divorzio, del dissidio, dei conflitti in Tribunale, dei litigi, alterchi e sotterfugi, minacce, rivalse, vendette, anche si disponesse di tutto questo non si avrebbe titolo e legittimità per distribuire torti e ragioni. Quindi qui si parla della famiglia, quella di ciascuno di noi e non di “quella” famiglia che è solo lo specchio in cui  riflette e si sperde la nostra umana sensibilità.

Di fronte a due donne che si disputano un figlio re Salomone chiamato a giudicare impugna la spada e fa per tagliarlo in due l’oggetto della disputa, così ognuna delle due parti ricorrenti sarà soddisfatta. Ma una delle due donne, non a caso la vera madre, arretra, rinuncia: pur di fermare la spada si dichiara pronta a consegnare suo figlio all’altra. Salomone è stato astuto, ha scoperto la vera mamma e la parabola si avvia al lieto fine. Qui e oggi invece in molte storie di figli contesi ci sono genitori che se li strappano l’uno l’altro e che chiedono ai giudici man forte, aiuto o anche strumenti di punizione e vendetta sull’ex partner, ma di mamme e papà veri nel salomonico apologo non ce ne sono. Una mamma e un papà di fronte alla spada che taglia il figlio, fosse anche quella della giustizia, fa un passo indietro. Impedisce che quella spada possa solo sfiorare la pelle del figlio o della figlia. Non importa se ha ragione o torto, anche se ha ragione una mamma e un papà lo sanno quando si arretra e si rinuncia. E se non lo sanno o non lo intendono o non lo concepiscono sono solo genitori: uomini e donne che hanno generato, titolari di tutti i diritti del caso. Orfani e orbi però dei doveri di essere mamma e papà.

Questo dovere se lo sono auto amputato, lo hanno estirpato dalla loro mente e alla fine anche dalla loro anima e cuore. E’ una mutilazione che non ne fa dei mostri, restano umanissimi abitanti di questa terra. Però li riduce al rango e al ruolo di chi traveste da “bene del figlio” la propria vittoria, rivalsa, tranquillità, diritto. Sì, anche se il diritto ti dà ragione non sei obbligato a confondere e sovrapporre il tuo bene e il tuo diritto con quello del figlio o della figlia. Se lo fai sei un proprietario di figli, un genitore, un ex coniuge, un uomo o una donna sopraffatti dal disagio, scavati dal rancore. Tutte cose possibili e che a tutti possono capitare, però le mamme i papà, quelli veri tutto questo lo tengono a bada e al guinzaglio, anche se tutto questo scava loro la pancia e toglie il sonno.

Adesso tutti si scusano con tutti, il capo della polizia con la famiglia, il governo con la pubblica opinione…Su qualche sito campeggia uno “Scusaci” che richiama lo “Scusaci principessa” ai tempi della morte di Diana. Sono più o meno tutte scuse dovute ma formularle serve soprattutto a creare una leggera e diffusa nuvola di contrizione nazionale su cui galleggiare e volare via. Sono scuse dovute e ben venga siano state fatte. Ma sono scuse gratuite nel senso che non costano nulla. Ci si scusi pure della ottusità di alcuni agenti di polizia. Ben fatto. Ma chi ci scuserà e si scuserà per una genitrice che una e due volte nascondeva il figlio sotto il letto per negarlo al genitore cui era stato assegnato? Quelle due volte prima carabinieri e poi poliziotti non furono ottusi, lasciarono perdere, abbandonarono il campo intriso di tanta familiare ferocia.

E chi ci scuserà e si scuserà per un genitore che vanta la liberazione del figlio dalla genitrice come un riuscito blitz anti terroristi che detenevano ostaggio? Chi si scusa e scusa per il clan di zie e nonni che intorno al bambino facevano da vigilantes privati anti sceriffo nel devastato far west di questa famiglia? Nessuno lo fa e nessuno può farlo, non è questione di scuse. Sarebbe questione di buoni sentimenti, quelli per cui una mamma e un papà si tirano indietro di fronte alla spada di Salomone. Quasi nessuno li chiama in causa questi buoni sentimenti, prima o poi vedremo scusarsi di provarli ancora?

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