Pensioni, le cattedre della bugia: falso che siano tutti “soldi nostri”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 7 Settembre 2011 - 14:44 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Quanti pianti, grida e lai per il “colpo inferto alle pensioni delle donne”. Alla Cgil della Camusso si è aggiunta la Cisl di Bonanni e la Uil di Angeletti, piangono la “macelleria sociale”. E il “riformista” Pd lacrima al suono della nenia: “Non si fa cassa con le pensioni”. E la Lega di Bossi fa sapere, tra i singulti, che è l’ultima che “sopporta, poi non teniamo più…”. Deve essere stato un colpo tremendo, una mazzata terribile per provocare tale coro di lamenti e ventata, anzi bufera di vesti stracciate. Infatti le donne lavoratrici del settore privato già nel 2014 andranno in pensione…un mese dopo di quando ci vanno adesso. E nel 2015 il mese in più diventerà addirittura il doppio: niente meno che due mesi in più. E nel 2016, orrore, i mesi in più diventeranno tre. Un anno dopo l’altro la tortura continua: quattro mesi in più il quarto anno, cinque mesi in più il quinto anno, sei mesi il sesto anno. Poi addirittura, dal settimo anno, sei mesi in più ogni anno per andare in pensione. Si parte con il “colpo tremendo” nel 2014, cioè tra tre anni. E per arrivare a 65 anni come età pensionabile per le donne appuntamento al 2026, tra quindici anni. Di questo, per questo lacrima l’Italia sindacale e politica, di governo e di opposizione. Impartendo così all’Italia delle persone qualunque, alla gente, la peggior lezione di una pedagogia sociale bugiarda prima ancora che irresponsabile. Bugiarda e corrosiva della verità oltre che della realtà: quindici anni per arrivare alla pensione a 65 anni non sono né “colpo” né “macelleria” né cassa, sono invece solo un lentissimo e morbidissimo allontanare da sè ciò che non solo si deve ma è pure giusto.

Ma la cattedra, anzi le molte cattedre che impartiscono e diffondono bugie sulle pensioni italiane operano con successo da molti anni, hanno ormai fatto scuola e cultura. Al punto che la gente in ottima fede ritiene come verità assodate palesi falsità. Prima fra tutte quella che recita: “La pensione sono soldi nostri, sono i nostri contributi pagati”. Falso, falso nei numeri: nel 2009 sono state pagate pensioni per 192, 176 miliardi e sono stati incassati 183, 276 miliardi di contributi. Differenza: 8,9 miliardi che ci mette lo Stato, con i soldi delle tasse che incassa o con i soldi dei debiti che lo Stato contrae sui mercati. Ma non è finita: al deficit entrate/uscite tra pensioni pagate e contributi incassati vanno aggiunti 33, 48 miliardi che l’Inps pagava quell’anno per “compensare la quota parte di pensioni integrate dallo Stato e le contribuzioni figurative relative ai periodi di disoccupazione. E poi ancora 9,5 miliardi per pensioni sociali, invalidità, accompagnamento e guerra. Il di più che nel 2009 ci metteva lo Stato, con le tasse o con i debiti, oscillava nel 2009 intorno ai 60 miliardi. Dunque quell’anno gli italiani pagavano di contributi 183 miliardi e incassavano di pensioni a vario titolo circa 250 miliardi. Le pensioni non sono quindi tutti soldi “nostri”, dei nostri contributi. Per un quarto vengono pagate con i soldi delle tasse, pagare da chi le paga, e con i soldi del debito pubblico che ci viene sottoscritto a interessi sempre più alti.

Seconda falsità: “Le pensioni sono il frutto di una vita di lavoro”. Non sempre purtroppo. Su 23,4 milioni di pensioni pagate (una ogni 2,5 abitanti, record mondiale) nove milioni sono “correlate al reddito”. Cioè usufruiscono di maggiorazioni pagate dallo Stato perché i beneficiari non sono riusciti in 65 anni di vita a mettere insieme i contributi per raggiungere almeno la pensione minima.  Per quasi il 40 per cento delle pensioni pagate non è vero che sono “il frutto di una vita di lavoro”.

Terza falsità: “Con la pensione mi ridanno quanto ho pagato quando lavoravo”. Non sempre purtroppo: è stato calcolato che nel 2001, e da allora la situazione è peggiorata o migliorata a seconda dei punti di vista, un lavoratore autonomo si pagava con i suoi contributi l’equivalente di cinque anni e mezzo di pensione su 19 anni in media di fruizione della pensione. A questo lavoratore veniva dato non “quanto versato” ma quattro volte tanto.

Quarta falsità: “le pensioni le paghiamo tutti con le tasse oltre che con i contributi”. Non tutti purtroppo. Dalle dichiarazioni dei redditi 2009 si ricava che 14,5 milioni di contribuenti non dichiarano nulla al fisco. Di questi 14 milioni e mezzo, 6,5 milioni sono pensionati che non pagano tasse. Altri tredici milioni di contribuenti dichiarano redditi tra i 10 e i 20mila euro annui, cinque milioni di questi sono pensionati. Quindi nei primi due scaglioni di reddito ci sono più di dieci milioni di soggetti ai quali viene data o integrata una pensione al di là dei contributi pagati o della tasse pagate.

Questi numeri, questa verità nascosta dalle cattedre della bugia, sindacali e politiche che siano, significano che vanno tagliate o abolite le pensioni? Tutt’altro, la pensione è diritto e conquista sociale. Irrinunciabile. Ma non alle condizioni attuali, condizioni che non ci sono più i soldi per finanziarle. E condizioni che celano profonda ingiustizia sociale oltre che insostenibilità finanziaria. Andrebbe detta la verità, e la verità è che è giusto che si vada tutti e tutti uguali in pensione a 65 anni. E che le pensioni senza contributi, le contribuzioni figurative, quelle di reversibilità, di invalidità e di accompagnamento non possono essere erogate gratis e senza limiti.

Ma i politici, la politica, la prima anche se non l’unica cattedra della bugia, non dice la verità, diffonde falsità, illude e confonde la gente. Lo fa per debolezza, irresponsabilità, calcolo elettorale. E lo fa anche perché resti occulta la verità scandalosa sulle “sue” pensioni. Il vitalizio per i parlamentari, cresciuto del 15 per cento dal 2006 al 2011, l’indennità di “reinserimento al lavoro”, quando il 40 per cento dei parlamentari durante il mandato continua a fare il lavoro di prima…Alla Regione Lazio i contributi versati sono un decimo di quanto esce per i vitalizi. Alla Camera e al Senato meno di un undicesimo. Alla Regione Puglia la liquidazione per i consiglieri è calcolata a 2,4 stipendi mensili ogni anno di mandato.  Lo stesso alla Regione Lombardia. Ovunque la cosiddetta “Casta” incassa molto più di quanto non versa in contributi. E per occultare e farsi perdonare questo suo “vizio” da decenni lo estende in misura minore all’intera collettività, la chiama a partecipare al “vizio”, l’ha fatta sua complice, complice convinta e fedele. Ecco cosa c’è dietro quelle lacrime, quel pianto e quei lai di Cgil e Cisl, della Lega e del Pd. Ecco cosa c’è dietro il rifiuto del governo di abolire le pensioni d’anzianità. C’è solo questo calcolo: diamo la pensione oggi a quelli che votano domani, per gli altri non ci saranno pensioni e verrà il giorno in cui le pensioni non potranno più essere pagate. Ma quel giorno le prossime elezioni saranno passate.